Fare bici è un’arte. Ne sanno qualcosa i vari telaisti e protagonisti delle diverse fasi di realizzazione di una bicicletta: progettazione, disegno, saldatura e montaggio.

La forma attuale delle biciclette nasce intorno al 1860, anche se la paternità del brevetto non è chiarissima. Ma alla fine chi se ne importa, sono passati quasi due secoli. Quello che ci importa è che, da quel momento in poi, la forma della bicicletta si è evoluta, sono nati nuovi materiali, ingranaggi e la meccanica è migliorata, ma la sostanza non è cambiata. Le biciclette accompagnano i milanesi attraverso le diverse epoche fino a quella attuale, in cui pedalare è diventato sinonimo di scelta intelligente. Saranno nate forse meno di due secoli fa, ma abbiamo tutti in mente quelle biciclette con i freni a bacchetta e i sellini larghi in cuoio, parcheggiate nei cortili di Milano che ne hanno fatto la storia.

Con una città pianeggiante che sorge in pianura e con qualche secolo di ritardo, i milanesi si stanno rendendo conto che muoversi in bicicletta dovrebbe essere la soluzione più intelligente per chi ci vive.

Grazie a una crescita esponenziale di piste ciclabili e servizi di bike sharing, negli ultimi dieci anni si inizia a concepire una città su misura di ciclista, per la gioia dei vari produttori di biciclette, che, nel frattempo, non hanno mai smesso di lavorare per una rivoluzione a due ruote.

L’innalzamento del target di chi sceglie di utilizzare una bicicletta nel quotidiano, e non solo per allenamenti, gare o uscite domenicali, ha avvicinato i più al mondo del telaio artigianale, prodotto su misura e in pochi numeri.

Nonostante la criticità del periodo post covid – in italia non siamo ancora pronti a recepire il ciclismo in massa anche perché, come mi racconta Gianluca Pozzi, amministratore delegato di Cicli Drali “bonus e ciclabili non sono sufficienti a fare del nostro paese un mercato ciclabile” e questo lo avevamo intuito anche dalle parole di altri rappresentanti della bicicletta milanese.

La storia di Cicli Drali, formata da soli tre soci più il Signor Drali, è però una di quelle che merita di venire raccontata, soprattutto oggi, in un momento in cui la maggior parte delle produzioni, ciclistiche, ma non solo, sono state dislocate.

Questo trasferimento delle fabbriche di prodotti sportivi, outdoor e attrezzatura in Oriente, Taiwan o Cina, ci fa dimenticare che anche noi italiani sappiamo fare, che abbiamo sempre fatto e che possiamo continuare a farlo. E’ vero, i costi saranno un po’ più alti di quelli delle grosse produzioni, però valore, cura e personalizzazione che emergono in un prodotto costruito al 100% dietro casa, hanno sicuramente un altro sapore.

Carlo Drali, insieme al figlio Giuseppe, ha fatto strada nella storia delle bici. Maestro costruttore di telai da corsa, il Signor Drali, come ho scoperto viene chiamato dai suoi collaboratori, ha dedicato alla bicicletta vita e ingegno, costruendo biciclette magiche che hanno pedalato le più iconiche strade lombarde.

Giuseppe Drali ha imparato il mestiere dal padre Carlo, il quale realizzò telai che regalarono vittorie a icone del ciclismo come Fausto Coppi.
Oggi, alla rispettabile età di 90 anni – passati – il signor Drali ha accettato di rimettersi in gioco e di ricominciare con entusiasmo l’avventura, rinnovando il mito con nuovi telai e modelli.

In uno spazio rinnovato, la cui vetrina è ora a in zona Milano sud in Via Palmieri, dietro la “grande classica” ciclabile del Naviglio Pavese, Cicli Drali ricomincia l’attività. Giuseppe e Alessandro, assistenti e apprendisti del Signor Drali, riprendono la produzione di telai secondo l’arte originale dei maestri dell’acciaio.

L’area espositiva ospita le prime biciclette che testimoniano la storia del marchio Drali e le nuove biciclette prodotte negli ultimi mesi.

Abbiamo bisogno di ridare valore all’italianità e se questo significa passare da negozi di bici con prodotti di alta qualità, ben venga. Entrando da Cicli Drali, la loro scelta di optare per un mercato ad alta qualità si nota fin da subito nella selezione dei marchi accessori che entrano nel negozio come caschi firmati Poc, navigatori Garmin e abbigliamento di alta gamma di durevole fattura.

