Milano e il velodromo Vigorelli: la storia
Milano è cambiata, i quartieri, le sue architetture, nuovi palazzi costruiti, periferie gentrificate, luoghi storici rivalutati e altri dimenticati. La città è un continuum e se ti ci allontani per un po’, nemmeno troppo tempo, quando ricapiti in alcune zone ti sembra di vedere cose nuove, locali inaugurati, altri chiusi e abbandonati.
Non bisogna mai dare nulla per scontato quando si tratta di urbanistica, piani regolatori e tendenze dell’abitare. Ci sono però alcuni luoghi iconici che non vogliamo né possiamo dimenticare. Uno fra questi è il Velodromo Maspes-Vigorelli.
Il Velodromo è il simbolo di un ciclismo che ha fatto la storia, di una città che ha vissuto gli anni d’oro della bicicletta su pista, di un’epoca in cui le due ruote univano i cuori e muovevano le persone.
Il Velodromo Vigorelli, eretto e pre-inaugurato nel 1934, nasce ufficialmente nel 1935.
L’idea di un velodromo semicoperto poco distante dal precedente velodromo Sempione è di Giuseppe Vigorelli, industriale e in gioventù corridore su pista.
Il giovane velodromo diventa da subito un prestigioso punto di riferimento per la passione sportiva dei milanesi che ne affollano le tribune per gare di sprint, inseguimento, corse all’americana e grandi incontri di boxe sul ring al centro del prato.
La sua pista incredibilmente scorrevole e veloce per gli standard dell’epoca e attira corridori da tutto il mondo diventando teatro di sfide memorabili, record mondiali e traguardo di importanti corse su strada come il Giro d’Italia, il Giro di Lombardia e il Trofeo Baracchi.
Il velodromo continua la sua attività sino al 1975 quando viene chiuso per poi rinascere nel 1984. Ma in seguito alla grande nevicata del 1985 la tettoia che ricopre le tribune crolla sul parquet della pista, causando ingenti danni e da allora inizia il declino dell’impianto. Verrà ricostruita la tettoia ma l’impianto continuerà a rimanere chiuso, riaprirà di nuovo nel 1998 dopo l’ennesimo restauro per poi chiudere nuovamente nel 2001.
Progetti e promesse si susseguono nel corso degli anni, ma la mancanza di fondi e la poca considerazione per il luogo distolgono l’attenzione dal Vigorelli che rimane abbandonato per anni.
Da semplice impianto sportivo diventa un luogo mitico, vero e proprio tempio del ciclismo internazionale come mi racconta Daniele D’Aquila, anima odierna del velodromo ed enciclopedia vivente di tutti gli eventi e momenti che hanno reso questo monumento un luogo così unico e importante.
Monumento, sì, perché il Velodromo Vigorelli avendo più di cinquant’anni è consacrato monumento nazionale e dalla sua nascita vi corrono campioni e ragazzini che hanno imparano ad andare in bicicletta sulle sue curve sopraelevate.
Ci sono stati poi anni in cui il velodromo sembrava essere stato dimenticato, in cui il Comune aveva ben altri progetti e successivamente lo voleva trasformare in qualcosa di totalmente diverso e completamente distaccato da tutta quell’aura del grande ciclismo che lo aveva reso pietra miliare nel cuore degli abitanti. Sono stati i cittadini stessi a battersi per tenerlo in vita, evitandogli una triste fine fra un grattacielo e un centro commerciale.
«Se siamo riusciti a salvare la pista è anche perché le cose sono cambiate e i milanesi se ne sono accorti» dice Daniele. La nuova coscienza ecologica, una rinnovata attenzione alla bici e una sempre più diffusa consapevolezza del valore di una mobilità sostenibile, hanno fatto capire alle persone la preziosità e la fortuna di avere in casa uno spazio come il Velodromo Vigorelli.
La crisi economica e la destrutturazione dei mezzi di trasporto, grazie anche alla diffusione della cultura ciclistica minimalista diffusa dai bike-messenger, che avevano bisogno di biciclette compatte, leggere e che richiedevano poca, se non minima manutenzione, hanno riportato attenzione allo scatto fisso assieme ad una nuova voglia di ciclismo specificamente urbano.
Ci siamo quindi ricordati del ciclismo su pista e del fatto che a Milano ne avessimo una mecca – paragonabile ai più grandi monumenti dello sport mondiale, ai grandi stadi e centri olimpici, ma che stava per venire distrutta e convertita. Si sono così attivati vari movimenti auto-organizzati spinti dalla necessità di riportare in vita il Vigorelli – facilitati da una nuova coscienza ciclistica animata dal forte legame con la città.
Il Comune di Milano aveva avviato un bando di riprogettazione, ma furono i cittadini a schierarsi contro la sua chiusura: nacque allora il Comitato Velodromo Vigorelli che aveva come obiettivo quello di salvare e rilanciare il Velodromo per rimetterlo a disposizione di più persone possibili, non limitandosi ad un pubblico di élite, ma rendendolo uno spazio sportivo vivo e attivo a tutto tondo.
In attesa di istituire una Scuola di Ciclismo per ragazzi si sono spalancate le porte per portare più gente possibile a rivivere l’impianto e permettere ai milanesi di vedere quello che vi accadeva all’interno, di passeggiare sugli spalti e di sentire l’emozione di un posto che aveva segnato la storia dello sport tanto quanto lo stadio di San Siro o l’Ippodromo.
