Così va la vita

«Così va la vita», rispondeva Billy Pilgrim alle (cattive) notizie che gli davano. Così va la vita: sono tante le questioni che ci frullano in testa dopo la tappa di oggi. Non stiamo ad arrovellarci troppo il cervello, però, i ciclisti sono matti come cavalli, imprevedibile e calda come l'ancia di un sassofono questa generazione di corridori, e le domande in uno sport del genere, spesso, restano bagnate.
Dopo una giornata come quella di ieri sul pavé, cosa gli è venuto in mente di fare nella tappa più lunga della corsa? Attaccare dal primo metro andando a oltre cinquanta di media nelle prime ore (49, 376km/h la media finale del vincitore e che vincitore) dopo aver passato la serata di ieri a leccarsi le ferite. Poveri coloro - e ce ne sono già tanti, vedi Hirschi, Kirsch, poi ritirato, Moscon, Turgis - che tra cadute e malanni a malapena riescono ad arrivare al traguardo.
Ha iniziato Wout van Aert la fiera del capriccio: se n'è fregato, ha portato in giro la maglia gialla dal primo metro, allungava il gruppo perché voleva fortemente farlo. Fare che cosa? Appendere un altro quadro nella sua collezione: la fuga da lontano in maglia gialla. Non ha vinto? Così va la vita.
Si è disinteressato di ogni tattica, sta bene così. Ha perso la maglia gialla? Pazienza.

Quanto esalta vedere la maglia gialla in fuga? Chiedetelo al pubblico per le strade - per altro strade belghe per i primi chilometri; chiedetelo a chi lo ha spinto a ogni metro mentre il gruppo in fila indiana cercava di ricucire lo svantaggio; abbiamo fatto un tifo spudorato per lui come di solito si fa per una fuga qualsiasi di gente qualsiasi: anche oggi questa generazione è stata capace di ribaltare l'idea che ci eravamo fatti del ciclismo. Si tifa la maglia gialla in fuga. Quando mai? Il tutto mentre Fuglsang all'attacco con lui si rialzava e Simmons cedeva nel finale. Van Aert, invece, continuava la sua danza, che è potenza, cadenzata. Affannato, avremmo sperato di vedere dietro il gruppo tentennare, ma così va la vita.
Perché tirava la EF Education? Perché riprendendo van Aert, che nei piani (corretti) avrebbe ceduto per lo sforzo fatto, Powless sarebbe andato in maglia gialla. Non c'è andato? Così va la vita. Perché non l'ha presa? Perché davanti c'è l'altra faccia di questo ciclismo, di questa giornata, benedetta faccia, quella del bambino che normalizza gli avversari con uno scatto che devasta gambe e sentimenti, e che oggi, vincendo, già in qualche modo ipoteca il Tour. Al sesto giorno. Avevate dubbi? No, così va la vita.
Possiamo farci tutte le domande che vogliamo, la risposta è che così va il ciclismo, questo ciclismo, benedetto ciclismo. Di campioni diventati epocali che scrivono a carattere cubitali il loro nome dopo averlo forgiato a suon di imprese, tentativi che possono essere vani oppure splendidi modi di finalizzare. Idee prepotenti: bastano quelle per farci sognare. Abbiamo un dominatore? Pazienza. Alziamo le spalle, perché come diceva Billy Pilgrim, così va la vita.


La miniatura del Maniva

A tratti, guardando il Passo Maniva, oggi, sembrava di trovarsi davanti a una miniatura, vista dall'alto. Di quelle in qualche vecchia sala, in cui sono tratteggiati pochi dettagli, qualche albero, la strada e i tornanti, dritti e ripidi. Di quelle con le sagome delle cicliste, poche, una o due per ogni angolo, con i soliti colori: rosa, bianca, rossa e blu, magari. Quelle miniature in cui ogni ciclista ha pochi dettagli: il casco, gli occhiali, i calzini. Ma, allo stesso tempo, un'espressione diversa. Ci si avvicina curiosi e si guardano le smorfie, le pupille che sono un punto minuscolo, i denti bianchi che si intravedono per la fatica. Miniature immobili, fuori dal tempo, col tempo che sembra possa tornare in un attimo. Sembra basti dire "stop" oppure "azione" per vedere quelle cicliste animarsi e riprendere il ritmo.
Allora azione. E Juliette Labous lascia la fuga, prosegue da sola, mentre le nuvole coprono il sole: quasi un direttore di orchestra che, non più ascoltato dal gruppo, inizia un assolo, passando da strumento a strumento senza perdere una battuta. Solo un secondo di silenzio e ritorna la sinfonia. Stop. Mentre van Vleuten attacca dalla testa del gruppo e le poche con lei diventano pochissime: solo tre. Come a Cesena. Le stesse: Annemiek van Vleuten, Mavi Garcia e Marta Cavalli.
Azione. Vanno via, in un'alternanza di ritmi e posizioni sui pedali. Di respiri che tornano quando van Vleuten lascia la testa del gruppetto e su un tornante sono quasi appaiate. Per guardarsi, per scoprirsi, per vedere se le avversarie sono davvero come le immagini, se soffrono anche loro. Il nostro stop arriva proprio in questo momento e torniamo ad avvicinarci, a guardare ogni dettaglio. Gli occhi coperti dagli occhiali di van Vleuten e Cavalli e quelli alla luce del sole di Garcia. I suoi occhiali riflettono solo il cielo.
Di nuovo azione e rientrano Longo Borghini e Realini. Longo Borghini va davanti, forza l'andatura, poi rallenta. Allora accelera Cavalli, inventa Garcia, ritenta van Vleuten. Ancora stop, altro fermo immagine. Lassù, Labous vince, a braccia alzate, mentre inizia a piovere. Dietro la maglia rosa, fra quelle poche cicliste sul rettilineo all'insù, attacca: un gioco allo sfinimento quello di Annemiek van Vleuten, quasi una tortura. Una domanda in continua attesa di risposta: "Quando vi staccate? Non state soffrendo ancora abbastanza per lasciarmi andare? Insisto, insisto ancora".
Azione. Garcia e Cavalli lasciano prima mezza ruota, poi una, poi si staccano e van Vleuten è ancora sola. Saranno seconda e terza sul traguardo, sotto una pioggia più pressante, più pesante, come i muscoli e i pensieri. Come le maglie intrise d'acqua che aumentano il peso di un corpo che già è insopportabile per colpa della fatica, della salita.
Stop. Con i dettagli delle prime pozzanghere che si formano per strada e tutto che sembra finito ma finito non è. Perché su quei tornanti c'è ancora chi deve arrivare, chi lotta con il tempo massimo, chi non capisce più cosa sia sudore e cosa acqua.
Azione, per l'ultima volta. Quando qui, sotto un cielo sempre più buio, arriveranno le ultime, scenderanno di sella, si siederanno a terra e anche per oggi sarà finita. Bella e tragica come ogni salita.