Passando un po’ di tempo con i pochi, ma buoni soci di Cicli Drali, sentiamo subito quell’aria di italianità che si respira a tutto tondo, assieme alla tradizione artigiana che ha fatto la storia ciclistica del nostro paese. La storia, infatti, che è parte attiva della formazione del marchio, rivela una costante apertura ed evoluzione fino ai giorni nostri, come si evince da quell’albero genealogico presente anche sul loro sito internet, simbolo di una crescita continua che vive però del suo passato, come nelle migliori famiglie in cui ci si tramandano le tradizioni di generazione in generazione.

Non è però oggigiorno pensabile di essere naïve e scollegati dal contesto in cui si opera limitandosi a guardare indietro: per portare avanti le proprie idee, bisogna essere pienamente consapevoli di come si debba stare sul mercato e capendo quali sono le azioni necessarie per non farsi travolgere o rischiare di soccombere. È questa duplice valenza e posizionamento del marchio che ha colpito il loro modo di fare azienda.

La paura e il timore della competizione con la concorrenza cinese sono vive e razionali nelle parole di Gianluca la cui formazione ingegneristica è tangibile, soprattutto quando si parla del nascente e in costante espansione mercato delle e-bike. Nonostante dovremmo essere aggiornati e informati su ciò che stiamo comprando, le persone che vanno in negozio spesso non sono preparate in materia e quindi spiegare loro le ragioni che sottostanno a visibili differenze di prezzo finale, non è facile, specialmente quando si tratta di ciclisti che si sono da poco avvicinati al mondo delle due ruote.

Possiamo spendere cifre molto diverse quando si tratta di biciclette, elettriche e non, ma capire verso cosa è meglio puntare in base a cosa ci serva veramente e gli eventuali costi di manutenzione, non sono fattori da sottovalutare quando ci si approccia ad una bicicletta.

Mi è piaciuta moltissimo la tematica sollevata da Gianluca durante la nostra chiacchierata legata ai suoi dubbi sulla mancanza di tecnici specializzati, formati per assistere il nascente settore delle bici elettriche. Un conto è fare manutenzione a motori Bosch, Shimano, Yamaha o di altri marchi più rinomati e diffusi, un’altra questione è invece gestire in officina le biciclette elettriche con i motori più diversi, magari assemblati direttamente in Cina o integrati nel telaio che ci arrivano senza istruzioni e senza indicazioni su come vadano trattati. «I nostri meccanici, sono specializzati in biciclette, non in motorini», dice lucidamente Gianluca.

Per sopperire a questa mancanza e con uno sguardo decisamente lungimirante, il team di Cicli Drali si è subito impegnato per formare i propri dipendenti sulle ultime tendenze della meccanica ed elettronica ciclistica; così facendo si crea un organico sempre preparato sulle nascenti necessità dell’universo ciclistico capace di lavorare al meglio anche sulla loro linea di biciclette elettriche tutte spinte da motori Polini, 100% made in Italy.

 

L’importanza di investire nella formazione del personale è ancora sconosciuta e poco praticata in Italia. All’estero si è capito anni fa che fare didattica ai propri dipendenti non sia tempo perso, ma un tempo prezioso che avrà un ritorno visibile e sul lungo termine faciliterà il lavoro di tutti.

Dovremo aspettarci di vedere un’evoluzione nei prossimi anni, sia dal punto di vista di chi pedala biciclette, ma anche dal punto di vista di chi le produce.
I ciclisti sono più esigenti, i telaisti sono più esperti. La combo può portare a risultati sorprendenti a livello di tecnica e performance.

Milano è cambiata e molti dei suoi ciclisti si vogliono distinguere rispetto ad anni fa non accontentandosi più di biciclette prodotte in serie assemblate da operai senza nome. Il mondo della customizzazione e del “su misura” è il futuro per una crescente fetta di mercato con un’elevata capacità economica e un’alta preparazione tecnica. È normale vedere dei fenomeni di disaffezione quando le cose sono troppo diffuse, ma la forza di una piccola azienda, come quella di Drali, è certa. Ovviamente i loro numeri e fatturato non possono essere paragonabili a quelli delle grandi aziende, ma aspettando di vedere se in Cina rallenteranno mai la produzione, dobbiamo dare una possibilità a chi non ha voluto mollare e ha continuato a produrre biciclette valide qui dietro casa.

