Quel mal di gambe dalla Francia fino a Ninove

Intanto, per iniziare, oggi appuntamento con un bel giro mattutino in bici. Buona idea sfruttare la giornata tutto sommato fresca, ma con il sole che già verso mezzogiorno saliva quasi a picco. Poi un pranzo veloce e preparazione per un sabato ciclistico totale: divano, birra gelata, se possibile, due dispositivi accesi perché da una parte la prima gara in Belgio dell'anno (Omloop Het Nieuwsblad), sul pavé, e basta dire pavé per accendere qualcosa: quattro lettere che raccontano il fascino di questo sport; dall'altra, in Francia, la Faun-Ardèche Classic che detta così saprebbe di poco, ma misurava il polso ad Alaphilippe e Roglič, tra gli altri, su un percorso duro, quasi montagnoso, più che vallonato.

Praticamente una sfida, se avessimo sovrapposto i due schermi, tra pietristi e liegisti, tra puncheur e scalatori, tutta una serie di neologismi che inquadrano bene il ciclismo.
Torcicollo, a farci compagnia, un po' per l'esercizio in bici, gratificante per carità, perché quando arrivi a casa e ti senti le gambe indolenzite, sei soddisfatto oltremodo, questione di chimica, un po' perché non è mica facile girare la testa per un paio di ore di qua e di là: di qua Roglič e Alaphilippe attaccano a turno, di là gara lineare per un'ora abbondante e c'è il rischio di addormentarsi non fosse per l'adrenalina in corpo e per quelle punture di spillo che ti arrivano al cuore (no, il giro in bici stavolta non c'entra) dato dalle immancabili cadute.
Poi la corsa si accendeva in Belgio, finalmente, in modo naturale: muro dopo muro, le gambe fanno male, mentre in Francia McNulty partiva in progressione e tutto solo si involava verso la vittoria.

Faun-Ardeche Classic 2022 - 22th Edition - Guilherand Granges - Guilherand Granges 168,5 km - 26/02/2022 - Brandon McNulty (USA - UAE Team Emirates) - photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Ma torniamo nelle Fiandre, in mezzo a quelle case dove almeno una volta nella vita abbiamo pensato che sarebbe carino viverci anche solo per un giorno; tra quelle strade dove abbiamo pensato che almeno una volta nella vita ci piacerebbe pedalare. Ripartiamo dal Muur, o da qualche muro prima con Benoot che se ne fregava del mal di gambe, ma attaccava fungendo da appoggio a van Aert - quanto è mancato un corridore così lo scorso anno al belga?
Poi ecco il Muur, "abitato di Geraardsbergen" (citazione dovuta), Kapelmuur, oppure detto anche, diamo sfoggio delle nostre conoscenze: il Muro di Grammont, che più che separare i vincitori dai vinti rimescolava le carte e continuava a indurire le gambe. Infine il Bosberg. Accoppiata mitica se ce n'è una, Muur-Bosberg.
Quando van Aert partiva (sul Bosberg) dalla nostra bocca usciva un: "è fatta!", e allora per un attimo ancora uno sguardo sull'altro schermo per notare come entrambi scuotevano le spalle danzando sulla bici: l'azione di McNulty era efficace in salita, tutta gambe, quasi studiata a tavolino grazie a una condizione che da inizio stagione non sembra vacillare; l'azione di van Aert erano watt che si sfracellavano sulle pietre come quando il campione belga mostra la sua forza nel ciclocross. Van Aert andava, eccolo, "è fatta!" e lo rivedevano al traguardo.
A fine corsa la telecamera si soffermava su Mohorič e Colbrelli (2° alla prima gara stagionale, niente male, piaciuto molto sul Berendries quando si è riportato su van Aert, Pidcock, Narvaez e Benoot); Mohorič sembrava dire, allargando le braccia, "quello lì oggi era troppo forte, abbiamo fatto tutto il possibile".
Già, perché le gambe di van Aert se facevano male, facevano male appena - e comunque meno delle nostre - questa l'impressione, mentre si involava verso Ninove tutto solo e ad attenderlo moglie e figlio.


