Ai girasoli gialli associo la voce di Auro Burbarelli e il sapore di cedrata Tassoni, immancabili compagni dei pomeriggi di Luglio spesi in un bar di paese in Valsesia: un occhio al tavolo dei vecchi che giocano a scopone scientifico, un occhio alla TV nell’angolo, in alto a sinistra. Il Tour de France, quando non è montagna e non è Parigi, è una distesa di girasoli gialli tagliati da righe di matita a volte infinitamente dritti, a volte sinuosamente curvi. A non sapere che la colpa è di un giornale verrebbe da pensare che la maglia gialla sia un tributo a quei testimoni silenziosi.

Chissà quante ore ha passato Ernesto Colnago davanti alla TV a sperare che un suo atleta rubasse il colore dei girasoli e lo portasse a Parigi. Alla fine ci è riuscito un ragazzino sloveno nel 2020, nell’unico Tour che passava tra i girasoli appassiti di fine settembre: precisamente domenica 20 Tadej Pogačar portava finalmente una bici Colnago gialla in parata sugli Champs-Élysées.

Mi succede spesso di percorrere l’A4 avanti e indietro, in solitaria, e tutte le volte che appare l’uscita Cambiago in automatico leggo Colnago, anche perché onestamente non so nemmeno cos’altro ci sia a Cambiago se non l’azienda e la casa di Ernesto. Succede anche quel lunedì, il 21 settembre, che il cartello arriva.

Metto la freccia, cerco un fiorista e suono a casa Colnago con un girasole in mano:
“Buongiorno Ernesto, questo è per Lei. Complimenti per il Tour”.
“Scusi ma lei chi è?”
“Questo non è importante”.
“Beh, grazie. Io non so cosa dire”.

Oggi non passerò da Cambiago per caso e non saprei nemmeno se ci siano dei fiori indicati per un novantesimo compleanno.

In ogni caso, auguri Ernesto. Altre cento di queste maglie gialle.