La storia di Natnael Tesfatsion
Il suo vero nome è Natnael Tesfatsion, ma in Androni Giocattoli Sidermec per tutti è “Natalino”. I massaggiatori ci raccontano che dopo vari tentativi e vari nomi sbagliati, glielo hanno chiesto: «Ti piace Natalino?», lui ha acconsentito e da allora il suo nome è quello.
Natnael è esattamente come potete immaginarvelo: tantissimi capelli ricci e un sorriso solare che si intravede anche dietro la mascherina. Ci racconta subito che non parla molto bene l’inglese ma, in compenso, conosce molte parole italiane. «Dopo la colonizzazione molti termini sono rimasti anche nel nostro linguaggio. Per esempio tutti quelli che riguardano la bicicletta: freno, manubrio, forcella, catena, rapporti. Non solo: anche scarpe e ciabatte. La prima volta che sono sceso a cenare in ciabatte i miei compagni ridevano e scherzavano, mi prendevano in giro. Li ho avvertiti: guardate che ho capito, so cosa sono le ciabatte». Racconta e sorride.
Poi ride di gusto pensando al suo arrivo in Italia. «Sono arrivato a marzo e nonostante qui si parli di primavera, io stavo congelando. Noi siamo abituati a venti gradi costanti, sono arrivato in maniche corte. La signora che mi ha ricevuto mi ha detto: «Ah ma allora sei già abituato alle nostre temperature, non le soffri». Non sapeva che ero praticamente ghiacciato». Natnael è nato ad Asmara, in Eritrea. «Qualunque cosa dicessi di Asmara, sarebbe una frase fatta. Sì, è la mia città natale ed è la mia terra. È il luogo dove vive la mia famiglia. Asmara è una vecchia città per bene. C’è aria di accoglienza, voglia di essere ospitali, di stare insieme. A noi piace la compagnia».
«Non sono il più bravo fra i ciclisti eritrei. Ce ne sono tanti meglio di me, ma purtroppo non hanno la possibilità di venire in Europa e correre qui. Sarebbero bravissimi, sarebbero l’orgoglio di tanti bambini che da grandi si immaginano vincitori del Tour de France, in maglia gialla. Anche io facevo quel sogno da piccolo. Lo faccio ancora oggi. Però è difficile, per loro è difficile anche solo pensare di intraprendere questa strada».
Vive a Lucca. «Mi piace molto la mia nuova città. Lì vicino c’è Pisa, con la sua Torre pendente e l’aeroporto. Per noi è un modo per sentirci vicino a casa, sappiamo che possiamo ripartire quando vogliamo. Ci dà sicurezza. Se ci fate caso tanti ciclisti eritrei vivono a Lucca o a Pisa». In Italia gli piace molto la pizza, di Asmara sente la mancanza di un piatto chiamato Injera. «Non saprei spiegare come è fatto, ma devi fidarti: è buonissimo. Se ci rivediamo te lo faccio assaggiare».
Natnael è molto religioso, per questo ha chiesto che il giorno di riposo possa essere la domenica, perché vuole andare a messa. Il suo credo pervade ogni campo, come un’essenza. «Sono uno scalatore, mi piacciono le montagne, mi piace scalare. Mi piace arrampicare. Tra l’altro, essendo scalatore, sento più vicino a me quel sogno: il Tour de France. Gli scalatori possono vincere il Tour. E a prescindere da questo, io sono certo che chiunque lavori duro, seriamente, possa fare grandi cose. Anche se sembrano impossibili. Se ti impegni, devi crederci, ci arriverai. Se non potessi realizzarle, non avresti neanche la possibilità di sognarle. Ne sono certo».
Foto: Luigi Sestili