Le ruote di quelli bravi, prima o poi, incrociano la strada di Alvento.
In ordine sparso, alcuni dei collaboratori che hanno scritto e fotografato su Alvento.
BENGT STILLER
Classe 1978, architetto, fotografo e ultra-cyclist. Lascia Amburgo per studiare a Vienna e poi trasferirsi a Berlino. Il primo viaggio in bici la fa a 14 anni in Svezia, quando le frame bags non erano nemmeno pensabili. L’ultima grande avventura è l’Atlas Mountain Race in Marocco nel 2020. Oltre alla bici adora il cappuccino e la canzone Sparring partner di Paolo Conte.
MARCO MAZZEI
È diventato un ciclista soprattutto frequentando la critical mass milanese, quando la bicicletta era davvero uno strumento per rivoluzionare le città e la poesia era sempre nelle strade. Ha poi scoperto che gli piace la montagna e pedalare in salita e forse per questo il luogo dei sogni è una piccola città in Alta Valtellina dove c'è un grande cartello che indica un bivio: a sinistra lo Stelvio, a destra il Gavia. Di fronte a queste alternative c'è una sola possibilità: prenderle entrambe.
CHIARA REDASCHI
«Sono diventata fotografa per caso e questa cosa del dover catturare istanti mi ha affascinato così tanto da trasformarsi nel mio lavoro. La passione per il ciclismo nasce insieme alla fotografia. È iniziato tutto con le gare al Parco Lambro di fixed gear. Freddo birre e panini, per poi sbarcare nel mondo dei grandi. Pedalo anche, e le volate al cartello non mancano mai».
FRANCESCO PACO GENTILUCCI
Nato circa trent’anni fa in un remoto angolo delle colline marchigiane, tra strade secondarie deserte e piene di buche, l’ideale per avere una formazione nel ciclismo. Appassionato di fatica, sport e musica punk, vive in un angolo ancora più remoto delle colline marchigiane. Abitualmente scrive il logout di Alvento, ogni tanto lo sfidiamo ad andare fuori dalla sua comfort zone.
SIMONA PERGOLA E DANIELE CARLETTI
Simona, istruttrice d'arrampicata, Daniele, ingegnere. Nati e vissuti nel caos di Roma. Nel 2014 sono usciti a fare un giro. Dopo 4 continenti, 35 paesi e sessantamila chilometri, non hanno ancora smesso di pedalare. Appassionati di montagna e fotografia hanno trovato nel viaggiare in bici uno stile di vita irrinunciabile. Il loro progetto si chiama BeCycling.
STEFANO FRANCESCUTTI
Il French, per gli amici intimi, ma anche per sua mamma che l’ha memorizzato così sul telefono. Inizia ad andare in bici dopo un ritiro di patente per guida in stato di ebbrezza e da quel momento non ha più smesso. Vanta nel suo palmarès la vittoria al primo reality televisivo sul ciclismo, una cosa a metà strada tra il comico e il grottesco dice lui. Non lava i jeans da anni e non pranza, tranne la domenica in cui recupera tutti quelli precedenti. Attitudine punk, vibrazioni black.
FEDERICO RAVASSARD
È il nostro uomo delle mission impossible. Tu lo chiami, lui viene (con i suoi tempi) e ti porta a casa il servizio fotografico anche in condizioni in-sperate. Perde spesso le chiavi dell'auto e ha problemi con la crema solare. Armeggia con reflex digitali, droni, usa e getta a pellicola e qualunque altro oggetto atto al gesto di fotografare.
LUCA PARISSE
Dalla nazionale di arrampicata sportiva, passando per una laurea in scienze motorie, Luca approda come fotografo alle gare di trail running nel 2006. Da lì inizia l’avventura di Risk4sport, la sua agenzia. Sci fuoripista, arrampicata, mountain bike sono gli sport che pratica da sempre e ama di più fotografare. Professionista a tutto tondo, conta già tre Olimpiadi oltre che eventi sportivi in tutti e cinque i continenti. Vive con la sua famiglia in un paese in mezzo le montagne a pochi chilometri da L’Aquila.
ANDREA FOSSATI
Cresce nel paese del patron del Giro Vincenzo Torriani, ma scopre la bici a Berlino. Qui vive, lavora e pedala dal 2013. Che la bicicletta sarebbe diventata anche la sua professione non lo avrebbe mai immaginato. Come freelance, Andrea si occupa di progetti di comunicazione e copywriting legati al mondo del ciclismo. Se non vi risponde al telefono, vuol dire che si trova in sella alla sua bici da gravel sui sentieri delle foreste attorno a Berlino.
