Giancarlo Brocci racconta spesso i suoi pomeriggi di ragazzo, quelli in cui scoprì il ciclismo. Accadde in qualche caffè della Toscana, sì, caffè, non bar, come si chiamavano in quegli anni, mentre da qualche parte si correva il Giro d’Italia od il Tour de France, era maggio, oppure luglio, e, sul bancone, c’erano i quotidiani con l’articolo riferito alla tappa del giorno prima. Qualcuno gli chiedeva di leggere quei pezzi a voce alta, lui apriva il giornale, lo spalancava, il profumo della carta svolazzava, come i fogli, ed iniziava la lettura: la gente si fermava, restava ad ascoltare la sua voce e, non potendo vedere, si permetteva il lusso di immaginare le vette, le discese, le volate, persino le crisi e le cadute. Anche il bottegaio diventava romanziere e qualunque tappa era ad immagine e somiglianza di chi la stava ascoltando, nonostante le parole fossero le stesse per tutti, vibrate dalle corde “del Brocci”, impregnate di toscano.

Sono passati più di cinquant’anni da quei giorni, i bar sono cambiati quasi quanto le strade che si arrampicano sulle montagne, anche le biciclette ed il ciclismo sono diversi, ma la sostanza, in fondo, è sempre quella: di sudore, di fatica, di immedesimazione e di piacere, qualcosa che ricorda la felicità. «Le radici- spiega Andrea Benesso, che cura la comunicazione di Eroica- sono antiche e sono le stesse, il ciclismo resta condivisione. Fa piacere pensare ad un bicchiere di vino davanti alla tv, ad un arrivo sul Mortirolo o sull’Alpe d’Huez, con nel piatto della ribollita o della finocchiona, quei vecchi caffè all’italiana li ricordiamo tutti, come quei pomeriggi, anche chi non li ha vissuti, in fondo, li ricerca, perché oggi si sono un poco persi». Allora, per la prima volta nel racconto degli Alvento Points, la nostra sarà una storia discontinua nel tempo e nello spazio, come avrebbe detto Italo Calvino, ne “Le città invisibili”, tra Padova e Milano, dove hanno sede i due Eroica Caffè, nati da queste constatazioni: «Le due chiavi sono bellezza e cultura. La bellezza della fatica, coniugata con la conoscenza dei luoghi, tra storia e geografia, con il sollievo di una sosta, di quella forchetta o di quel cucchiaio che pescano nei sapori forti della tradizione ed anche la tradizione è cultura, il tutto in compagnia, perché la bicicletta è piacere, profondo, originale». Nasce così questa storia.

Foto: Chiara Redaschi

Eroica Caffè Milano sorge, di fatto, su un vecchio locale di ricambi per auto e moto, all’esterno c’è ancora la vecchia insegna, mantenuta, tale e quale, allo stesso modo di parte della struttura interna che conserva aspetti industriali, come il soppalco del magazzino, su cui l’architetto ha insistito molto, affinchè si potesse respirare l’aria della Milano di ieri, per poi guardarsi attorno e orientarsi nel mondo eroica, tra bici storiche, cimeli e vecchie maglie. I locali sono ampi, grandi sono i tavoli: la velocità non è di qui, serve, invece, il tempo, la tranquillità per restare assieme, per farsi compagnia, per accogliere anche chi non fa parte di questo mondo, che deve sentirsi bene, a casa, perché essere ospitali significa questo ed è valore fondante di Eroica. La città è complicata, chi vi abita, di solito, in bici va verso l’esterno ed è difficile che qualcuno prenda la bicicletta per entrare a Milano. Si vedono ciclisti urbani, il mondo delle Cargo Bike, la realtà di chi lavora in bicicletta ed è questa la community che si ritrova su quei tavoli, in un’atmosfera bike friendly. A parlarci è Giacomo, che vi lavora da fine 2020, lui che rimase colpito dalla prima volta a Gaiole in Chianti, ma anche a Montalcino: «In piazza ho visto un gruppo di persone ballare lo swing: insieme c’erano signori di settanta anni e ragazzi di venti. Incredibile». Lui che ha ascoltato Lorenzo Barone e Willy Mulonia, in Mongolia ed in Alaska, e riesce solo a narrare lo stupore: «Quanta forza di volontà serve? Quanto bisogna essere tosti per farcela, per resistere?». Non vuole, invece, parlare di clienti, dice che sono persone e come tali vanno trattate, provando a conoscerle, a stabilire un rapporto. Fanno così anche gli eroici di Milano e dintorni che, ogni tanto, accolgono un nuovo eroico, che passa dal locale, magari per caso, probabilmente proprio in cerca dell’incontro da cui verranno altre pedalate e altre storie, scambiate a pranzo o a cena.

