Dirsi la verità a qualunque costo: intervista a Giovanni Lonardi
Giovanni Lonardi si augura di ricordare per molto tempo la vittoria alla Clàssica Comunitat Valenciana a fine gennaio. Tra l'altro, in quella gara, Lonardi non avrebbe nemmeno dovuto esserci ed è stato convocato pochi giorni prima per sostituire un compagno. A inizio stagione le sue gambe hanno sempre girato bene, il punto è che quella sensazione di serenità che lascia la vittoria rischia di svanire presto se non ci si ripete e questo è un problema.
Non è stato un anno facile l'ultimo per Giovanni, per questo ha scelto di cambiare squadra e di passare dalla Bardiani alla Eolo-Kometa. Qualcosa si era rotto dopo la mancata convocazione al Giro d'Italia, uno dei traguardi più importanti per una Professional. Cambiare non gli piace, se sta bene, anzi, è abbastanza abitudinario ma, a venticinque anni, è certo che se le cose non vanno bisogna assumersi la responsabilità di cambiare. Sempre quei venticinque anni lo hanno portato a riflettere sulla sincerità nel proprio lavoro: «Non correre un Giro d'Italia fa male soprattutto quando sai che avresti avuto la forma per partire. Da corridore è difficile ammettere che non si è pronti e chiedere al direttore sportivo di scegliere un altro. Davanti a quell'occasione si diventa egoisti. Penso sia fondamentale trovare quel coraggio, anche se pesa, e far notare al direttore sportivo ciò che magari non ha notato, anche se significa rinunciare a una tappa importante della stagione».
Giovanni Lonardi ha cambiato, sarebbe potuta andare male, invece è ripartito col botto. Ammette che serve coraggio per scegliere perché non sai mai come andrà, ma non vuole porre l'accento su questo aspetto perché «nella vita normale è tutto più difficile. Io ho cambiato ma faccio comunque il ciclista, ci sono persone che lasciano il proprio lavoro e devono reinventarsi in ruoli di cui non conoscono nulla». Il suo ruolo, ad oggi, è quello di velocista, non puro però. Quella gamba veloce di cui è dotato fa la differenza soprattutto in percorsi mossi, quando lo sprint è in un gruppo ristretto. La vittoria che glielo ha fatto capire a Forlì, nel 2018, al Giro Under23. Di strada ne ha fatta molta da quel giorno, assegnando sempre maggior valore al lavoro, perché da ragazzo gli capitava di prendere alla leggera qualche allenamento. Poi si cresce e si matura.
Per questo, se guarda avanti, Lonardi si lascia più possibilità: «Magari resterò velocista, magari scoprirò che sarei più utile come ultimo uomo. Ma non è detto, potrebbe essere necessario migliorare in salita. Bisogna essere pronti a cambiare, essere agili in questo senso». Per intanto, continua a provare il treno che deve guidarlo in volata, sicuro del fatto che per quanto si provi, la vera prova è la gara perché ci sono situazioni non simulabili in allenamento.
Crede che la sicurezza stradale sia un punto su cui ognuno ha il dovere di lavorare, perché le cose non sono ancora cambiate. Del ciclismo gli piacciono molti aspetti, viaggiare ad esempio, ma, da quando è diventato un lavoro, qualcosa è cambiato: «Una vittoria ti lascia molto più di ciò che ti tolgono i sacrifici. Per mettere il bilancio in pari bisogna anche vincere. Capita il giorno in cui sei contento anche solo di allenarti e questo vuol dire molto, però, in una carriera, di giorni ce ne sono tanti e uscire in allenamento non è sempre così piacevole. Soprattutto se ti alleni e i risultati non arrivano».
È giovane e, in un modo o nell'altro, si sente vicino a quei ragazzi che alla sua età devono smettere e ricominciare da capo. Lui non ha mai pensato a cosa avrebbe fatto se non avesse fatto il ciclista, ma il suo realismo gli impone di pensare a cosa avrebbe fatto se non avesse trovato una squadra o se dovesse trovarsi in una situazione simile. «Siamo troppo giovani per avere già da parte qualcosa che ci permetta di aspettare a cercare un lavoro. Non sono per restare attaccato a tutti i costi al ciclismo: fino a quando ci sono le possibilità per farlo e farlo in un certo modo sono contento di essere ciclista. Se non fosse capitato avrei cercato un altro lavoro, senza troppi rimpianti. Dobbiamo avere il coraggio di dirci chiaramente quando non è il caso di insistere. Si tratta di onestà con se stessi».