Le persone iniziavano così ad entrare, chiedere informazioni, capire quanto fosse accessibile e praticabile. Signore che magari avevano paura di utilizzare la bicicletta in città per ragioni legate al traffico e scarsa padronanza del mezzo due ruote, iniziarono a frequentare il Velodromo per aumentare dimestichezza con la bici per sentirsi poi più sicure una volta in strada.
E’ possibile oggi noleggiare performanti bici da pista Look – marchio francese, il più rinomato per telai da pista, che già forniva bici al velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines, e che ha scelto di metterci la faccia per abbracciare questa storia e campagna di comunicazione urbana.
La presenza al Vigorelli diventa un biglietto da visita vendibile per tutto il mondo e forte potere comunicativo con biciclette performanti presenti in numerose taglie e montate con un rapporto tipico per potersi approcciare alle curve paraboliche: 48/15-16.
Il Comitato Velodromo Vigorelli ha fondato anche una società sportiva ed organizza numerose attività non solo sportive in programma al suo interno, come presentazioni di libri, visite guidate e scuole di sicurezza in bici e mobilità urbana, trasformando il Velodromo in uno spazio vivo e attivo durante tutto l’arco dell’anno.
La multidisciplinarietà delle iniziative accolte contempla anche pedalate in bici che terminano o partono dal Velodromo, come la famosa Vigorelli – Ghisallo che permette di visitare, in una sola uscita in sella, due luoghi unici che hanno fatto la storia del ciclismo italiano. L’uscita è stata creata in collaborazione con Carola Gentilini – direttrice del Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo – in nome dei buoni rapporti presenti fra le istituzioni per salvare i due luoghi più importanti del ciclismo lombardo.
La casuale necessità di recupero di entrambi i monumenti che contemporaneamente stavano vivendo un momento di crisi è stato il motore che ha messo in moto l’evento, ai cui organizzatori si è poi affiancato Upcycle Bike Cafè.
La visione che il Comitato Velodromo Vigorelli ha dell’impianto mira a renderlo uno spazio vivo e frequentato in cui «andare una sera e vedere ciò che succede» spiega Daniele. «Vorremmo che il Velodromo diventasse una meta in cui recarsi quando ad una serata fra amici ci si domanda: “cosa facciamo stasera?Andiamo al Vigorelli!”…»
Una tematica molto sentita è quella legata alle presentazioni di libri sul ciclismo, il filone del ciclismo narrato sempre più in voga negli ultimi anni. Si cerca anche di aprire il Velodromo a tutte quelle persone che non pensavano di aver nulla a che fare con la bici, ma che vi ci si ritrovano grazie a visite guidate per il FAI, Openhouse e Touring Club Italiano che risultano interessanti anche per chi non è strettamente legato al ciclismo.
La sua pista, diventata la più veloce al mondo con un adattamento di costruzione per un errore di progettazione dell’edificio, è carica di personaggi storici che vi hanno corso, ricca di storie annesse e connesse che rendono il Vigorelli un luogo godibile ai più dove fare cultura e storia del ciclismo.
Daniele mi racconta di aver sempre fatto sport e la bici era una delle varie attività fatte da bambino, ma sulla scia del nonno bianchista di eccezione con la predilezione per la bici da pista, si avvicinò presto alla vita del Velodromo fino a diventarne anima e mente creativa battutasi per tenerlo in vita.
Come tutti gli impianti sportivi di un certo tipo, la pista aveva un costo notevole e la si voleva abbattere in nome del nascente quartiere di City Life che considerava il Vigorelli come uno spazio inutile, lasciandovi un piccolo campetto al centro per il football americano.
Anche se assurdo tutto ciò era possibile perché il Velodromo era monumento nazionale, ma solo nella sua struttura esterna, non era chiaro se la cosa riguardasse anche la pista. Ci si batté allora affinché anche la pista, anima del Vigorelli, godesse del vincolo di tutela del monumento da parte dei Beni Culturali, venendo rivalutata e spinta a nuova vita dalla ASD che nacque di conseguenza.
Il Vigorelli ritorna ad essere un luogo popolare, non nel significato politico ma nel senso più sociale del termine, carico di quella forte valenza emotiva e storica che fanno parte della rinnovata cultura ciclistica odierna.
Riportare al Vigorelli buona parte della cittadinanza grazie al ciclismo, secondo sport più popolare al mondo dopo il calcio, non è missione da poco, ma «abbiamo rimesso il Vigorelli sul mappamondo ciclistico e allora le persone che vogliono sanno dove poterci trovare». Normalmente Daniele si definisce pessimista, ma visti i risultati ottenuti c’è da essere più che ottimisti.
Ovviamente i problemi ci sono e le difficoltà sono tante, il costo del mantenimento della struttura è alto, ma se ripensiamo alla strada e alla fatica fatta e fino a dove sono arrivati tutti i volontari e operatori del Velodromo, non possiamo che essere speranzosi per un futuro del Vigorelli e quindi anche del ciclismo.
Mi piace citare la canzone “Tomorrow people” di Ziggy Marley che Daniele ama canticchiare a sé stesso ripetendosi che se non conosci la tua storia non puoi andare avanti: non possiamo pretendere di voler costruire un futuro, se non sappiamo da dove proveniamo. Lo sapevano in Jamaica, lo abbiamo riscoperto noi oggi.
La voce di speranza e positività rispetto ad un domani ciclabile del Velodromo e di tutta Milano non tarda a farsi sentire riecheggiando fra le scalinate del Vigorelli e arrivando fino in quegli angoli di città che non vogliono sentire.
Foto in evidenza: Tornanti.cc