Foto: Chiara Redaschi

A Padova, Eroica Caffè è uno dei più spaziosi della città ed anche questo si abbina perfettamente all’ospitalità: in caffè più piccoli può capitare di sentirsi a disagio ad occupare per molto tempo i tavoli, quasi si rubasse spazio ad altri ospiti, qui no. Anzi, c’è stupore da parte di chiunque entri: si fanno foto alle biciclette ed alle maglie, ci si sorprende, come due signore, qualche giorno fa, per quei menù con a fianco l’indicazione dei chilometri da percorrere per smaltire i piatti degustati. Benesso prosegue: «Un invito a godere delle cose belle: mangiate con gusto, ci sarà poi modo di smaltire, è sbagliato privarsene». L’arredamento è a cavallo tra passato e futuro, riviste e libri sono un omaggio alla cultura delle storie e dei racconti, come gli incontri e le presentazioni che si tengono, nelle sere qui. Notevole è anche la panca lunga dieci metri a celebrare il record dell’ora di Francesco Moser. Mentre i viaggiatori scoprono Padova ed anche gli stranieri sono incuriositi dal locale e fiduciosi in un brand internazionale. Qui è Davide ad accoglierci: appassionato di bici e di gravel, un classico in città, ha esplorato i Colli Euganei, le zone intorno, in Veneto. Viene al lavoro in bicicletta ed a fianco a lui ha un amico con cui condivide ogni cosa, sin dalla nascita, ad un giorno di differenza, dalla prima infanzia, dalle elementari. Il lavoro l’ha imparato da papà e dice orgoglioso che «non lo cambierebbe mai».

Certo, negli anni l’ha modernizzato, ha affiancato alla ristorazione altri aspetti che le persone ricercano. «Quando si entra qui, tra le luci soffuse del locale e quell’arredamento ordinato-disordinato, siamo tutti uguali. Essere ciclisti significa anche spogliarsi della maschera sociale che indossiamo sempre, salutarsi con un ciao e soprattutto con il nome. Non si può capire che differenza faccia sentirsi chiamare con il proprio nome. Ci si siede più volentieri, si torna sorridendo». Lo sguardo cade sui menù: pasta e fagioli, trippa alla parmigiana, in inverno la ribollita e poi quelle “ruote”, quell’impasto panificato e poi farcito in ogni modo, anche con la mortadella. Ci sono anche momenti più complicati, quelli in cui gli incontri finiscono, la festa si silenzia e c’è da sistemare tutto, oppure nei giorni di overbooking. L’auspicio è che Padova possa ancora crescere nell’attenzione alla mobilità, negli eventi dedicati alla bicicletta.

Foto: Paolo Penni

Si ritorna a Giancarlo Brocci, al suo ricordo di quelle letture da ragazzo e alle persone che ascoltavano. «L’idea è quella che chiunque abbia una bella storia e voglia raccontarla possa pensare di passare di Eroica Caffè e trovare qui persone curiose di sentire. Certo, ospitiamo anche nomi importanti, famose, professionisti, penso a Lachlan Morton e Nathan Haas, contenti di essere passati da noi- prosegue Benesso- ma la fiducia di cui parliamo è quella nelle storie. Ha fatto qualcosa di bello? Bene, sai che questo è il tuo spazio. Vuoi sentire una bella storia? Allo stesso modo, è il tuo luogo, anche se non conosci per nulla chi racconterà, perché qui le storie sono pane quotidiano».

