Il cammino di Santiago o fare la prima mossa

Forse nemmeno Eiking immaginava di trovarsi alla vigilia dell'ultima settimana - o meglio, degli ultimi 5 giorni di corsa, in maglia rossa. In carriera fino adesso ha ottenuto come miglior risultato tra Giro, Vuelta e Tour un 77° posto proprio in Spagna nel 2016. E da una Vuelta fu cacciato per motivi disciplinari - era il 2017, ma questa è una storia che abbiamo già raccontato.
Forse Roglič, ma anche una Movistar di nuovo tirata a lucido come non si vedeva da tempo (ah, i cari bei vecchi tempi!), mai si sarebbero immaginati di dover inseguire un norvegese a cinque tappe dal termine. O comunque non Eiking, ecco.

Forse Mas e López hanno in serbo qualcosa per i due arrivi in salita che rimangono tra Lagos de Covadonga e Altu d'El Gamoniteiru, mentre Roglič ha un tesoretto niente male da spendere l'ultimo giorno nella crono di Santiago de Compostela; e non ci sarà Pogačar a fargli venire gli incubi, né si presume ci saranno avversari capaci di un clamoroso ribaltone come quello de La Planches des Belles Filles al Tour. «È il campione olimpico contro il tempo - si mormora in gruppo con fare sincero - chi mai potrebbe fargli paura?». Già.

Nemmeno Martin, uno che fa dell'imprevedibilità il suo archetipo, che nella sua ciclosofia racconta: "pedalo, dunque sono", e che quando corre, corre spesso in coda, ma poi risale sempre, curvo sulla bici come se sembrasse dover cercare qualcosa per terra. Forse qualche risposta.

Dicevamo: nemmeno Martin (Guillaume, e alla francese, mi raccomando) probabilmente si aspettava di essere lì, secondo, grazie a una fuga, lui che in fuga ci sta sempre bene, che quella fuga da gentile concessione giorno dopo giorno si sta trasformando in pesante fardello per chi deve inseguire, e chi deve inseguire sembra non abbia forza/voglia/fantasia: eventualmente scegliete voi la parola giusta. A Mas non gli sono uscite benissimo in questi giorni: «Il percorso non era abbastanza favorevole da permettere una lotta tra i favoriti», verrebbe da pensare l'opposto, ma tant'è.
E forza, intesa come condizione, gambe, detto terra terra, fantasia, sembra ciò che manca totalmente alla Ineos in questo momento: Bernal fatica a rispondere agli scatti, Adam (Yates) qualche punturina la molla qua e là, ma ha provocato giusto un po' di bua - nulla di che. Carapaz si è fermato, Sivakov è ormai carbone da locomotora.

Spazio ci sarà per provare qualcosa dopo una settimana che ha raccontato belle storie - Cort Nielsen, Storer, Bardet, Majka, il confronto tutto adrenalina Jakobsen-Sénéchal, Aru eccetera - come in uno di quei romanzi di Kent Haruf dove sembra non succedere mai nulla, ma da cui non riesci proprio a staccarti. Però è lì su, dove si sogna la vittoria, ci si dimena e si dibatte, dove osano le aquile, che è stata calma piatta come una giornata al mare. È in classifica che ci si aspetta qualcosa: se non oggi, domani.

Il cammino verso Santiago è ancora lungo, ma non troppo: è tempo anche che qualcuno faccia la prima mossa. Il resto - magari quei fuochi d'artifici che aspettiamo da giorni - arriverà di conseguenza.

Foto: ASO/Luis Angel Gomez / Photo Gomez Sport


La serenità de "La Roja" norvegese

E nemmeno oggi sono riusciti a strappargliela via. Oggi che tra caldo e salite c'era tutto per scalfire anche il più duro dei colossi. C'era terreno per fare del male, ma si è preferito puntare su una velocità costante, non blanda, certo, quello no per carità, i corridori vanno su a ritmi asfissianti che non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo.
Nemmeno oggi sono riusciti a fargli del male o a strappargli quel sorriso dal volto. A scalfirne tutta la tranquillità che trasmette; chilometro dopo chilometro ondeggiava, vero, ma teneva duro, resisteva, battezzava le ruote giuste.

Anche quattro anni fa alla Vuelta lo videro barcollante: fu espulso prima dell'ultima tappa perché, secondo il suo ex diesse Marc Madiot, arrivò al mattino ancora ubriaco dalla sera prima.
«È allucinante quello che è successo - disse Eiking giorni dopo - ero uscito con Ludvigsson a bere due birre. Prima di me lo avranno fatto in migliaia di noi. Se non fossi stato in scadenza di contratto non sarebbe mai successa una cosa del genere».

Questo è un momento d'oro per i norvegesi, anzi è il Momento, e giorno dopo giorno Odd Christian Eiking acquisisce quella consapevolezza di cui sembra intriso tutto il loro ciclismo. Corre col sorriso, si stacca, sì, ma si stacca il giusto, in un mondo dei Grandi Giri che si trasforma, qui alla Vuelta, in un lungo tenere il ritmo, mandare via la fuga e poi volata finale anche in salita.
A EIking non dispiace; anzi probabilmente in questi giorni si sveglia al mattino - sobrio, possiamo giurarci - e spera che tutto continui ad andare così: Jumbo Visma a fare l'andatura e poi qualche scattino verso il traguardo.

Domani sarà un altro giorno complicato, salite da bere tutto d'un fiato. Magari come quella Bière des Amis che si è scolato qualche giorno fa al termine dell'ennesima fatica: perché quando sei leader di una corsa sembra tutto così amplificato.

Su quella birra c'è scritto in grande "non condividere". Un'idea che Eiking sta facendo sua pensando alla maglia rossa che porta.

Foto: ASO/Luis Angel Gomez