Le uniche guerre che possiamo comprendere
Una Milano Sanremo è una guerra di trincea: tutti fermi immobili fino al momento buono. Bisogna avere pazienza, cogliere l’attimo e sperare che basti: Una volta fuori dalla trincea, o la va o la spacca.
Una Parigi Roubaix è una battaglia campale di fanteria: un gran casino di fango e sangue. Tutti contro tutti al punto di non capire più chi combatte con chi. Fino a quando cala il silenzio e dal fango emerge il vincitore.
Una cronometro è una guerra lampo: partire forte, accelerare e finire in apnea, sperando che finisca il prima possibile. Altrimenti, se non finisce presto, finisce comunque in un altro modo.
Una gara Zwift è una guerra informatica: si combatte senza mai incontrarsi di persona. Però è piuttosto efficace a tagliarti le gambe in poco tempo, molto meno di una di quelle che si combattono “dal vivo”
Una gara di ultra-cycling è una guerra di logoramento. Tutto sta a procurarsi i rifornimenti ed essere gli ultimi a finire le energie. Gli ultimi a cui vien voglia di alzare bandiera bianca.
Ecco. Queste sono le uniche guerre che capiamo. Quelle in lycra, le uniche divise che possiamo tollerare. Quelle di Goodwood le uniche fucilate che vogliamo vedere (e rivedere all’infinito). Tutto il resto, nel 2022, semplicemente non dovrebbe esistere.
Un girasole per Ernesto Colnago
Ai girasoli gialli associo la voce di Auro Burbarelli e il sapore di cedrata Tassoni, immancabili compagni dei pomeriggi di Luglio spesi in un bar di paese in Valsesia: un occhio al tavolo dei vecchi che giocano a scopone scientifico, un occhio alla TV nell’angolo, in alto a sinistra. Il Tour de France, quando non è montagna e non è Parigi, è una distesa di girasoli gialli tagliati da righe di matita a volte infinitamente dritti, a volte sinuosamente curvi. A non sapere che la colpa è di un giornale verrebbe da pensare che la maglia gialla sia un tributo a quei testimoni silenziosi.
Chissà quante ore ha passato Ernesto Colnago davanti alla TV a sperare che un suo atleta rubasse il colore dei girasoli e lo portasse a Parigi. Alla fine ci è riuscito un ragazzino sloveno nel 2020, nell’unico Tour che passava tra i girasoli appassiti di fine settembre: precisamente domenica 20 Tadej Pogačar portava finalmente una bici Colnago gialla in parata sugli Champs-Élysées.
Mi succede spesso di percorrere l’A4 avanti e indietro, in solitaria, e tutte le volte che appare l’uscita Cambiago in automatico leggo Colnago, anche perché onestamente non so nemmeno cos’altro ci sia a Cambiago se non l’azienda e la casa di Ernesto. Succede anche quel lunedì, il 21 settembre, che il cartello arriva.
Metto la freccia, cerco un fiorista e suono a casa Colnago con un girasole in mano:
“Buongiorno Ernesto, questo è per Lei. Complimenti per il Tour”.
“Scusi ma lei chi è?”
“Questo non è importante”.
"Beh, grazie. Io non so cosa dire”.
Oggi non passerò da Cambiago per caso e non saprei nemmeno se ci siano dei fiori indicati per un novantesimo compleanno.
In ogni caso, auguri Ernesto. Altre cento di queste maglie gialle.