Fiandre Bianche

Non bastavano le pietre, i muri, la competizione, il chilometraggio. Non bastava l'attesa: terribile compagna. Non bastava l'idea di una corsa dura, tremenda, altrimenti detta sporca, per fiamminghi. Non bastava il cielo nero o il fatto di correre al nord.

Stamattina i muri delle Fiandre si sono presentati imbiancati. Abbiamo il massimo rispetto per i corridori e quindi ci fa piacere che sia solo l'antivigilia e che domenica, in teoria, ma qui siamo in Belgio e con il meteo non si scherza, dovrebbe fare "solo" freddo. Allo stesso tempo il binomio Ronde-neve ha qualcosa di incredibilmente magico, poetico, epico. Qualcosa che solo il ciclismo ci sa dare.

A Oudenaarde, durante il giorno, le facce della gente erano arrossate dalle forti raffiche di vento. Dal cielo veniva giù ormai appena qualche fiocco. Tutto si muoveva fuori tempo, atmosfera gotica, spettrale, da nord Europa. Si stava bene solo con una birra in mano dentro a un locale. Fuori da quei bar, però, si sono visti migliaia di ciclisti che a turno andavano a ritirare il pacco gara per la corsa amatoriale che si terrà domani. Mentre nel frattempo sui muri della campagna intorno, qualche professionista effettuava la ricognizione.
Si è montato il traguardo e il palco delle premiazioni, e a destra la Schelda pareva ferma, immobile, di ghiaccio. Mentre le colline fiamminghe, intorno, restavano imbiancate.

Su e giù per i muri con in testa Wout van Aert

Sarà come sarà. Sarà comunque una festa, anzi la Festa, ma ugualmente per molti belgi l'antivigilia della Ronde assume per alcuni momenti i tratti dello psicodramma.
Salivo - rigorosamente a piedi - l'Oude Kwaremont, immaginandomi il bordello che ci sarà domenica dietro la transenne e il fracasso che faranno sulle pietre i corridori, quando arriva la notizia: "Wout van Aert ammalato, forse non correrà domenica".
C'è un ragazzo che mi sta facendo compagnia lungo uno dei muri decisivi della corsa e resta senza parole quando glielo dico. Una volta montato in auto per percorrere quello che sarà esattamente il finale di gara dall'Oude Kwaremont fino a Oudenaarde - con un passaggio obbligato anche sul Taaienberg - la radio parla di van Aert.
Entro in un bar e sento dire (o meglio: capisco solamente) "Wout van Aert, Wout van Aert, Wout van Aert".
A quel punto chiedo delucidazioni: ma di cosa staranno mai parlando! Fossi io ad avere le allucinazioni e capendo da quei discorsi solo qualcosa tipo "Wout van Aert". E invece è proprio così: non si fa che discutere di van Aert e della sua possibile assenza.
Decido così di chiudere il giro e tornare a godermi le strade che faranno i corridori domenica, nonostante il freddo - e mentre scrivo in questo momento, mattina di venerdì 1 aprile, nevica e c'è un forte vento.
Qui il clima cambia repentinamente, e in dieci minuti c'è la possibilità di apprezzare a pieno tutte le sfumature: ghiaccio, freddo, cielo grigio e poi di nuovo blu quando un forte vento decide di spazzare vie le nuvole.
Su internet si susseguono le "ultime notizie" con i commenti di esperti, direttori sportivi che seminano il panico sulla corsa e sulla tattica, giornalisti che parlano del dramma di una possibile assenza di van Aert.
C'è anche chi spera possa essere solo una sorta di pretattica, magari giusto un leggero raffreddore, e oggi proprio perché nevica, Wout, te ne puoi stare al caldo a ricaricare e ci vediamo domenica perché ci aspetta qualcosa di magico, una sfida che aspettiamo da almeno un anno, come qui aspettano ogni anno questa corsa.
Inutile sottolineare come anche io, anche noi apparteniamo alla categoria degli speranzosi. O sognatori oppure ingenui, fate voi.