Ritorno nel fango: la "nuova casa" di Joris Nieuwenhuis

«Dopo un po' di anni ho capito che la strada non faceva più per me: stava diventando alienante. Gli impegni, i pericoli, le cadute. Il fatto per esempio di doversi preparare alla Vuelta, che dura 3 settimane, ma per farlo dovevo prepararmi per quattro settimane». Joris Nieuwenhuis si è stufato della strada ed è tornato in questa stagione a sporcarsi nel fango e per farlo è rientrato da una delle porte principali, la Baloise Trek Lions di Sven Nys.
Ha ricominciato come se quell’attività non l’avesse mai abbandonata con un 4°, un 5° e un 11° posto in Coppa del Mondo e un 4° posto al Campionato Europeo di Namur: «I giovani lo ammirano e anche noi siamo stupiti da vedere il suo livello - parole proprio di Sven Nys - e il fatto che abbia solo 26 anni non può che farci pensare che possa crescere ancora come livello. Oltretutto porta tutta la sua esperienza e le conoscenze acquisite come corridore che ha fatto diverse stagioni nel World Tour».
Stagioni nelle quali il barbuto Joris ha provato a lasciare il segno, ma non come voleva lui che sperava di trovare il suo destino scritto a caratteri cubitali nelle grandi classiche del Nord: nel 2020 è stato sul podio della Paris Tours, che resterà il miglior risultato ottenuto in carriera. Vinse il suo compagno di squadra Pedersen (Casper) in quella che all’epoca era il Team Sunweb della stagione post confinamento, squadra che volava e spesso strapazzava gli avversari (ricordate i risultati di Kragh Andersen e Hirschi per esempio?). Nieuwenhuis, che per comodità chiameremo più spesso Joris in queste righe, sempre che qualcuno non voglia persino italianizzare in Giorgio Casanova, conquistò la terza piazza battendo in volata Madouas, Barguil e Bardet. I migliori tra i francesi che quel giorno impararono a conoscerlo bene. Joris che diventava un punto di riferimento per i più quotati compagni di squadra.
«Ma sinceramente non vedevo l’ora di tornare al mio primo amore: il ciclocross». Tra 2015 e 2018 si segnalò come uno dei corridori più forti nel cross della categoria Under 23, prima di prendere la decisione, nel 2019, di varcare il confine del World Tour. Ha vinto alcune gare di Coppa del Mondo ed è stato due volte campione olandese (in una sul podio anche un’altra conoscenza della strada come Thymen Arensman, suo compagno di squadra in Sunweb e DSM) e si laureò nel 2017 anche campione del mondo - parliamo sempre di Under 23.
«Ho un programma a lunga scadenza di tre anni, e penso che come prima cosa debba riadattarmi al contesto» diceva nei giorni dell’annuncio della decisione. Detto? Fatto. Subito competitivo, Joris ha di nuovo scaldato i cuori di tanti suoi tifosi che nel ciclocross hanno sempre apprezzato il suo stile, qualcuno sentendosi persino tradito vedendogli abbandonare una prima volta la bici sul fango, attratto dall'irresistibile chiamata dell'asfalto. «Ma la strada non mi lasciava tempo per fare altro: ora invece riprenderò gli studi e potrò dedicarmi anche a delle iniziative di tipo sociale a Zalhem». La sua città natale. C’è da fidarsi o verremo di nuovo “traditi” dal talento di lingua neerlandese? La risposta è soltanto dentro di Joris, il quale però a detta del suo Team Manager, oltre a prendere il via in qualche gara Gravel, in estate continuerà a gareggiare su strada in modo da poter proseguire la sua crescita in vista del prossimo inverno «E magari puntare anche a qualche vittoria».
Intanto, mentre domani a Hulst in Coppa del Mondo tornerà in scena Mathieu van der Poel, il suo destino sarà proprio legato a quello del più famoso dei nipoti di Poulidor. Joris dopo Hulst non verrà convocato per la tappa di Anversa per via proprio della presenza di van der Poel. Questione di numeri di corridori selezionabili dalla nazionale olandese - per chi volesse approfondire le questioni regolamentari https://www.wielerflits.nl/.../joris-nieuwenhuis.../ - e al momento Joris, fuori dai primi 50 del ranking (è 52° secondo la classifica che viene stilata ogni martedì), come Mathieu, si giocherebbe un posto con il fenomeno della Alpecin. «E se c’è di mezzo van der Poel - specifica Nys - la priorità va chiaramente a lui».
È tornato nel fango Joris e ora fatecelo gustare di nuovo, magari senza intoppi o cavilli regolamentari.


