«Gravel, non vedo l'ora!»

Nathan Haas quando parla di ciclismo parla di amore e di libertà, sceglie Lachlan Morton come esempio da seguire e lascia il ciclismo su strada per lanciarsi a capofitto in una nuova avventura. «Per esprimere te stesso al massimo del tuo potenziale - scrive sulle pagine di Cyclingnews - quello che fai deve essere abbinato ad amore e passione». E quello che stava facendo evidentemente non funzionava più come prima. «Non fraintendetemi - racconta sempre il corridore australiano che nelle ultime due stagioni ha vestito i colori della Cofidis - per il ciclismo su strada proverò sempre amore e passione. Lo guarderò tutte le volte che potrò».
Ma è arrivato il momento di «prendere in mano il proprio destino e ricreare il proprio futuro». E dopo aver avuto il Covid Haas ha fatto via via più fatica a rimettersi in strada nel vero senso della parola mentre «una scintilla si accendeva negli occhi non appena sentivo parlare di gravel».
Natan Haas qualche mese fa alla Nova Eroica in Toscana si innamora di nuovo come si era innamorato del suo mestiere da stradista perché «il gravel è qualunque cosa tu voglia che sia, puoi letteralmente guidare la tua bici ovunque». Gli dà quel senso di libertà che dieci anni di professionismo - e un passato anche in mountain bike - non gli hanno tolto, sia chiaro, ma semplicemente lui non riusciva a gustarsi più quei momenti come una volta. È cambiato lui come cambiano i tempi, come una ruota gira veloce, come si cresce, come si effettua una parabola, come si invecchia, si imbocca un tunnel, come ci si appassisce o si matura.
Come quando ripensa alla prima volta e i ricordi rimandano al primo ritiro con la Garmin, la squadra con cui fece l'esordio nel World Tour; quando Jonathan Vaughters, team manager, fece vedere a tutti Moneyball, film sul baseball con Brad Pitt e Jonah Hill, perché sarebbe servito a capire alcuni concetti sul mondo dello sport, serviva, secondo Haas più che altro a far capire come Vaughters intendeva il ciclismo, e, chiaramente era necessario a cementificare il gruppo.
Haas, per raccontare il suo "arrivederci amici" alla strada, parte proprio da quell'episodio e da una citazione del film: "Ci viene detto a un certo punto che non possiamo più giocare al gioco dei bambini, ma non sappiamo quando accadrà" ed eccolo quel momento arrivare. «Volete sapere perché il ciclismo è un gioco per ragazzi?» racconta l'australiano che si dice soddisfatto al massimo della sua carriera e che forse un piccolo rimpianto ce l'ha, quel 4° posto alla Amstel Gold Race del 2017, ma non vuole soffermarsi troppo sugli episodi perché quello che è lo deve a quello che ha imparato come corridore.
Beh non divaghiamo troppo. «Tutto è già stato pianificato: è determinismo puro. Sembra di stare a scuola. Hai le vacanze programmate, mangi quello che ti viene detto che devi mangiare, ti devi vestire così, devi guidare questa bici, ti devi allenare come diciamo noi e devi correre dove diciamo noi». È vero questo ti aiuta a diventare un corridore, ma limita la tua libertà ed è da qui che Nathan Haas riparte.
Si lascia alle spalle le parole che gli disse sua madre quel giorno all'Amstel "Beh qualcuno deve pur perdere", si lascia alle spalle le emozioni di quando correva e si sentiva un privilegiato.
E aspetta che nasca di nuovo una scintilla. Pensa a Boswell, Stetina, Ten Dam e Howes che si divertono da matti nelle competizioni gravel e perché non dovrebbe farlo anche lui? Haas inizia a uscire con la bici da ciclocross e torna a odorare sensazioni di come quando correva in mountain bike.
Poi partecipa ad alcune gare gravel (prima in Spagna, poi la Nova Eroica in Toscana, poi la Serenissima Gravel in Veneto) e inizia di nuovo a sentire un friccico - il senso di ragno direbbe qualcuno. «E sapete cosa significava? Che la mia carriera non era finita. Essere nervoso voleva dire di nuovo provare qualcosa», perché Haas ci tiene a sottolineare che «non è che la mia carriera finisce, semplicemente cambio disciplina»
Haas getta il suo futuro nella nuova avventura che per lui vuol dire cambiare radicalmente quello che faceva quando "giocava al gioco dei ragazzi" «Ora il determinismo incontra il libero arbitrio. Sceglierò le gare che voglio, utilizzerò le bici e i componenti che desidero, mi sentirò come fossi un pioniere e la cosa in questo momento della mia vita mi diverte e mi stimola. Prendete Morton: lui ha cambiato il modo di intendere il ciclismo. Il suo è uno stile, è vero. E c'è chi dice lo fa perché è anticonformista o perché ha una mentalità estrosa, io penso che sia più semplice: lo fa perché gli piace andare in bicicletta».
Non è più il bambino che gioca al gioco dei bambini, Haas, nemmeno il ragazzo privilegiato con tutto il suo futuro già determinato, si sente maturo ma senza rimpianti, più di ogni altra cosa vuole andare in bici e crede solo di essere in una nuova fase della sua esistenza. E così quando ci pensa esclama: «Gravel, non vedo l'ora!».