STEFANO ZAGO

Il primo ricordo che ha del ciclismo lo riporta a un vecchio televisore che diffonde la voce di Adriano De Zan, un divano fiorato e le gambe del bisnonno a sorreggerlo, nel maggio del 1999, a soli sei anni. Pochi anni dopo avrebbe scoperto la scrittura, una via per uscire dalla timidezza che a volte ancora lo attanaglia. Nel mondo del ciclismo è entrato in punta in piedi, viaggiando in treno al seguito delle gare, con l’idea di raccontare uomini e donne prima che atleti. Le interviste sono il suo momento preferito. Confessa di essere sempre un poco intimorito prima di ogni intervista, ma dice che è normale. Quella paura è il senso di quanto tiene al racconto che proverà a fare.