Quando piove al Giro
Quando piove, il Giro d’Italia assume tratti diversi. Sono già diversi giorni che il tempo non è esattamente quello della scorsa edizione: non c’è caldo, il sole non picchia sulla corsa, nessun ciclista sta in pantaloncini e maglia corta. Durante la Atripalda-Salerno, però, il meteo è peggiorato. Una pioggia da Blade Runner si è abbattuta sul percorso di gara dal chilometro zero, anzi da ancora prima: Damiano Caruso si è accorto della «giornata umida» già in albergo, quando lo abbiamo incontrato lungo in corridoio.
Forse l’ibleo era ironico, forse sottostimava l’assurda quantità di pioggia che cade ogni anno in Irpinia: «Siamo a soli 200 metri d’altitudine, ma qui fa sempre così. Secondo me piove almeno 300 giorni l’anno» afferma Mary, che col compagno gestisce il bar Moon’s Face, davanti al quale i bus delle squadre hanno parcheggiato per preparare la partenza. Mentre mi riparo come posso, due britannici stanno vivendo temperature molto diverse, a giudicare dalle apparenze: Mark Cavendish è in maniche corte, quasi rilassato, mentre Tao Geoghegan Hart ha tirato su lo scaldacollo fin quasi ai capelli.
Con la pioggia sul Giro, si fa più timida la gente a bordo strada e diventa meno colorato il plotone dei ciclisti: le mantelline, per esigenze di fabbricazione, sono spesso tutte nere. Remco ne ha una con l’iride e poco altro. Nemmeno Cavendish ha la mantellina di campione britannico. Sul percorso, la gente sfida la pioggia sotto gli ombrelli, come Lukas Pöstlberger per andare al foglio firma. Le strade sono più scivolose, il freddo entra nelle ossa dei corridori e avrà effetti imperscrutabili nei prossimi giorni, si bagnano le scarpe di tutti i meccanici. Anche i ciclisti più esperti possono attraversare la linea del traguardo separati dalla loro stessa bici, com’è successo a un rotolante Cavendish. Eppure il Giro va avanti e oggi scriverà un’altra pagina del suo romanzo: magari non più intrisa di pioggia.
L'attimo
Probabilmente giornate come queste sono quelle in cui risulta più difficile concepire l'attimo, gli attimi. Sì, perché, con la pioggia battente già sui vetri della finestra dell'albergo, all'alba, le ore di corsa, quattro e mezza in totale, ma apparentemente infinite, sono solo un ammasso nebuloso, informe. Un peso da portarsi sulle spalle, lì dove continua a battere fitta l'acqua, un banco di nebbia da attraversare, cercando qualcosa dall'altra parte. Qualcosa che, spesso, in giorni come oggi, non si ritrova. Un mestiere duro quello del ciclista, forse, soprattutto in giorni così, in cui i rischi sono più delle opportunità, almeno apparentemente. Non è l'altimetria a complicare una giornata che potrebbe essere una delle tante, ma un cielo cattivo che rovescia acqua e un asfalto viscido su cui si pattina quasi. Eppure l'attimo esiste anche oggi, anzi, esistono anche oggi gli attimi.
Della fuga abbiamo parlato più volte, e pare ovvio ribadirlo, ma per Champion, Gandin e Zoccarato l'attimo è stato a inizio gara, quello che li ha separati dal gruppo e li ha illusi di trovare qualcosa al di là di quella nebbia. Non ne valeva la pena se doveva essere un'illusione, dirà qualcuno. Invece, si va avanti anche per illusioni, che, se non fosse per loro, giornate così non si inizierebbero neppure. L'attimo è quello di una borraccia che, abbandonata da un corridore, finisce a bordo strada, e in quell'attimo c'è qualcuno che è proprio lì, che può raccoglierla, portarla a casa. Un attimo solo, di tempo e spazio: un attimo prima o un attimo più in qua o più in là e non c'è borraccia, non può esserci, resta l'attesa e lo sguardo verso chi quella borraccia la stringe in mano.
Gli attimi sono quelli che precedono una caduta, una scivolata, l'ultima cosa che si vede prima di finire a terra, l'ultima cosa a cui si stava pensando prima di quel momento in cui la bicicletta va altrove e si resta "senza". Gli attimi sono quelli dopo una caduta: Remco Evenepoel a terra, seduto, senza muoversi, senza parole. Gli attimi in cui si cerca di capire cosa sia successo, si teme di sentire male a muoversi, di scoprire un dolore che immobile non si sente, di non riuscire a ripartire. Sono attimi senza fine, attimi che vengono riempiti dal nervosismo del dopo, che altro non è, se non paura passata. Due cadute in una giornata per Evenepoel, apparentemente senza grosse conseguenze fisiche, ma con quegli attimi farà comunque i conti Remco. Sono attimi che fanno sentire fragili, che tolgono la sicurezza anche all'uomo più forte del momento.
Attimi che dovrebbero far riflettere anche chi è a bordo strada, a vedere, perché dalle scelte di un attimo possono dipendere quelle cadute. E anche quando si è spettatori, anche quando si sta a guardare, forse soprattutto, l'attenzione è fondamentale: non è un gesto passivo guardare, è attivo. Quando si guarda, si fa, si è lì, presenti. Quando si è presenti, ovunque, serve cura.
Anche le gallerie conoscono i loro attimi: momenti in cui le spalle, gli occhi, le mani, il volto trovano pace dall'acqua e non sembra vero. Sono attimi in cui le gocce non scorrono sulla mantellina per poi piovere a terra. Si trova l'importanza delle cose in giornate come questa, la si inventa, si conferisce una nuova importanza a quel che si attraversa.
La volata è attimo per eccellenza. L'attimo in cui l'ultimo uomo lancia il proprio velocista, l'attimo in cui il velocista stesso parte e ancora l'attimo in cui si mette la propria ruota davanti agli altri e quello in cui si arriva per primi su una fettuccia bianca che è la fine del mondo. Kaden Groves vince così, dopo una caduta, dopo una giornata difficile. Gli abbracci con i compagni sono, in realtà, uno scambio di acqua, che ha impregnato tutto. Stamani chi avrebbe cercato un attimo come questo, un attimo di felicità pura, in un alba di pioggia e freddo? Ben pochi, probabilmente. Ma è così che funziona: gli attimi importanti vanno cercati pure in mezzo al nulla, al vuoto, anzi, soprattutto lì, perché è lì che si annidano. È lì che hanno la possibilità di cambiare qualcosa. Questa è la loro funzione. La nostra, quella di chiunque, è di non smettere di cercarli, di credere che ci siano.