L'Enric Mas, il Mimmo, Tadej Pogačar
E a ogni giro, su quella curva, la Curva delle Orfanelle, le speranze della maggior parte del gruppo andavano infrangendosi contro aspre pendenze che inacidivano le gambe.
A ogni giro, lungo i 2,1 chilometri circa che portano in cima, oltre il Santuario della Madonna di San Luca, Enric Mas sembrava stare sempre meglio.
Tantissima gente dietro le transenne, un boato a ogni passaggio, un ritmo cadenzato di mani e urla per i corridori che digrignavano i denti, alcuni costretti a fare zigzag, altri, come Rochas, mettevano il piede a terra per forza di cose: un problema al cambio e su quelle percentuali di salita non ci si poteva inventare nulla.
E a ogni giro tiravano forte gli uomini di Tadej Pogačar, il favorito, senza troppi pensieri per gli altri: prima Majka, che divorava ogni tornata come se non avesse mangiato abbastanza; dopo di lui Ulissi, e poi, quando sarebbe toccato a Formolo (ottimo anche oggi, nono all'arrivo), mancavano due giri, provava l'allungo Fortunato, che frantumava definitivamente il gruppo; Fortunato che si vede poco, ma quando si vede prova a lasciare il segno, e a maggior ragione prova a farlo su quella salita che lui conosce come fosse, anzi praticamente lo è, la strada di casa sua.
E quella strada che portava su in vetta ispirava il miglior Enric Mas possibile: nemmeno Pogačar riusciva a stargli dietro. Enric Mas, l'Enric Mas, quella che solitamente si vede quasi solo nei grandi giri o tutt'al più nelle brevi corse a tappe, possibilmente spagnole; a volte si dice non sia proprio un attaccante, uno scaldacuori, un aizza popolo, uno per cui ti strapperesti i capelli o spenderesti tutti i tuoi averi per vederlo correre. Ma questa sua versione in progressione vincente sul San Luca ha detto tanto. Sulla sua forma, sul suo status, sul momento di salute, volendo, del ciclismo spagnolo che fra sette giorni perderà - agonisticamente parlando - Valverde, che anche oggi arrivava lì vicino al podio chiudendo quarto, applaudito e applaudendo.
E così vince l'Enric Mas l'edizione numero centotre del Giro dell'Emilia, secondo Pogacar, e terzo Domenico Pozzovivo, semplicemente Mimmo per molti o forse per tutti pure in gruppo o tra la gente che urlava il suo nome; "Mimmo" sul quale ci sarebbero da spendere ancora parole non bastasse vederlo a 40 anni tenere la ruota di colui che è considerato uno dei corridori più forti del mondo. Se quelli lì davanti lo sono, chissà lui cos'è.