Non sono mai stata così piacevolmente stupita da una realtà e da un modo di vivere la bici come quella del bike polo. Venire accolta, ospitata e introdotta dai ragazzi di Milano Bike Polo è stato davvero un grande regalo e ripenserò sempre piacevolmente alle loro parole e ai racconti in momenti in cui sconforto o delusioni potranno prendere il sopravvento, facendomi dimenticare le numerose realtà positive e inclusive che alimentano la cultura sociale e ciclistica milanese.

Lunedì e giovedì sera, tutto l’anno, presso lo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo: sono queste le coordinate per assistere alle partite delle varie squadre della comunità milanese del bike polo, al momento la più grande e attiva sulla scena italiana.

A Milano questo sport si diffuse grazie ai primi corrieri che dal 2008 iniziarono a consegnare in bici per una città più pulita. Viaggiando in Europa, i bike messenger entrarono in contatto con questo sport nuovo e particolare e cercarono di replicarlo da noi, con i mezzi che avevano a disposizione. Inizialmente usavano bici a scatto fisso, le stesse che utilizzavano ogni giorno per lavorare, con lo stesso rapporto scelto per fare consegne, sfruttando come campi alcune tranquille piazzette della città, come ad esempio Piazza San Fedele, proprio dietro Palazzo Marino, in pieno centro. La location non era proprio ideale, ma funzionava perché era equidistante dai vari quartieri milanesi ed era raggiungibile abbastanza in fretta dai primi appassionati, che provenivano anche da Bergamo o dalla remota periferia.

Iniziando a frequentare i tornei in giro per l’Europa, i primi rappresentanti di Milano Bike Polo si resero conto della necessità di un campo con sponde idonee a non perdere la pallina ad ogni tiro mancato, vere porte per segnare e di una dimensione delimitata del campo, identico a quello da street hockey.

L’inventiva portò i ragazzi a costruirsi le mazze con vecchi bastoncini da sci, giocare con palline e coni da street hockey come porte, ma l’impossibilità di disputare delle vere e proprie partite iniziava a diventare un problema per la crescita delle abilità e del livello tecnico della squadra.

Possiamo dire che galeotto fu il BFF. Infatti, in occasione del Bicycle Film Festival del 2010, tenutosi presso lo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo, i ragazzi di Milano Bike Polo vennero accolti al suo interno. Non trovando altri posti adatti, organizzarono il primo torneo indoor come evento parallelo alle proiezioni.

La collaborazione risultò interessante per tutti e i volontari del Leoncavallo si offrirono di ospitare in maniera continuativa le squadre del bike polo, facendo utilizzare ai giocatori gli spazi del grande salone concerti, dando così il via al cosiddetto Mercoledì da Leon… Cavallo.
L’appuntamento settimanale per gli allenamenti venne spostato poi al giovedì, giornata in cui venivano organizzate anche proiezioni cinematografiche al bar del Leo, accompagnate da un’ottima cena preparata dalla Cucina Pop (confermo di averci mangiato più volte e il menù è sempre vario, prezzi competitivi e attenzione alle esigenze alimentari di tutti).

Dopo anni passati a giocare un po’ in giro, finalmente i ragazzi di Milano Bike Polo avevano una casa e questo consentì di dare il via ai primi tornei ufficiali, con risonanza internazionale. Inverni umidi passati giocando al freddo e al gelo erano solo un lontano ricordo: da quel momento MBP aveva un campo regolamentare, con sponde, porte e finalmente liscio (forse fin troppo, al punto che per renderlo più grippante si adottarono le soluzioni più diverse – girano voci che durante i tornei europei si sia diffusa la tecnica Milano Style che consiste nell’agitare una bottiglia di soda gassata e spruzzarla sul pavimento per evitare scivolate inaspettate).

Avere un vero campo di gioco per migliorare sempre più la tecnica è stato il motore per investire anche sulle biciclette utilizzate per giocare: non ci si doveva più accontentare di quello che si aveva, ma ci si poteva finalmente creare la propria vera bici da bike polo.
Per giocare serve infatti una bici veloce, scattante, con un rapporto agile, un telaio con una geometria compatta e delle ruote di un diametro leggermente più piccolo (per molto tempo si è giocato con ruote del 26”, anche se adesso lo sport è in continua evoluzione a livello di tecnica e tipologia di mezzi) e solamente il freno anteriore montato sulla ruota libera, mentre la ruota posteriore è senza freno per permettere dei funzionali pivot.

Nonostante il bike polo sia uno sport molto fisico, il fair-play è l’elemento principale in tutte le partite, da quelle tra amici più informali in allenamento, ai momenti ufficiali dei tornei. Esiste anche un regolamento internazionale ben dettagliato, che rende il gioco fluido e vieta le azioni violente e scorrette, con tanto di arbitro e che stabilisce i vincitori su una differenza di 5 punti rispetto alla squadra avversaria.

L’ospitalità del Leoncavallo è preziosa per i ragazzi di Milano Bike Polo: avere un campo indoor è un privilegio non solo in città, ma per tutta la scena europea, anche se sarebbe bello vedere altri spazi pubblici in giro per la città adibiti a questo sport, in modo da poter avvicinare sempre più persone ad una disciplina altamente tecnica, educativa e allenante. Alla fine servono dei semplici campetti o aree come quelle dedicate al pattinaggio, perfette anche per giocare a street hockey, roller derby e chi più ne ha, più ne metta. È strano che Milano sia quasi priva di spazi simili, dato che sarebbe un ottimo propulsore sociale e di integrazione.

«Spesso in preda alla disperazione, vado ad allenarmi da solo sotto casa al Parco Ravizza – racconta Pietro, giovanissimo e preparatissimo presidente di Milano Bike Polo – mi prendo un pezzo di passaggio asfaltato al centro, piazzo due coni utilizzati per formare una rudimentale porta e provo i vari trick di equilibrio, il controllo palla e i tiri. Vengo fermato spesso da curiosi: ogni tanto qualcuno capisce cosa sto facendo e scambiamo quattro chiacchiere in semplicità. Il mio obiettivo, oltre al puro allenamento, è quello di far vedere che esistiamo, diffondere e mostrare come funziona questo gioco. Parlando con passanti curiosi, un giorno è saltata fuori l’esigenza di una mamma che non sapeva dove portare la figlia ad allenarsi con i pattini, aveva provato in qualche posto in città, ma senza un campo adibito con sponde, alla fine ha lasciato perdere… e pensare che aveva comprato i pattini anche lei per imparare con la figlia. Insomma, le nostre esigenze non sono distanti da quelle di altri sportivi e anche di tante famiglie».

L’inclusività è un tratto distintivo di questa disciplina che solo apparentemente è difficile e di nicchia: il bike polo ha le carte in regola per diventare un gioco diffuso e praticato da persone di tutte le età.

Se pensate di non avere la bici o le skills adatte, nessun problema, andate un giovedì sera al Leoncavallo, cercate Pietro, Bozo, Ricky o chiunque si stia allenando e troverete un gruppo di ragazzi e ragazze sorridenti e disposti a spiegarvi tutte le regole e anche, ovviamente, a prestarvi una bicicletta adatta a provare!

Foto: Tytenko Dmytro