ANDREA ROLANDO
Biellese, 57 anni e massimo teorico di bici, fango e trattorie, dalle montagne guarda il paesaggio del Central Park che si estende tra Torino, dove vive e Milano, dove insegna al Politecnico. Ama la bici su gravel e lo sci in telemark, soprattutto se lontano dalle tracce più battute e possibilmente appena fuori dall’uscio di casa. Così, tra boschi e baragge, laghi, canali e risaie, ma anche tra borghi e città, in mezzo a fabbriche e tangenziali, svela scorci di bellezza inattesa. Sogna, studia, cuce e ripara territori fragili, perché siano più a misura d’uomo, di bicicletta e di treno. Esplora percorsi sempre nuovi, registrando il movimento con il GPS e usando il corpo come se fosse una penna digitale per disegnare paesaggi, ma alla fine restituisce le sue impressioni con matite e acquerelli, su taccuini e mappe rigorosamente unplugged.
NICCOLO' VARANINI
«Ho scoperto il ciclismo tardi, circa a cavallo dell’esame di fisiologia. Ed è stato un bene perché se fosse stato prima non sarei mai diventato anestesista. Ho scoperto il bikepacking con una Transcontinental race subito dopo la laurea. Ed è stato un bene perché ho capito che la lunghezza giusta per un viaggio la devo decidere io, quella di una gara è di 45’ + un giro».
FEDERICO DAMIANI
La struttura fisica di Federico non è adatta a pedalare, ma Federico non lo sa e pedala lo stesso. 29 anni, di Legnano ma trapiantato ai piedi delle Dolomiti. Ha traslocato sei volte negli ultimi cinque anni e si è ormai convinto che alla fine tutto quello che serve può stare nelle borse da attaccare a una bici. Del resto si può fare a meno. Anzi no; ci sono anche lo spritz Cynar e i pizzoccheri. Di quelli no, non si può fare senza.
SISA VOTTERO
Nasce con gli sci ai piedi in un paesino nelle Alpi occidentali. Cresce a pane e sci e pensa di aver tutto quello che le serve per essere felice nella vita. Poi un giorno, per caso, decide di prendere la bici e partire. Non le piace definirsi una da grandi imprese ma semplicemente una da cose consistenti. La bici l’ha migliorata profondamente e ora ogni volta che vuole mettere a posto i pensieri prepara le borse, parte e pedala.
FREDERICK BACKELANDT
Trentotto anni, è giornalista, storyteller ed editore. Pubblica e dirige le riviste Grinta! e Cycling. È anche uno studioso della storia del ciclismo e ha pubblicato numerosi libri su Coppi, Bartali, Anquetil e Merckx. Si definisce un coppiano ed è impegnato a divulgare e condividere tutto ciò che riguarda il campionissimo.va anche in bicicletta e va piuttosto forte: per quattro volte ha vinto il campionato mondiale per i giornalisti e predilige le salite dei passi alpini. Il siuo preferito? Il Pordoi, dove dice che Coppi lo attende in cima ogni volta.
LUIGI SESTILI
Ha corso da professionista ed è cresciuto con lo sport nel sangue. Ora, con lo stesso spirito agonistico, porta avanti lo studio dell’arte di scrivere con la luce. Nel ciclismo ama raccontare ogni fase e catturare le sfumature. Basta saper cogliere solo l’attimo giusto per rendere immortale un istante, è un suo motto. Il sudore, la fatica, la polvere, la gioia, la sconfitta, sono solo alcuni elementi che renderanno l’immagine più pura. Molto curioso di imparare cose nuove, si definisce un ragazzo spettinato ma con la testa a posto.
ANDREA BENESSO
Per anni ha raccontato che faceva il macchinista e che guidava i treni. Gli piaceva l’idea di manovrare delle cose enormi, ma, soprattutto, evitare di spiegare cosa fa un addetto stampa. Ora, da quanto ha la sua agenzia, 3parentesi, dice che fa l’alpinista, così evita di spiegare cosa fa la sua agenzia. Però un po’ alpinista lo è davvero. Quanto basta per perdersi in montagna e tornare a casa stanco e contento. Invece i treni non li ha mai guidati, ma non si sa mai. Ha due figli e possiede tre biciclette - una gravel, una da strada e una fat bike - e si tiene in forma perché è convinto, da anni, che prima o poi pedalerà in Patagonia.
CARLO BERETTA
«Mi ritengo fortunato a vivere nel cuore della Brianza ciclistica. Sulla bici cerco le stesse sensazioni che provavo alle gare di sci alpino: adrenalina e agonismo. In ogni casco il ciclismo, quello duro e crudo, preferisco osservarlo piuttosto che praticarlo. Vorrei vivere in eterno sulle pietre della Roubaix con una macchina fotografica e migliaia di tifosi». È la mente diabolica dietro a Solowattaggio.
