Il mestiere di pedalare

Il 6 ottobre del 2021 William Bonnet ha smesso di pedalare in gruppo. «Non del tutto però: prima di finire la stagione sarò impegnato ancora in due gare di ciclocross, una per fare un favore al mio amico Minard, una in memoria di Coyot (ex professionista francese morto in un incidente stradale nel 2013 NdA)» aggiunge, poi, in un'intervista rilasciata sul sito ufficiale della sua squadra, la Groupama-FDJ, di fare schifo con la bici fuoristrada e che una volta appesa davvero la bici al chiodo, la userà solo per farsi ogni tanto un giro con gli amici.

Non ha rimpianti William Bonnet, 39 anni, 17 anni da professionista, poche vittorie ma niente male: l'ultima della sua carriera alla Parigi-Nizza, 11 anni fa che è un'epoca fa, e Bonnet, fisico da granatiere, spunto veloce, superò sul traguardo un ventenne Peter Sagan. Erano esattamente i giorni in cui Sagan si rivelò al mondo - e difatti Sagan vinse due delle tre tappe successive e furono le prime due vittorie da professionista. Ma quelli erano anche i giorni in cui Bonnet iniziava a trasformarsi: da uomo veloce a uomo squadra, affidabile regista in corsa a cui gli affideresti persino il tuo cuore. Cosa che nella sua squadra faranno.

Il tempo corre via veloce e non ha rimpianti, Bonnet, anche perché di recente non si sentiva più competitivo: «Alla fine della scorsa stagione mi sentivo ancora in grado di dare ancora il mio contributo, ma adesso no e va bene così. Ho dato tutto, ho 39 anni e il mio fisico non risponde più come vorrei». Non ha paura del vuoto, di quello che sarà, e anzi subito dopo il traguardo della sua ultima corsa si è come liberato di un macigno iniziando a restituire le sue cose alla squadra. «Mi concentrerò più sul futuro che sul passato».

William Bonnet ha sempre avuto l'inflessione da poliglotta della bici, la mania del tuttofare: non potrebbe mai aver rimpianti uno che è stato capitano prima, dove poteva, e poi gregario, ovunque: in volata, in salita, nelle classiche del nord, nei grandi giri; uno che sostiene di come, la più grande soddisfazione della sua carriera sia stata quella di sapersi rinnovare, di volta in volta, di stagione in stagione, persino di corsa in corsa. «Ho partecipato a eventi che non pensavo di disputare: tutti i grandi giri, tutte le monumento; sono passato da essere uomo da treno del velocista, a corridore da pavé, da corridore da Ardenne, a scalatore. Ogni volta una nuova sfida e ciò che mi aiutava di più a crescere era la fiducia che sentivo intorno».

Ecco, fiducia forse è la parola che identifica meglio quello a cui Bonnet è andato incontro per il suo mestiere di pedalare. E poi c'è la fortuna che gli ha fatto incontrare sul suo cammino Pinot come se il cammino di ognuno fosse fatto esattamente per incrociare quello della persona giusta. «Perché ci siamo trovati così bene assieme? Ci sono cose che non si possono spiegare. Pinot è una bella persona, matura, spontanea, ti dà molto in cambio. Assieme abbiamo vissuto emozioni folli in bici, ma soprattutto momenti di vita al di fuori delle gare che mi sono rimasti impressi. Lui sa quanto lo apprezzo, sa quanto ho sempre voluto aiutarlo e sacrificarmi per lui l'ho sempre ritenuto giusto. Perché non è solo come corridore che ti spinge a fare ciò. È l'uomo Pinot che ti segna, che ti ispira, che ispira tutti»

E il 6 ottobre è la data scelta per l'ultima corsa - la Milano-Torino, per farlo proprio di fianco a Pinot. Di quel giorno Bonnet descrive la mattina, uno striscione con dedica in suo onore, le ultime chiacchiere in gruppo alla partenza, persino i genitori per strada e poi l'ultimo posto: 109° su 109 al traguardo. «Era fuori discussione non la concludessi la gara. Mi sono voluto godere ogni attimo, ho visto i miei genitori a bordo strada, ho scambiato qualche parola con chi incrociavo per strada. Alla sera mi sono concesso qualche drink prima di ringraziare la squadra».

Soprattutto Pinot, con il quale in carriera ha corso assieme 268 volte. I due hanno diviso momenti di gioia, come momenti drammatici che sono quelli poi che nella vita tendono a cementificare di più i rapporti. Le lacrime di Pinot verso Tignes al Tour del 2019 o la caduta tremenda di Bonnet al Tour nel 2015 sono un esempio concreto. E Pinot ha scritto una lettera nei giorni scorsi per ringraziare quello che è un amico prima ancora che un compagno fedele, con la solita sensibilità che fa di Pinot una delle persone più interessanti del gruppo. Chiudiamo proprio con un omaggio di Pinot al suo ex capitano: «Sarebbe riduttivo parlare di Bonnet solo come corridore. Era ed è per me tuttora un fratello maggiore, una fonte di ispirazione. Sapeva come trasmettere un messaggio in poche parole e io ne ho sempre cercato di seguire l'esempio. Non dimenticherò mai tutto quello che ha fatto per me. I leader, in un gruppo, non sono sempre coloro a cui pensi guardando i successi, i risultati. William era un leader vero e volevo che tutti lo sapessero». William conosceva davvero il mestiere di pedalare.