Fuochi e violini
“Maledetto Barbotto" diceva Eddy Merckx. Marco Pantani queste strade le conosceva, ci si allenava e, a sera, si riprendeva con una fetta di cocomero. Gli bastavano, diceva lui. Benedetto Barbotto, diciamo noi. Benedetto Barbotto che accende fuochi e lascia che siano.
Marta Cavalli, Annemiek van Vleuten e Mavi Garcia vanno in fuga. Le altre dietro, troppo dietro. Potresti pensare di essere sul passo Maniva e invece sei solo alla quarta tappa, poco dopo il Barbotto e cosa non è successo. Sono i fuochi che si accendono e poi improvvisano. Niente di lineare, di prestabilito.
Guardate van Vleuten che in discesa sembra avere qualche difficoltà, poi, sulla salita di Carpineta attacca, dietro di lei Cavalli sui pedali e Garcia. Vorresti non pesare nulla quando la strada sale, muscoli forti e piume, e vuoto per non accusare la gravità che tira verso il basso. Se le guardate, vi sembra di sentirlo. Quanto costa a van Vleuten tornare ad alzarsi sui pedali per rispondere a Garcia? Sbilenca, quasi sbanda, e spinge sui pedali, stringe il manubrio, a tratti hai l’impressione che quella bicicletta si alzi qualche millimetro da terra tanta è la trazione delle braccia e delle gambe dell’olandese. Quanto costa a Cavalli resistere? Guardatele i denti che fanno pressione, gli uni sugli altri, digrignati. Come resistono? Dove si sfoga quella pressione?
Cede qualche metro, poi diversi metri ma non molla, insiste. Lei è di Cremona. Non sappiamo se abbia mai assistito alla lavorazione di un violino, ma certamente sa quanto sia fine la lavorazione del legno per questo strumento. Sa quanto siano delicate le corde e con quanta attenzione debbano muoversi le dita per sfiorarle. Sa che oggi non era il Maniva ma il Maniva arriverà e se sarà ancora lì davanti a giocarsela con van Vleuten chissà cosa potrebbe succedere.
Van Vleuten che, oggi, vince; Garcia lancia troppo presto la volata e viene beffata. Van Vleuten che è in rosa, alla quarta tappa e dice che non aveva proprio pensato di attaccare da queste parti (e cosa ha fatto, aggiungiamo noi). Quasi inspiegabile, come un fuoco, ma così pura espressione di talento da fermarti a guardare.
Sono i fuochi che si accendono quando meno te lo aspetti, ardono. E con questi fuochi accesi quanto sono pochi quei secondi che dividono le prime tre della generale? Van Vleuten, Garcia, Cavalli: a voi!
In vetta a Oropa: il bisogno di imparare
Scalando la salita di Oropa, il dodici giugno, Laura Marino, di Briko Girls Academy, ha ripensato al momento in cui aveva quasi deciso che avrebbe lasciato perdere la bicicletta. Le ragioni erano tante, qualcuna aveva a che fare con le persone che ti affiancano in un pezzo di vita e poi prendono altre strade, altre con tutto ciò che sentiva di dover ancora imparare senza averne la forza: «La prima volta che siamo andati a Superga con questo gruppo, ero demotivata, temevo di non farcela e, forse, non volevo nemmeno farcela. Poi ho iniziato ad accettare tutto e più lo accettavo più lo capivo». Laura, dopo questo percorso che si proponeva di insegnare a undici ragazze ad andare in bicicletta da corsa, ha imparato più di tutto ciò che riguarda i rapporti, le curve e i freni. Ha capito perché è giusto che continui ad andare in bicicletta: «Non possiamo avere tutte le persone che vorremmo nella nostra quotidianità, è un fatto. Anche chi va via, però, lascia qualcosa che ti ricorda di quel percorso assieme. La bicicletta è ciò che mi è restato e quando pedalo ho il dovere di essere felice. Anzi, ho il dovere di pedalare».
Per dire che poi succede anche quello che non ti aspetti. Gabriele, il loro coach, colui che dal Parco Dora di Torino, le ha portate ad Oropa, dopo giornate di prove, allenamenti solitari e sacrifici ce lo ha sempre detto: «Un insegnante può solo creare un clima favorevole all'apprendimento. Può solo dire ciò che pensa, che sente, che ha vissuto e aspettare che arrivi dall'altra parte. Non sai mai cosa colgono gli altri. Tu devi raccontare». Poi c'è lo sport, la pratica sociale più meritocratica che esista: «Se ti alleni vai più forte, magari non diventi un campione ma migliori. Questa è la base. Negli altri campi dell'esistenza non è sempre così: non è detto che il tuo maggiore impegno porti a un maggiore risultato. Questa nella sport deve essere una sicurezza. Qualcosa che ti spinge ad allenarti e a resistere perché sai che quello che è tuo, non può portartelo via nessuno». Qualcosa di simile lo spiega anche Celeste Di Stefano che a Oropa ha visto delle compagne tornare giù, stremate, in discesa, per aiutare chi stava ancora salendo e non ce la faceva più.
«Il segreto è competere con se stessi ed essere concentrati sull'unico miglioramento possibile: il tuo. Qualcosa di diverso rispetto a ciò che avviene nella società, dove la competizione è estremizzata. Certo, ci sono le gare professionistiche, ma la bicicletta di base è questo: tornare ad aiutare le compagne a salire anche se, anche tu, sei sfinito e non ce la fai più». Nel frattempo, sentirsi liberi come da bambini.
Cristina Bertola, così, libera è riuscita a trovare la fiducia in se stessa per sconfiggere quel non sentirsi all'altezza che, ogni tanto, colpisce tutti. L'ha aiutata anche quel signore sulla sessantina che, al termine della scalata ad Oropa, le si è affiancato dicendole che, all'inizio, temeva non ce l'avrebbe fatta con la vecchia bicicletta che stava usando, e invece: «Complimenti perché ci è riuscita. Io ci ho provato e non sono stato così bravo». Così, oggi, quando esce a pedalare, si sente sicura, non ha paura della fatica della salita e nemmeno del brivido della discesa. E, quando nel suo studio medico, si confronta con i pazienti può davvero consigliare di andare in bicicletta perché sa cosa si prova. «Loro sono fieri. Dicono a tutti che la loro dottoressa è una ciclista».
Tutto questo e tanto altro: i genitori ad applaudire alla scalata, le persone che si sono appassionate a questa squadra e chiedono, si informano. Ed anche Gabriele Mazzetta, il coach, che pensa a questi mesi e: «Ho messo gentilezza e disponibilità, l'hanno fatto tutti perché lo consideriamo un dovere. Il senso di gratitudine che è tornato, però, è stato di molto superiore a tutto questo. Mi fa pensare che abbiamo davvero bisogno di queste cose, che ci mancano e le cerchiamo sempre più. Mi fa riflettere». Forse, perché, tutti abbiamo bisogno di imparare.