MATT RENDELL
Inglese, 56 anni, del porto di Harvich nell'Essex, è uno dei giornalisti di ciclismo più conosciuti a livello internazionale. Da 25 anni si occupa di corse per la televisione, collaborando con le squadre e scrivendo per giornali e riviste e non la smette di essere curioso e imparare sempre qualcosa di nuovo. Parla un perfetto italiano, con tanto di accento british, e scrive libri e articoli che ritiene meritino di essere letti.
NICOLA BUSCA
È un giornalista freelance e allenatore di triathlon che vive in Cornovaglia, in Inghilterra, dove ci sono molte salite con strappi superiori al 25%. È molto orgoglioso di aver scalato in bicicletta l'Alto de Letras in Colombia (versione lunga: 90 chilometri di salita da 500 a 4,500 m di quota) e quattro volte lo Stelvio in quattro giorni alla Haute Route Stelvio nel 2018. È anche maestro di sci e telemark originario di Gressoney, Valle d'Aosta, e si è laureato in filosofia teoretica all'università di Torino. Collabora regolarmente con riviste di ciclismo e triathlon inglesi e americane, e da settembre ha iniziato a scrivere per il New York Times e il Washington Post.
PAOLO PENNI MARTELLI
«Nasco abbastanza stanco, un sabato di luglio, tre anni dopo il 1980. La cosa più grande che ho visto nella mia vita é il cielo notturno, d’estate, sopra la Francia. Adoro cercare di capire da quale appartamento arrivi l’odore di soffritto di cipolle. In generale mi hanno sempre attirato di più i profumi rispetto ai colori, ma i primi non ho mai capito come fotografarli».
DANIELE MOLINERIS
«Ciclista della domenica che va soprattutto in settimana sono appassionato di bici, fotografia e carboidrati, ma solo uno è il mio vero lavoro. Ho tre biciclette, in modo da uscire sempre con quella sbagliata. Non sono competitivo però non provate a superarmi. Fotografo per necessità, perchè non riuscirei a non farlo, ed è di sicuro la cosa che mi viene meglio, oltre al tiramisù. Non cerco il bello in senso estetico ma provo sempre a raccontare una storia, vera o inventata che sia».
GINO CERVI
Classe 1964, la stessa (ma solo in senso anagrafico) di Gianni Bugno. Segue il ciclismo dai tempi dalle lacrime di Michele Dancelli sul palco di Sanremo. Da 35 anni lavora nell’editoria: dizionari, enciclopedie (prima di carta, poi in cd-rom e infine sul web), manuali scolastici di letteratura, storia e geografia, guide turistiche, storie di sport. Fa prevalentemente il meccanico dei libri degli altri, ma qualche volta ha corso in proprio. Sua migliore il 2019, quando ha scritto un libro su Coppi e uno sul Milan. Va (ma piano) in bicicletta e vorrebbe farlo di più (ma sempre piano).
FILIPPO CAUZ
Ascoltatore curioso di ogni musica, bevitore senza fondo di birra, divoratore poliglotta di dirette di corse ciclistiche su fango, strada o pista. A 35 anni si è stufato di buttarsi via lavorando e ha cominciato a dedicarsi del tutto alle sue passioni. Da allora ha pubblicato libri e articoli qua e là, senza mai allontanarsi troppo dal divano, luogo migliore da cui osservare il mondo.
TORNANTI.CC
Eloise Mavian e Francesco Rachello Il nome Tornanti.cc nasce dall’amore per le montagne: Eloise da piccola le scalava d’estate, mentre Francesco ci sciava d’inverno. Ora fotografano il ciclismo raccontando storie di sofferenza e di redenzione, di sudore e di gloria. Dal fango del ciclocross alla pista immacolata di un velodromo, passando per il pavé delle Fiandre. Sono un po’ timidi ma se cercate li troverete a montare un flash in una curva buia o sopra una parete scoscesa, ad aspettare che il gruppetto passi sull’ultimo Tornante.
GABRIELE GARGANTINI
È nato vicino a dove passa la Coppa Agostoni, quando ancora non era uscita Sotto questo sole. Per un po’ ha vissuto a Roma e in Australia, senza bicicletta. Lavora a Il Post e ogni tanto fa cose insieme agli amici di Bidon. Ha due biciclette da corsa a cui vuole molto bene e una bicicletta-da-Milano, a cui sa di non potersi affezionare troppo. Non sa fare un giro in bici senza cercarsi qualche chilometro in salita e pensa che le due migliori parole per finire questa descrizione siano Alberto Contador.
