Le vie del ciclismo sono infinite

Parlavamo di scatti al Giro 2022 qualche giorno fa raccontando l'addio al ciclismo su strada di Diego Rosa.
Scatti intesi come immagini immortalate dall'occhio di una fotocamera. Sguardi intensi e attenti. Al Giro d'Italia il nostro fotografo inviato, Daniele Molineris, nel giorno della tappa con arrivo a Lavarone si era appostato sul Menador, salita mitica per chi gira in bici da quelle parti, salita caratterizzata da clamorose viste da lasciarti senza fiato.
Dopo un breve peregrinare che caratterizza il mestiere del fotografo, trovò quello che si rivelò essere il posto giusto dove attendere il passaggio dei vari gruppi: i fuggitivi alla spicciolata - c'era pure van der Poel all'attacco quel giorno, la tappa la vinse Buitrago più giovane colombiano di sempre a vincere una tappa al Giro - e il gruppo dei migliori di classifica. Poi si spostò di qualche tornante in attesa di quello che rimaneva del gruppo che componeva la carovana del Giro.
Quel giorno vinse Buitrago, è vero, ma i nostri occhi, e soprattutto quelli della fotocamera, furono riempiti da Dries De Bondt che si fece un pezzo di strada con un ananas e scrivemmo in quelle ore di come quella scena sarebbe rimasta tra i simboli del nostro Giro Alvento. Così è stato e così lo rimarchiamo qualche mese dopo.
Il giorno dopo quella scena, De Bondt, che non è solo un ragazzo disponibile ed estroverso quando c'è da stare con i tifosi, in prima linea quando c'è da aiutare la squadra, ma è anche un corridore di livello quando c'è da portare via la fuga, la fuga la porta via verso Treviso in una tappa che pareva fatta e finita per i velocisti. A Treviso vince De Bondt, mentre il gruppo dietro sbaglia i calcoli, battendo allo sprint Affini, Cort Nielsen e Gabburo.
Nella conferenza stampa al termine della tappa De Bondt farà in tempo a raccontare la sua rinascita che parte da qualche anno prima quando a causa di un incidente al Tour de Vendée del 2014 finì in coma per quasi due settimane. «Mi esplose una gomma in discesa e venni catapultato verso il muro di una casa». Riportò due fratture alla base del cranio, ma il casco gli salvò la vita, letteralmente, evitando conseguenze peggiori. «C'era un ematoma nel cervello e ai miei i medici dissero: ci sono tre possibilità, un pieno recupero che ci pare altamente improbabile, una vita con disabilità o uno stato vegetativo».
Un mese dopo l'incidente De Bondt tornò a casa con in testa oltre che le botte un solo pensiero: riprendere ad andare in bici. Otto anni dopo quell'incidente scala il Menador con un ananas in mano il giorno prima di vincere una tappa al Giro d'Italia. Le vie del ciclismo a volte sono sorprendentemente infinite.