Un serpentone di ciclisti che si snoda intorno alla Fortezza Medicea. Manca ancora quasi un’ora alla partenza della decima edizione della Granfondo Strade Bianche, ma le griglie sono praticamente sature. Seimila al via per uno degli appuntamenti amatoriali più partecipati al mondo, con una massiccia presenza di stranieri che supera il 35%.

In griglia con nella mente e nel cuore la progressione di Pidcock a Monte Sante Marie, con l’accelerazione di Pogačar a Colle Pinzuto. Del resto l’emulazione è una spinta, uno stimolo, un elemento che carica. L’unicità della Strade Bianche si basa sullo sterrato che, seppur quest’anno ben battuto e asciutto, rimane un tratto distintivo tanto spettacolare quanto insidioso da affrontare. Se i professionisti quasi galleggiano sulle crete senesi, accelerano come se fossero su un tavolo da biliardo, gli amatori sobbalzano, sbracciano, si ripiegano sul manubrio, saltellano.

I professionisti sono gatti che danzano sullo sterrato quasi in silenzio. Noi invece traballiamo, intenti a guidare al meglio la bici per cercare comunque di riuscire a fare velocità. Strade Bianche è pedalare nella polvere sui tratti pianeggianti, mossi o collinari, procedere in queste strade ancora immacolate che tagliano la campagna senese.

Una marcia dal sapore bucolico, che piace, però, perché i ciclomotori la affrontano con mezzi e strumenti di oggi. Eccola la miscela vincente: pedalare nella storia, ma con l’atteggiamento e l’animo da agonista. Agonismo già dalle prime battute, dalla partenza in discesa, dal primo sterrato piatto, dalle rampe che si susseguono a ripetizione, dai vicoli stretti in picchiata. Agonismo mentre affronti l’uno-due che fa la storia di questa corsa. Prima Colle Pinzuto e poi Le Tolfe: rampe verticali, lingue di terra che ti si impennano davanti, muri leggendari che raccontano le imprese dei più forti ciclisti contemporanei. In poche corse amatoriali come la Strade Bianche pedali, ti immergi, vivi nella consapevolezza di far parte del mondo del ciclismo. Il giorno prima ogni angolo a fianco dei settori sterrati è ridondante di tifosi impazziti per le gesta dei corridori che battagliano. E c’eravamo anche noi, che oggi quelli sterrati cerchiamo di aggredirli. L’unicità del fine settimana senese, che da dieci anni ad inizio marzo si presenta, è l’appartenenza alla famiglia del ciclismo. Non vecchia, ancorata a quello che fu, a nostalgie con poco senso, ma alla realtà di questo sport che porta ancora sulle strade parecchie persone.

Alla gara dei professionisti la parte alta della città era invasa proprio dai piedi di via Santa Caterina fino alla mitica Piazza del Campo. Aver pedalato sul quel finale così massacrante, appesi al manubrio e alla buona sorte mentre aspetti che spiani la salita, rende questa esperienza inimitabile. Il ciottolato così ripido di via Santa Caterina ti consegna a una delle piazze più belle al mondo, in festa anche per la nostra corsa. E questo ti rende ancora più parte del mondo del ciclismo.