L'Eroica di Lorenzo

Quando, a fine luglio, Lorenzo Mariotti ha ricevuto la conferma dell’annullamento dell’edizione 2020 dell’Eroica si è sentito come abbandonato, come se la fidanzata lo avesse lasciato senza una spiegazione, come se quella stagione fosse destinata a non finire. «L’Eroica per me è un ultimo giorno di scuola, un’ultima volta, di quelle belle, prima dello stacco. Ad aprile speravo che la situazione legata alla pandemia si sarebbe risolta, a fine luglio sapevo che non sarebbe stato possibile ma in un certo senso mi rifiutavo di crederci. Non volevo accettare che l’Eroica ci avrebbe abbandonato per quest’anno».

Lorenzo racconta che non trascorre molto tempo a pensarci: ci sono Andrea e Roberto, suoi amici d’infanzia, a cui telefonare per raccontare un’idea. «A me mancava come l’aria la condivisione della fatica, della strada, del pane, in questa gara dal gusto antico. Ma per tornare a condividere non avevo bisogno di molto, a chi potevo chiedere se non ai miei amici?». Andrea ogni tanto esce in bicicletta, Roberto no ed in più sua moglie non sembra essere molto contenta: «Il suo timore era di “rubare” un’esperienza alla compagna. Io glielo ho detto: “A Gaiole in Chianti non ci vai, se non per un motivo come questo. Non togli nulla a nessuno. Forse ti regali qualcosa”».

Già, Lorenzo li vuole proprio portare a Gaiole, ad un’Eroica speciale, la sua. «L’idea di guardarmi indietro fra qualche anno e pensare di aver perso un’occasione mi faceva paura. L’Eroica me la sono inventata io. Stesso percorso, stesso orario di partenza dalla piazza di Gaiole, addirittura stessi sacchetti con il rifornimento. Ho costruito i pettorali con borse di Juta e mi sono inventato delle targhette di legno compensato per il numero. Quattro cifre, come l’Eroica vera, ma i numeri li abbiamo inventati noi». La bicicletta d’epoca gliel’ha data papà, che è geloso di tutto ciò che è suo ma questa volta non ha potuto evitare di lasciarsi andare, di lasciarla andare. Lorenzo racconta ad Andrea e Roberto di Fiorenzo Magni a Bologna mentre stringe con i denti la camera d’aria per attutire il dolore del braccio rotto, racconta di Alfredo Binda e di quel giorno di Marco Pantani ad Oropa. Racconta per dare un senso a ciò che fra poco faranno.

Nella piazza di Gaiole, i tre ragazzi, si incontrano all’alba. c’è solo un fotografo ad attenderli. «Era deluso, aspettava tanti altri corridori. Probabilmente provava ciò che avevo provato io ed era lì per inventarsi anche lui una sua gara. Ci ha fatto qualche scatto e siamo partiti. Erano le 05:03». Mentre salgono verso il Castello di Brolio, Lorenzo spiega che gli anni scorsi, lì, c’erano delle fiaccole a illuminare. Ora è buio e ad indicare la strada ci sono solo le luci delle loro biciclette disposte in fila indiana. «Erano notti di luna piena e quella sfera bianca illuminava il sentiero. Verso le sette è arrivata la luce e, sullo sfondo, abbiamo iniziato a vedere le colline toscane ed i cipressi».

Le salite sono aspre, dure, rigide e serve un meccanismo per ingannare la mente e percorrerle. «Ci siamo inventati una sorta di “maglia a pois dell’Eroica” e ad ogni salita scattavamo per aggiudicarci dei punti immaginari. Ne ho vinte undici, avevo i polpacci di ghiaccio. Mi facevano male. In alcuni tratti è davvero disumano». Ci si aspetta, si condivide e si ripensa a tante cose. Per esempio al primo ricordo dell’Eroica che, per Lorenzo, è un vecchio filmato di Luciano Berruti su una bici anni ’30 della Peugeot.

Si pranza a Montalcino, non il solito pranzo fra i banchetti dell’Eroica, abbuffandosi di tutto ciò che capita a portata di mano, ma oggi bisogna fare così. Quando i tre ragazzi arrivano ad Asciano è già tardi e Lorenzo pensando all’anno prima, dice ai suoi amici che è contento, che per lui ci si può anche fermare, che si può tornare indietro. «Non hanno voluto. Io li ho portati sino a lì, loro mi hanno portato fino all’arrivo. Sono stati loro a voler concludere, a voler arrivare».

A Radda in Chianti inizia a diluviare, è la pioggia di ottobre, quella fredda, umida, quella da raffreddore. Si va avanti. Ad ogni stazione una firma, un timbro sul libro gara, per dire che si è passati anche da lì, nonostante tutto.
A Gaiole si arriva alle undici di sera, dalle cinque del mattino. «Abbiamo pedalato per più di quattro ore al buio e con la pioggia. Non sai quanti cinghiali, da soli o con i cuccioli, ci hanno attraversato la strada. In alcuni momenti abbiamo avuto paura. Dopo il pranzo, avevamo mangiato solo cioccolato e caramelle. Quando abbiamo trovato un locale aperto, ci siamo seduti al tavolo e abbiamo ordinato hamburger di chianina, eravamo i più felici al mondo». A quel tavolo, non c’è solo la soddisfazione per una bella giornata, a quel tavolo c’è soprattutto Roberto che lo dice ad alta voce: «A Gaiole porterò la mia famiglia in vacanza, giurateci».

Perché l’Eroica è tutto ciò che vi abbiamo detto e in particolare ciò che ci dice Lorenzo quando il racconto sembra finito ma è appena iniziato: «L’Eroica è un modo per sentirmi vicino a un tempo che non c’è più ma batte ancora. L’Eroica sono mio papà e mio nonno, i loro insegnamenti, le loro abitudini, ciò che mi hanno sempre raccontato e che me li fa ricordare. L’Eroica è l’approvazione della gente quando arrivi a Radda in Chianti e, vedendo tutti i timbri, quasi ti spingono all’arrivo dopo averti sorriso. Ma è anche un paesino incantevole come Lucignano d’Asso, a cui non fa caso quasi nessuno nonostante sia bellissimo. Magari ti fermi giusto per prendere l’acqua. L’Eroica è l’attenzione per la mia bici, perché è lì che impari a trattare gli oggetti con cura perché se la meritano, la cura. Come le persone».

Foto: Lorenzo Mariotti