Esattamente come quel bambino

Quel bambino che correva di fianco alle transenne, nella zona dei pullman delle squadre al Giro, è come se fosse ancora lì. Lì nel senso rimasto conficcato in uno spazietto della nostra mente, altrimenti come minimo sarebbe scattata una denuncia nei confronti dei genitori. Ha le ciabatte ai piedi (faceva caldo, eh), cade e si rialza ma lui vuole solo van der Poel e infatti urla "Vanderpuuul". Immaginatevelo inquadrato con una lunga carrellata.
Domenica, nella caratteristica Hulst, i bambini, questa volta olandesi e belgi, potranno fare più o meno la stessa cosa, magari con altre facce e altre cadenze. Magari non con le ciabatte ai piedi (altra denuncia in arrivo sennò) e visto il clima del nord pure con un piumino, una giacchina pesante, ma tuttavia loro saranno il contorno perché l'attesa è tutta per lui. E quindi ora la carrellata immaginatevela su van der Poel, magari con immagini risalenti al passato quasi remoto, perché, come ha detto lui: «A causa dei problemi della scorsa stagione, è come se fossi assente dal cross da due anni».
«Sto lavorando molto per risolvere i problemi alla schiena - racconta il classe '95, nipote e figlio d'arte, in conferenza stampa a tre giorni dal suo rientro nel circuito del ciclocross - perché resta la parte che mi preoccupa di più dell'inverno. Ora sto bene, lo stesso non si poteva dire dello scorso anno», quando, a causa del famoso incidente ai Giochi Olimpici di Tokyo, arrivò in inverno fatto a metà e finendo per disputare solo un paio di gare di cross, senza nemmeno prendere il via al Mondiale. Sarà infatti quella stagione senza titoli che lo porterà domenica, per la prima volta dopo quasi otto anni, a correre non con la maglia di campione di qualcosa (nazionale, europeo, mondiale), ma con quella di club.
Di recente per il corridore olandese, un intoppo, una ripartenza. Quest'anno, dopo il Giro d'Italia, un Tour appena percettibile con il ritiro (in buono stile oltretutto, arrivato dopo aver tentato la fuga da lontano con van Aert) e la ricerca della causa, per cercare di capire il perché la condizione pareva non volesse arrivare più. «Forse l'inverno difficile, i problemi alla schiena, forse le fatiche di un primo Grande Giro concluso dopo una primavera di corse a tutta e l'aver fatto un lungo ritiro subito dopo la Corsa Rosa. Forse una combinazione di tutti questi fattori». Si è cercato il sintomo, non si è mai arrivati a una verità assoluta.
Domenica a Hulst, in Olanda, Coppa del Mondo, non cercherà risposte: traspare una certa sicurezza dal suo modo di essere e comunicare: «Ho fame, amo correre e amo il ciclocross. Punto al Mondiale, ma penso di avere la forma giusta per vincere: è vero che partirò molto dietro e a Hulst non è facile rimontare essendo un percorso piuttosto veloce, ma mi sento pronto. Avete visto Pidcock? Lui ha dimostrato alla seconda gara di essere già in grado di vincere e quando rientrerà van Aert lo farà vedere anche lui». Perché dovrebbe essere diverso per uno dei più grandi crossisti di tutti i tempi?
Ha già annunciato che (lacrimuccia), il prossimo anno farà il Tour e non il Giro, perché non si sente ancora adatto a correrne di nuovo due nella stessa stagione (anche perché con la spavalderia con cui affronta le gare, minimo fonderebbe il motore) e spera di ritornare sano e senza problemi come il van der Poel di qualche stagione fa (eheh, ti piacerebbe, ma il tempo purtroppo passa per tutti).
Domenica a Hulst, mathieu van der Poel ripartirà, si rialzerà, dovesse cadere, esattamente come quel bambino che urlava il suo nome correndo lungo le transenne. Anche noi urleremo il suo nome, comodamente da casa. Sperando di non cadere a nostra volta dal divano perché iniziamo ad avere acciacchi e una certa età, e forse non ci rialzeremmo così facilmente come quel bambino. Né come, si spera, farà van der Poel.