Non bastavano le pietre, i muri, la competizione, il chilometraggio. Non bastava l’attesa: terribile compagna. Non bastava l’idea di una corsa dura, tremenda, altrimenti detta sporca, per fiamminghi. Non bastava il cielo nero o il fatto di correre al nord.

Stamattina i muri delle Fiandre si sono presentati imbiancati. Abbiamo il massimo rispetto per i corridori e quindi ci fa piacere che sia solo l’antivigilia e che domenica, in teoria, ma qui siamo in Belgio e con il meteo non si scherza, dovrebbe fare “solo” freddo. Allo stesso tempo il binomio Ronde-neve ha qualcosa di incredibilmente magico, poetico, epico. Qualcosa che solo il ciclismo ci sa dare.

A Oudenaarde, durante il giorno, le facce della gente erano arrossate dalle forti raffiche di vento. Dal cielo veniva giù ormai appena qualche fiocco. Tutto si muoveva fuori tempo, atmosfera gotica, spettrale, da nord Europa. Si stava bene solo con una birra in mano dentro a un locale. Fuori da quei bar, però, si sono visti migliaia di ciclisti che a turno andavano a ritirare il pacco gara per la corsa amatoriale che si terrà domani. Mentre nel frattempo sui muri della campagna intorno, qualche professionista effettuava la ricognizione.
Si è montato il traguardo e il palco delle premiazioni, e a destra la Schelda pareva ferma, immobile, di ghiaccio. Mentre le colline fiamminghe, intorno, restavano imbiancate.