Il paradosso di Simon Geschke

Il paradosso di Simon Geschke è arrivare a tre Gran Premi della Montagna sui Pirenei dalla possibilità di vincere la maglia a pois, perderla, ma avere comunque il dovere - per regolamento - di indossarla fino a Parigi.
Ieri a fine tappa non teneva le lacrime. Liberato e affranto. Affaticato già sul primo strappo non riusciva a resistere ai migliori che andavano in fuga e poi, nonostante il grande lavoro della squadra sull'Aubisque, dove gli servivano i punti necessari, forse, chissà, per vincere - ricordiamo anche il salto di catena il giorno prima costatogli una manciata di punti fondamentali - si staccava definitivamente anche dal gruppo maglia gialla, capendo che non sarebbe stata più quella giornata immaginata alla vigilia.
A 36 anni, Geschke è arrivato vicino al punto più alto - almeno simbolicamente - della carriera, dopo aver vinto pochissimo, ma bene: un solo successo nel World Tour, proprio al Tour de France. Era il 2015, la tappa arrivava a Pra-Loup e lui, con la più classica delle azioni di anticipo che definiremmo "la fuga nella fuga", vinse per distacco, attaccando in un tratto di falsopiano, davanti a Talansky, Uran e Pinot.
Dopo le lacrime, ieri, ha spiegato così: «Indossarla fino a Parigi non sarà la cosa più bella, potessi scegliere correrei con la mia divisa, ma questo è il Tour e i nove giorni che ho vissuto in maglia a pois sono stati lo stesso un sogno per me».