«Dobbiamo ancora capire come si evolveranno le cose – dice Gianluca – e se ancora in molti verranno ammaliati dai più bassi costi di produzione e abbandoneranno il nostro paese in nome del risparmio offerto dalla Cina: il carbonio lo abbiamo inventato noi. Non possiamo mollare proprio adesso».

Le sue parole un po’ mi commuovono e mi fanno rivivere l’anima vera che ha mosso il nostro paese nel settore della bicicletta, quella bicicletta lì, che era dei nostri nonni, dei grandi campioni che da qui sono partiti e arrivati lontano.

Non possiamo rischiare di dimenticarci tutto questo.

Oggi Cicli Drali si impegna nella sponsorizzare di una squadra corse, DRALI MILANO  che svolge attività agonistica per rinnovare quelle emozioni e quei successi conquistati da diversi campioni del passato in sella a biciclette Drali.

Per non restare indietro con le ultimissime tendenze in fatto di esplorazione, Drali ha anche scelto di fare ingresso nel mondo delle biciclette gravel, ovvero mezzi da strada in carbonio realizzate su misura e personalizzate, ma adatte a terreni fuoristrada e sterrati che convivono con le prestigiose bici a scatto fisso artigianali. L’obiettivo è quello di svolgere attività fixed a livello nazionale e internazionale partecipando ai più importanti eventi come Criterium Italia, Reed Hook Crit e Rapha Nocturne permettendo un test continuo ai loro mezzi.

Molte delle biciclette realizzate da Drali sono progettate su misura, ma vengono fatte anche e-bike o altre tipologie di biciclette più accessibili. Per riposizionarsi al meglio su un mercato competitivo come quello del ciclo, i Drali si sono impegnati in un progetto di re-branding intenso, marketing e comunicazione, ricercando agenti e distributori anche all’estero. Va bene produrre in casa, ma poi è necessario guardare oltre confine, dove la nostra manualità e storia possano venire apprezzate pienamente.

Il grande problema, mi spiega Gianluca, è nel montaggio e nella componentistica. Come facciamo a far capire che due biciclette, solo apparentemente identiche, sono assemblate con componenti, cambio e altre parti del tutto differenti e che saranno quelle a rendere una bici molto più performante, reattiva e fluida dell’altra influenzando la qualità del prodotto finale e quindi anche del suo prezzo? Come far capire che la differenza di prezzo rivela bici qualitativamente “diverse” e non solo migliori o più “belle”? Come evitare di diventare dei moderni Don Chisciotte del ciclismo parlando la stessa lingua della domanda senza suonare “venditori” o propagandisti, ma cercando di educare e comunicare alla cultura delle due ruote?

La questione delle differenze peculiari delle biciclette è estremamente difficile da comunicare ad un pubblico sempre più ampio e meno specializzato. Viviamo tutta la fatica di chi cerca di raccontare, descrivere e vendere biciclette di valore in un periodo in cui i prezzi si tendono ad abbassare sempre a scapito della qualità.

Anche quando non c’è concorrenza, bisogna impegnarsi a comunicare ed educare le persone in merito.

Artigianato significa valore e know-how. Peccato ce lo siamo persi.

Sorprendente invece la reazione del Giappone per quello che riguarda il mondo delle biciclette per il quale ha sempre avuto grande conoscenza e consapevolezza e comprendendo pienamente il valore di ciò che si stava comprando.

Sarà quindi necessaria, secondo Gianluca, una formazione a tutto tondo – sia dal punto di vista del target e di chi lavora nel mondo del ciclismo – andando di pari passo alle necessità nuove e alla fondamentale educazione del ciclista al rispetto delle regole, all’utilizzo del casco e alla stipula di assicurazioni.

Bisogna creare un mondo nuovo attorno alle necessità della bici se la si vuole vedere come oggetto di trasporto e non economico – sviluppare un sistema di infrastrutture ampie e dedicate aiuterà ad eliminare i conflitti inserendola armonicamente nel contesto in essere.

Molto spesso la paura che venga rubata limita la diffusione e l’acquisto di biciclette di qualità, ma se ci fossero più azioni concrete rivolte al rispetto e tutela del mezzo e dei suoi proprietari, forse potremmo davvero muoverci in una direzione nuova. Le premesse ci sono, concretizziamole.

Foto: Valeria Rossini