Bici rotte, amatori e acrobazie

«È un circuito bellissimo». Parola di amatore, anzi di uno dei campioni italiani tra gli amatori oggi, Massimo Folcarelli, 47 anni, al suo diciottesimo titolo nella categoria Master. Beh, mica male.
Ha messo su una squadra un po' di anni fa, la Race Mountain Folcarelli Team, con sede ad Anzio, provincia di Roma, un progetto ambizioso per tutto il Centro Sud. «Perché - ci tiene a specificare - aumentano appassionati e praticanti: il ciclocross da diverso tempo sta prendendo piede anche da noi».

In squadra corre pure suo figlio Antonio che va forte e si vorrebbe giocare un buon piazzamento domenica tra gli élite. «Inizia tutto così: padri che corrono tra gli amatori e figli che si appassionano e si gettano nella mischia». E quando scorri le liste di partenza o senti lo speaker Brambilla che snocciola vita e miracoli di tutti i partecipanti come fosse l'elenco dei santi recitato a memoria nell'omelia domenicale, ti accorgi che è pieno di figli o sorelle, padri e madri d'arte.

È un tracciato bellissimo, davvero. Tecnico, vario, che cambia di ora in ora, «com'è giusto che sia» racconta un altro dei tanti protagonisti di oggi. La sua bici a fine corsa è una crosta infangata dal terreno di Variano (mi raccomando, l'accento cade sulla seconda a) di Basiliano, provincia di Udine, in una giornata che si apre fredda da farti cadere le dita dei piedi, procede ventosa ma serena, si chiude con un cielo che si tinge tra il viola e il blu.

Il circuito parte piatto, veloce, e si lancia, tecnico e suggestivo, verso l'alto nel parco del Castelliere di Variano. Alle 9 era tutto gelato coperto di brina mista a un filo di neve ghiacciata, residuo di una spruzzata di un paio di giorni fa. Il terreno è duro, ma un'ora dopo si iniziava a creare quella tinta di fango, con le sue canalette da battezzare giro dopo giro, che tanto piace a chi corre uno sport che ha bisogno di una cura particolare del dettaglio. Dal tipo di copertone alle atmosfere, dalle migliori traiettorie da preferire, fino alla scelta dei tratti da correre a piedi o in bici.
Gli allenatori si fermano vicino a segmenti così complicati da apparire, a volte, persino enigmatici. Spiegano ogni dettaglio: «Se non riuscite a farla tutta in bici, sganciate un pedale e spingete come fosse un monopattino». Oppure: «Scendete di sella prima di scollinare, ma mi raccomando: la bici tenetela sul lato destro». Ragazzi e ragazze lo guardano come si fa con un maestro a scuola che sta spiegando una materia affascinante e della quale non si può perdere nemmeno una parola.

Una discesa in particolare, in mattinata, è quasi impraticabile, ripida, dura, sconnessa. Qualcuno con una piccozza lo smussa e ne tira via i sassi. « Tiro via i claps!» (appunto, pietre) urla in friulano a chi gli chiede cosa sta combinando. Altrimenti si corre il serio rischio di spaccare una ruota.

Amatori di ogni età si mescolano con ragazzi e ragazze, persino bambini: qualcuno urla "Forza mamma!" che è un po' l'inverso di quello a cui si è abituati a sentire di solito alle gare con i genitori che incitano i figli. Esordienti e allievi fremono per provare il tracciato. «Prima tocca a loro, poi a voi» li cerca di calmare uno degli organizzatori.

Il vociare sotto la collina, dove ci si scalda prima di gareggiare, appare quasi il ciacciare a scuola, un ronzio di insetti: sono i ragazzi che si dimenano e fremono sui rulli. Si susseguono gli arrivi e le partenze. Amatori prima e poi le staffette che fanno il loro esordio nel campionato italiano. Vinceranno le squadre "di casa", lo Jam's Bike Team di Buja e la DP66 Giant SMP.
Terra e biciclette vengono maltrattate per il bene del ciclismo e dell'agonismo. Si alternano facce e divise, capelli grigi e volti segnati dal fango incrostato. Sorrisi e delusioni. rotture, acrobazie e cadute. Ci sono più camper che a un raduno di camper.

Poi, in mezzo a una colonna sonora kitsch che mescola Battiato, successi dance anni '90 rifatti in spagnolo e l'inno di Mameli, scende il tramonto che tinge di rosa le bianche montagne friulane sullo sfondo.