La serenità de "La Roja" norvegese

E nemmeno oggi sono riusciti a strappargliela via. Oggi che tra caldo e salite c'era tutto per scalfire anche il più duro dei colossi. C'era terreno per fare del male, ma si è preferito puntare su una velocità costante, non blanda, certo, quello no per carità, i corridori vanno su a ritmi asfissianti che non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo.
Nemmeno oggi sono riusciti a fargli del male o a strappargli quel sorriso dal volto. A scalfirne tutta la tranquillità che trasmette; chilometro dopo chilometro ondeggiava, vero, ma teneva duro, resisteva, battezzava le ruote giuste.

Anche quattro anni fa alla Vuelta lo videro barcollante: fu espulso prima dell'ultima tappa perché, secondo il suo ex diesse Marc Madiot, arrivò al mattino ancora ubriaco dalla sera prima.
«È allucinante quello che è successo - disse Eiking giorni dopo - ero uscito con Ludvigsson a bere due birre. Prima di me lo avranno fatto in migliaia di noi. Se non fossi stato in scadenza di contratto non sarebbe mai successa una cosa del genere».

Questo è un momento d'oro per i norvegesi, anzi è il Momento, e giorno dopo giorno Odd Christian Eiking acquisisce quella consapevolezza di cui sembra intriso tutto il loro ciclismo. Corre col sorriso, si stacca, sì, ma si stacca il giusto, in un mondo dei Grandi Giri che si trasforma, qui alla Vuelta, in un lungo tenere il ritmo, mandare via la fuga e poi volata finale anche in salita.
A EIking non dispiace; anzi probabilmente in questi giorni si sveglia al mattino - sobrio, possiamo giurarci - e spera che tutto continui ad andare così: Jumbo Visma a fare l'andatura e poi qualche scattino verso il traguardo.

Domani sarà un altro giorno complicato, salite da bere tutto d'un fiato. Magari come quella Bière des Amis che si è scolato qualche giorno fa al termine dell'ennesima fatica: perché quando sei leader di una corsa sembra tutto così amplificato.

Su quella birra c'è scritto in grande "non condividere". Un'idea che Eiking sta facendo sua pensando alla maglia rossa che porta.

Foto: ASO/Luis Angel Gomez


Qualcosa di magico

Qualcosa di magico avvolge Nino Schurter. Lo si percepisce sempre: quando si passa davanti al gazebo della sua squadra, il Team Scott-SRAM, persone affacciate da mezz’ora gridano ogni volta che vedono un’ombra muoversi; quando online si legge il suo nome, scritto universalmente N1NO; quando viene annunciato di fianco a "nove volte campione del mondo" e questo rende tutti felici, al punto che si applaude come avesse vinto un atleta di casa.

Qualcosa di magico ha avvolto la prova di oggi di Marika Tovo. La sua famiglia e le persone a lei vicine si sono alzate alle cinque del mattino per arrivare puntuali in Val di Sole, fissare un cartello col suo nome, tifare più forte possibile. Mentre saliva per i tornanti dell’ultimo giro, sua madre li ha percorsi di corsa uno a uno per incitarla, facendosi largo tra il pubblico.

Qualcosa di magico passava nella mente di Evie Richards quando ha realizzato che nessuno l’avrebbe più presa. Davanti ai microfoni si copre la faccia, piange, abbraccia tutti. Si collega via telefono con qualcuno per dire i primi grazie, i primi ciao da campionessa del mondo: ha dato un minuto a tutte. Una volta ricomposte le emozioni, pronuncia un paio di frasi fortissime: «Quando sono felice, vado più forte. Durante il Covid è stata dura, ma dopo le Olimpiadi per la prima volta non ho dovuto fare la quarantena al rientro. Ho visto amici e famiglia, è stato bellissimo. Quando sono felice lontano dalla bici, in sella sono ancora più forte».

Qualcosa di magico avvolge tutte le persone che vivono nel bosco una gara di mountain bike. La polvere alzata dalle ruote dei corridori rende l’aria onirica. Se si è fortunati, i raggi di luce entrano trasversali agli alberi, creando un gioco di ombre e luci senza uguali. Le persone portano qualcosa con cui fare casino, una maglietta del fan club o portano semplicemente qualcuno a cui vogliono bene.

Qualcosa di magico avvolge la Val di Sole questi giorni. Potrebbe essere il Mondiale, certo, con tutte le maglie assegnate, il fascino dell’iride. Potrebbero essere tutte le diciassette medaglie d’oro assegnate, mai così tante. Potrebbe essere che – parafrasando Peter Sagan – se qualcosa deve proprio accadere, beh, se accade in un bosco pieno di biciclette è meglio.

Foto: Michele Mondini