La nazionale di paraciclismo sta cambiando ed è di questo cambiamento che vogliamo parlare. I paraciclisti conoscono bene ogni sfumatura del verbo cambiare perché, se sono lì, è proprio perché qualcosa, nelle loro vite, è cambiato.
Claudia Cretti, ad esempio, ci ha detto che all’inizio non avrebbe voluto far parte del paraciclismo, che, quando dei ragazzi l’hanno invitata a provare, non ha capito perché lo chiedessero proprio a lei, a lei che aveva subito un trauma cranico in un incidente. Anche Claudia è cambiata, per quello che è successo, per le scelte che ha fatto e per quello che ha accettato. Così oggi non ha dubbi quando dice: «Sono una paraciclista». Ha visto diversamente la disabilità, ha visto diversamente i limiti.
Il cambiamento della nazionale non è poi molto diverso. Rino De Candido, nuovo Commissario Tecnico, sostiene che questi atleti hanno una capacità rara di affrontare i problemi e arrivare a una soluzione. Per questo nel primo incontro ha detto: “Tutto quello che dovete fare è sapere chiedere. Se avete bisogno di qualcosa, se avete un problema, sono qui per quello”. Perché anche chi ha imparato a cavarsela da solo, nonostante tutto, ha bisogno di aiuto. Claudia Cretti ricorda che, l’anno scorso, si trovava spaesata di fronte a questi allenamenti da gestire da sola, senza alcuna indicazione: «Nel professionismo ero guidata in ogni dettaglio, mi sono chiesta perchè qui non accadesse. Le altre nazionali, Inghilterra, Canada, Usa, hanno sempre ragionato in termini diversi: i paraciclisti sono atleti e in quanti atleti vanno seguiti».
Nel primo ritiro, pochi giorni fa, si è lavorato in pista, sulla partenza da fermi, sull’agilità, anche sui dettagli minori, quei pochi millimetri della sella in più o in meno. De Candido ha parlato con ciascuno e ad ognuno ha fatto un discorso diverso basato su ciò che ciascuno è. Questo è il senso della fiducia di cui Cretti ci racconta: «Ha visto ciò che già funziona e ciò che è da cambiare. Mi ha detto chiaramente che tutto sta nella testa e nella decisione di fidarsi. Voglio fare ciò che dice De Candido». Ascoltare, guardare, accettare e mettere in pratica. A questo sono serviti i test sul ciclomulino a cui la nazionale di paraciclismo non era abituata.
La nuova nazionale sarà più squadra perché ci saranno dei ruoli, perché essere a tutta dall’inizio della stagione alla fine, oltre ad essere controproducente, non ha senso. I momenti di stacco, di scarico, sono importanti quanto i picchi. De Candido ha parlato di armonia perché in squadra non ci sono rivalità: ognuno deve mettere a disposizione il meglio che ha e il tuo meglio è importante come quello dell’altro. Anche se sembra piccola cosa, anche se fatichi a crederlo così importante.
Francesca Porcellato ha tutto nelle braccia, quelle braccia che sono passate dall’atletica, allo sci di fondo e poi alla bicicletta, ma quando ha incontrato la prima volta Claudia glielo ha detto: «Le tue gambe sono forti come le mie braccia». E già qui c’è tutto, a cominciare dalla volontà di guardare la parte sana e salva della realtà, l’unica che permette di guardare al futuro. Anche le diverse età della nazionale sono un punto di forza perché età significa esperienza. Michele Pittacolo ha avuto la stessa problematica di Claudia, ma avendo più anni sa cose che Cretti deve ancora scoprire, così gliele dice, gliele racconta.
Poi c’è la nuova linfa, quella senza cui non c’è futuro. La nazionale vorrebbe inserire altri giovani, più giovani, se possibile. Anche chi non ha mai vestito la maglia azzurra. Perché necessari per la nazionale, ma soprattutto per loro, per quanto può aiutarli. È questa l’idea di Claudia Cretti: «Come me ci saranno tanti altri ragazzi col desiderio di fare sport ad alti livelli che pensano di non potere, di non riuscire. Che magari non vogliono fare paraciclismo. Dare un segnale a questi ragazzi è importante perché si sta male quando si pensa di non avere una possibilità. Dare un segnale a questi ragazzi può cambiare ancora tanto».