GIACOMO PELLIZZARI
Ha quattro bici, due figli e una chitarra elettrica. E perde facilmente la testa per le salite over 2000. Pedalando in salita ha scritto 6 libri: Ma chi te lo fa fare? Sogni e avventure di un ciclista sempre in salita (2014), Il carattere del ciclista (2016), Gli italiani al Tour de France (2018), Generazione Peter Sagan (2019) e Il ciclista curioso (2020) assieme al CT della nazionale Davide Cassani. È stato direttore editoriale di Bike Channel e collabora con numerose riviste, italiane e straniere.
STEFANO NUCERA (CALAMARO)
Barba, cappellino, microfono e cuffie dal cavo rosso: dal Kyrgyzstan alla Confederazione Elvetica lo riconosci così. Si chiama Stefano, ma quando trasloca per l’Europa lo fa con uno zaino di vestiti, un trolley di bici e un baule di soprannomi. L’ultimo è Calamaro, come quello che porta sull’avambraccio sinistro. Ha il vizio di inventarsi parole in tutte le lingue che parla, e lo fa anche sul BroomWagon, uno delle dozzine di podcast che produce e conduce.
DAMIANO LEVATI
«Da quando mi sono rialzato dalla prima caduta in bici con la Saltafoss rossa metallizzata non sono più sceso dal sellino di una bici. Ingegnere di formazione, fotografo per lavoro e direttore creativo dell’agenzia Storyteller Labs come conseguenza, ho sempre considerato pedalare quell’unico momento in cui non racconto più le storie degli altri e mi concentro sulla mia».
ALESSANDRO AUTIERI
Nasce nell'anno della fucilata di Goodwood con la quale Saronni vinse il Mondiale e un po' gli spiace perché a fasi alterne si professa moseriano. Afferma che, se proprio deve scegliere, a Bartali preferisce Coppi e a van der Poel, van Aert. Ma ammette anche, a taccuini chiusi, che sarebbe come scegliere tra la mamma e il papà. Di andare in bicicletta non se ne parla più! C'ha pure provato, ma prendeva sberle in pianura, si staccava in salita e in discesa consumava i freni. A raccontare storie di bicicletta invece ci prova tutt'ora, ma con risultati altalenanti. A volte scostante più che incostante, più Russ Brissenden che Martin Eden, più sobrio che alticcio, nonostante arrivi dal Friuli e ogni tanto un bicchiere di vino a tavola ci scappa per forza.
MARCO PASTONESI
Genovese, classe 1954, fin da piccolo voleva fare il giornalista sportivo: gli è andata bene. Rugby e ciclismo le sue passioni. Fra i suoi libri rotondi, Pantani era un dio (2014, 66thand2nd) e Coppi ultimo (2019, 66thand2nd) quelli sui campioni. La vita è una ruota con Alfredo Martini (2014, Ediciclo), La quinta tappa con Vincenzo Nibali (2017, Rizzoli) e Il Maestro e la bicicletta con Ernesto Colnago (2020, 66thand2nd) quelli in tandem. Spingi me sennò bestemmio (2018, Ediciclo) quello sui gregari. La leggenda delle strade bianche (2017, Ediciclo) quello sugli eroici.
FABIO CUTTICA
Romano e romanista, classe 1973, vive a Bogotà dove fa il corrispondente su tematiche sociali per numerosi media internazionali. È tornato in Colombia nel 2005 - dopo esserci cresciuto da bambino - spinto dal desiderio di fotografare la Vuelta a Colombia. Innamorato del ciclismo, un sentimento nato con le gesta degli escarabajos degli anni '80. Dal 2014 documenta il post conflitto in Colombia nell'ambito di un progetto denominato Tierra Herida.
STEFANO ZAGO
Il primo ricordo che ha del ciclismo lo riporta a un vecchio televisore che diffonde la voce di Adriano De Zan, un divano fiorato e le gambe del bisnonno a sorreggerlo, nel maggio del 1999, a soli sei anni. Pochi anni dopo avrebbe scoperto la scrittura, una via per uscire dalla timidezza che a volte ancora lo attanaglia. Nel mondo del ciclismo è entrato in punta in piedi, viaggiando in treno al seguito delle gare, con l'idea di raccontare uomini e donne prima che atleti. Le interviste sono il suo momento preferito. Confessa di essere sempre un poco intimorito prima di ogni intervista, ma dice che è normale. Quella paura è il senso di quanto tiene al racconto che proverà a fare.