I giorni dopo Erratico Gravel
Il giorno dopo è il giorno delle idee, dei pensieri. Così è accaduto anche per Erratico Gravel e tutto ciò che è stato quel fine settimana di inizio ottobre nel Canavese non sta nelle parole. Paolo Ciaberta e Simone Bracco, fra gli organizzatori dell'evento, hanno voglia di raccontare, una voglia che, in realtà, appartiene a tutti dopo giornate così. «Vengono e ti dicono semplicemente che sono felici- spiega Paolo- poi ti spiegano la loro giornata, i momenti più belli e quelli più difficili». Simone nota che questa è una forma di condivisione, come tante altre: «Guardate le storie sui social: è come spartirsi un poco di acido lattico. Spesso le persone non si aspettano queste cose da una bicicletta, rimangono stupite e, quando rimangono stupite, fotografano, spiegano, raccontano. A chiunque».
Già, una delle tante forme di condivisione perché già solo ritrovarsi tutti assieme e pedalare significa condividere. «Fotografando- osserva Paolo- li guardavo quei volti. Era incredibile: più aumentava la fatica, più la terra e il fango addosso, più la fatica, più aumentava la felicità». Perché? È una domanda spontanea. «Perché siamo molto abituati a una fatica mentale che logora e prendere una bicicletta, scegliendo di faticare, quasi purifica, risana, cura. Un'ora, due ore, e le cose prendono un'altra dimensione, quella giusta. Vivibile». Tutti assieme, che significa campioni, esperti, profani e chi ha iniziato a pedalare da un anno, talvolta da meno. Simone parla del rugby: «Il terzo tempo nel rugby è una delle parti più belle. In un evento come questo, il terzo tempo è ovunque: in un ristoro, in quelle chiacchierate, anche nelle paure, nei dubbi. Alla fine, a tavola, si sta tutti assieme e stare a tavola assieme è unico: non importa quello che sai fare, quanti watt sviluppi, quanto tempo ci metti, si pranza assieme».
Lo ha notato anche Patrick De Lorenzi, ironman che ha partecipato a Erratico Gravel: «Lui che con il fisico può fare qualunque cosa, che non ha problemi di resistenza o fatica, ha scritto che Erratico è stata "un'esperienza brutale e meravigliosa". Crediamo renda l'idea, crediamo basti per raccontare la scoperta di una terra attraverso due giorni di divertimento». Qualcosa di simile si può narrare anche passando dal velodromo Francone di San Francesco al Campo.
Simone dice che gli addetti del velodromo, inizialmente, apparivano quasi perplessi, certamente dubbiosi da questa forma di ciclismo "nuova" che poi nuova non è, che affonda le sue radici nelle basi di quello che è una bicicletta. «A loro faceva strano non parlare di podi, di tempi, di classifiche, di barrette energetiche e gel, ma di ristori con cibo tipico e, perché no, un bicchiere di vino. Eppure, alla fine, erano incuriositi, interessati e chiedevano, facevano domande. C'è stato uno scambio e questa essenza del ciclismo li ha colpiti». Probabilmente, chiosa Paolo, il gravel ha aiutato, questa disciplina a metà strada che permette nuovi viaggi, nuove esplorazioni, certamente ad attirarli è stata un'altra questione.
«Spesso, quando pensiamo al ciclismo, pensiamo al ciclismo professionistico e va bene così perché lì cerchiamo l'epica, la straordinarietà delle gesta, qualcosa che non ci faccia sentire tutte le fragilità e le debolezze di cui siamo fatti. Il punto è che come uomini e donne, spesso, siamo distanti da quelle gesta, non siamo capaci di fare certi numeri e dobbiamo ammettere che questo non è un problema. Anzi, è bello anche andare lentamente in bicicletta, fermarsi, non competere con nessun se non con te stesso, se vuoi. Prima o poi, arriviamo tutti a questa scoperta: continuano a emozionarci le gesta dei campioni, ma ci emozionano anche i nostri piccoli miglioramenti, il nostro crescere». Di quella lentezza è fatta, ad esempio, l'osservazione del territorio di cui, a forza di correre, si rischia di non rendersi conto.
«Il Canavese è una terra straordinaria, bosco, sottobosco, natura e strade da scoprire ogni giorno, perché c'è ancora tanto che non si conosce. Ci piacerebbe che questa terra si volesse un bene maggiore, riconoscendo la sua bellezza e andandone fiera. Perché chi passa da qui, anche se distratto, resta meravigliato. Sempre».
Una meraviglia che non grida: Canavese Erratico Gravel
Le terre del Canavese sono silenziose e in quel silenzio si può vedere molto a patto, però, di scoprirlo. Perché la meraviglia, lì, non urla, parla a voce bassa e bisogna ascoltare per riconoscerla. Erratico Gravel (www.erraticogravel.it) nel fine settimana del 1 e 2 ottobre, proverà a mettersi in ascolto di questa meraviglia timida: «La bicicletta è, in primis, un modo di scoprire, le sue radici sono nella scoperta: una via, un sentiero, un modo per arrivare dall'altra parte di una salita o di una discesa. Il fatto che il Canavese non sia così conosciuto fa sia che sia un luogo ideale per pedalare».
Ci spiega così Paolo Ciaberta, tra gli organizzatori di questo evento, e aggiunge qualcosa che, anche se detto a bassa voce, grida, tanto è giusto, importante: «Crediamo che ogni sentiero, ogni traccia, ogni mulattiera o strada militare di questo paese debba avere un evento ciclistico off road dedicato per permetterci di conoscerlo e poi magari tornarci o portarci gli amici».
Due giorni, tre percorsi, rispettivamente di 83, 132 e 216 chilometri. Gravel e Mtb, per il più lungo è possibile scegliere il bikepacking e percorrerlo in due giorni. «Si può andare da soli in ogni luogo e può essere avventuroso. Andarci insieme restituisce una sensazione diversa: c'è qualcuno che ti accompagna in un posto, che te lo mostra, prova a raccontarti cosa c'è in quel castello, fra quelle case, fra quei campi. Magari ti fa assaggiare un prodotto tipico e ti spiega come viene cucinato». Andare in bicicletta sui sentieri del Canavese, in quei giorni, sarà soprattutto questo.
Guardare la Serra Morenica che sembra affettata con un coltello tanto è delicata, quasi fragile, e pensare che, una volta, qui c'era il mare. Si chiama Erratico Gravel proprio in ricordo dei massi erratici, di un bacino marino, del ghiaccio. Oggi c'è la natura: laghi, campi, vegetazione folta che cambia più volte mentre si pedala. Il verbo allora diventa condividere: «Un bicchiere di Erbaluce, un vino bianco di queste zone, i torcetti, il salampatata, i formaggi della Val Chiusella o i baci di dama: in tutti i casi, dopo la fatica, si cerca un sapore, più o meno conosciuto, per ritrovare energie». Poi si parla, si ride, si scherza, davanti a un piatto di pasta, un alimento che parla di bicicletta, di sudore, di una terra e della sua storia.
L'autunno sarà appena iniziato e quei colori che cambiano, nel silenzio interrotto dal rumore delle ruote che girano e dei pedali che frullano, ricorderanno ancora una volta a tutti perché stare in sella fa stare tanto bene.