Si commentano anche le gare, trasmesse in diretta televisiva, come in occasione di “Mai dire Milano-Sanremo”, dello scorso anno. Insieme alle biciclette che i clienti possono portare all’interno: a Padova, un giorno, c’erano circa 890 bici nel locale, accanto al tavolo in cui pranzare o cenare, senza il bisogno di continuare a guardare fuori, per controllare che nessuno l’abbia toccata: «Si tratta di un gesto di cura e le persone hanno voglia di questi gesti, i ciclisti, poi, in particolare». Quando la porta si apre e qualcuno arriva, tutto si muove affinché quell’approdo sia un momento piacevole, di risate, divertimento, accoglienza ed inclusione, ogni volta fra persone diverse, più o meno giovani, famiglie e ragazzi: «Dovreste vedere gli stranieri che si presentano, fanno conoscenza, scoprono luoghi, attraverso le ride e sanno di essere nel posto giusto, stradisti o gravellisti che siano. A Padova, c’è la città, i Colli Euganei, dove il 99% dei ciclisti padovani fa il suo giro, si può salire nel verde, oppure andare verso il mare, verso Chioggia, attraverso gli argini dei fiumi che collegano le città, praticamente senza auto. A Milano, è interessantissimo il progetto “AbbracciaMi”: uscendo in qualsiasi direzione dalla città, si può pedalare attorno e ritrovarsi, nel giro di pochi chilometri, in zone con tanto verde e tanta acqua. Non sono di certo io a scoprire i Navigli». Si pensa anche a delle mappe che possano essere messe a disposizione per suggerire una gita, un tragitto.

Foto: Paolo Penni

Non è stato facile, soprattutto all’inizio, in piena pandemia, il successo che è arrivato è speranza, forza per pensare ad altre aperture, anche all’estero: ogni settimana arrivano richieste di persone che si riconoscono in Eroica ed è un orgoglio perché è come riconoscersi nel “made in Italy”: «La radice del ciclismo storico la troviamo in Italia, come in Francia. Sono questi i paesi in cui ci sono ricordi così profondi: mio padre vedeva il Giro ed il Tour al bar, esattamente come Brocci. Il ciclismo era quasi una religione, a tratti più del calcio, della nazionale italiana. era uno sport in cui poteva emergere l’italianità: il sacrificio, ma anche il piacere, la gioia, la bellezza, la capacità di assaporare la realtà, anche quando complessa. Quella socialità molto toscana, sarà per questo che, se penso ad Eroica me la immagino come una vecchia cartolina che ritrae la Toscana, con tutti gli elementi caratteristici tipici».

L’arredamento all’interno dei locali può variare, soprattutto cambiano le biciclette di volta in volta esposte: Benesso cita la bicicletta di Fausto Coppi, della Cuneo-Pinerolo, oppure delle Colnago di raro pregio, convivono biciclette da strada e da pista, oggetti unici ed inestimabili, custoditi e valorizzati. Qualcuno parte da casa e si ferma ad Eroica Caffè per mangiare una fetta di torta prima o dopo il giro quotidiano, altri vengono per pranzo o cena, soprattutto adulti, mentre i giovani affollano le ore dell’aperitivo. Ogni tanto si risente la voce di Giancarlo Brocci e lo si vede arrivare, sedersi al tavolo ed iniziare a chiedere, a raccontare una qualche avventura, come fosse a casa e Brocci, ad Eroica Caffè, ha proprio la sensazioni di essere a casa, in una seconda casa, mentre incontra il suo popolo e parla di biciclette e di ciclismo eroico. Alla fine, non è cambiato poi così tanto, nonostante gli anni che sono trascorsi.

Foto in evidenza: Chiara Redaschi