Arrivano le pietre: chi c'è c'è

«Non ci sarà Julian: questo è un gran peccato» racconta Kasper Asgreen, vincitore di Harelbeke e del Fiandre nel 2021, alla vigilia della Omloop Het Nieuwsblad. Il danese afferma di come il suo grande obiettivo sarà la Roubaix e quindi ci sarà tempo per parlarne.

E arrivano le pietre domani, così all'improvviso da non accorgersene; in Belgio il manto di erba e fango muta forma in asfalto e ciottolato. Dossi diventano muri, le bici prendono una forma ancora più aggressiva; il numero competitivo di nazioni in gara aumenta esponenzialmente anche se alla fine saranno loro, belgi soprattutto, ma anche olandesi, a voler prendere in mano il gioco che non è un gioco, rappresentati da due delle squadre più forti del circondario.

Non ci sarà Julian che sta per Alaphilippe: un annetto fa ci provò (quasi) letteralmente in ogni modo, ma rimbalzò - per modo di dire, è vero: non era il miglior Alaphilippe possibile. Indurì le gambe degli avversari spianando la strada per uno sprint di sessanta corridori che permise al compagno (di squadra, in quel senso) Davide Ballerini, brillante, veloce, talentuoso, di conquistare il successo più importante in carriera: nemmeno lui ci sarà domani ed è un gran peccato, ma è l'epoca del Covid e le starting list stanno diventando spesso un terno al lotto.

Non ci sarà Mathieu van der Poel, mamma mia quante volte ne stiamo parlando, sembra che lo mettiamo in mezzo più oggi che è assente che ieri quando era presente, ma che ci volete fare. Poi per il resto, più o meno tutti presenti, a dare spettacolo su quelle che potrebbero essere pietre polverose - previsto bel tempo e quasi calduccio, anche se molti, saremo comunque al nord, preferiranno correre con i pantaloni lunghi, considerando che diversi faranno il loro debutto dopo belle pedalate al tepore della Spagna.

Ci siamo persi, scusate: a dare spettacolo, dicevamo, più o meno tutto il resto del mondo a cui piace le pietre e capace di adattarsi in pieno a un percorso che porterà il gruppo da Gent a Ninove per 204 km. Non una passeggiata di salute di quella che faresti chiacchierando col tuo amico di gita fuori porta magnando un panino e aspirando a una buona birra fresca a fine giornata: 13 muri, nove tratti in pavè, finale che ricorda il vecchio Fiandre, quello che ai quasi quarantenni come me fa venire i brividi perché gli ricorda Bartoli: Muur più Bosberg accoppiata perfetta, e via verso il traguardo. Spazio per attaccare ce n'è, per fare la selezione ce n'è.

Squadre faro ne possiamo trovare due e appunto si torna a quel discorso Belgio vs Olanda, Quick Step contro Jumbo Visma; per diversi motivi la Quick Step (vedi l'assenza di Ballerini), potrebbe fare corsa pazza all'attacco - Štybar, Lampaert, lo stesso Asgreen, oppure Sénéchal che ama entrambe le opzioni: sia corsa dura che volata - insomma materiale ne hanno a sufficienza per sbizzarrirsi.

Curiosità per capire il nuovo corso Jumbo nelle classiche, anche se mancherà Laporte, assenza tutt'altro che da sottovalutare, ma con van Aert ci saranno Teunissen, Benoot e Van der Sande.

Favoriti tanti, outsider pure, sarà il primo assaggio del Nord e tanti elementi saranno da verificare, un nome su tutti: quello di van Aert chiaramente, mentre a noi, fra i vari, piacerebbe vedere davanti Colbrelli, anche lui all'esordio stagionale e quindi da misurare. Oppure Trentin e Covi, quest'ultimo ha dato prova di grande condizione.

Tuttavia che importa chi vince, arrivano le pietre, chi c'è c'è, non vedevamo l'ora: da qui a fine aprile ogni week end sapremo cosa fare: gustarci il meglio che il ciclismo delle corse di un giorno sa offrire, tra Belgio e Italia, con un paio di capatine in Francia e Olanda, e per distrarci un po' da tutto quello che succede.