Il Gran Tour delle Colline Metallifere
Dai e dai il giorno è arrivato. L’idea sembra buona, il territorio e le istituzioni sono in sintonia, del resto i costi sono minimi e il vantaggio di tutti, potenzialmente, è grande, poi le Colline Metallifere sono fantastiche, un meraviglioso scenario di wilderness, storia, e miniere. Sì, perché il Parco Nazionale delle Colline Metallifere, oltre ad abbracciare una grande area coperta da boschi e macchie senza quasi soluzione di continuità, ingloba centri abitati di origine medievale, antichi castelli nei cui vicoli si respira ancora l’aria dei secoli passati. Il Parco nasce però per la sua storia mineraria e prima ancora per le sue eccezionalità geologiche e mineralogiche, ed è per questo che dal 2015 è stato eletto Geoparco dell’Unesco.
L'idea di un giro in bici, nella formula del brevetto, nasce dalla volontà del sottoscritto, appassionato ciclista nonché Guida Ambientale del Parco dalla sua nascita. Conoscenza del territorio, di ogni sentiero e strada, ma anche di tutte le emergenze del Parco creano il connubio perfetto: un percorso che sia divertente e che permetta di conoscere aspetti che altrimenti sarebbero difficili da scoprire, nascoste come sono nelle fitte macchie delle Colline Metallifere.
Ne parlo col mio gruppo ciclistico, i Free Biker Pedale Follonichese, sono tutti entusiasti, ci sono molti appassionati di gravel e tutti si prestano ad accompagnarmi nei giri di preparazione del percorso, con Mirko e Luca fissiamo le prime tappe e al tavolo del bar di Beba davanti ad un bicchiere di birra pianifichiamo il percorso, a grandi linee, poi lungo la strada si studierà eventuali modifiche.
La bici perfetta: la gravel, ma una mtb, assistita o no, va benissimo. Caricate per il bike packing, o con il bagaglio ridotto al minimo, vista la possibilità di dormire in uno degli accoglienti agriturismo di cui il territorio è ricco.
Infatti il giro è lungo, 250 km e 5000 m di dislivello, ed impone la sosta, ma questo non è un problema, vista l’ampia disponibilità di strutture ricettive che hanno aderito entusiaste al progetto. Soste che possono essere solo due per i più allenati ma che consiglio essere almeno tre, visto che non si tratta solo di pedalare ma di godere di tutte le magnificenze che il Parco ci mostra. Tradotto: si è sempre fermi a fotografare!
Il giro comincia da Follonica, non è il centro del Parco, ma è la località più facilmente raggiungibile, auto, treno o bus che sia. Città oggi turistica, ma dal passato straordinario di città-fabbrica, di fatto per secoli un recinto tra le paludi con dentro fonderie e camerotti, distendini e carbonili. Lasciamo Follonica su asfalto inoltrandoci verso l’interno verso la prima tappa, le miniere di Allume nel Parco di Montioni, ci arriva attraverso un single track, facile e divertente alla fine del quale si apre una parete di roccia biancastra, traforata da secoli di escavazioni. L’allume è un minerale usata in passato per la concia dei tessuti e per questo ricercatissimo tanto che interessò anche la sorella di Bonaparte, Elisa, che qui costruì addirittura uno stabilimento termale a suo uso e consumo. Posto il primo timbro sulla scheda del Brevetto presso la locale trattoria, ci si avvia su di una meravigliosa strada prima asfaltata quindi sterrata verso le alture delle Colline Metallifere.
In un paesaggio di seminativi e piccoli oliveti inframezzati a lembi di bosco si sale verso Montebamboli, famoso per aver dato l’illusione che questa zona, e non la Rift Valley africana, fosse la culla dell’umanità. Nell’800 nelle miniere di lignite di Montebamboli fu infatti scoperto un fossile di scimmia, che fece pensare ad un primo Ominide di ben 6 milioni di anni, battezzato subito Oreopithecus bambolii!
Passata la miniera inizia una salita arcigna, il fondo sterrato impone gomme con buon grip, dopo qualche centinaio di metri di fatica vera il pendio si addolcisce, ad un bivio si tiene la sinistra e si scende, ma nella migliore tradizione a discesa segue la salita, e questa si fa sentire! Tra sterro ed asfalto si comincia ad intravedere la prossima meta: Monterotondo Marittimo, annunciato dai vapori delle centrali geotermiche e delle Biancane.
Le Biancane! Una delle perle del Parco, una distesa di rocce calcinate dal calore e dagli acidi presenti nei vapori endogeni, che attraverso fratture naturali fuoriescono, creando un ambiente lunare, dantesco, infernale! Attraversare in bici queste lande fa un certo effetto, soprattutto in inverno quando il freddo crea un maggiore effetto condensa, e si pedala in una nube di vapori solforosi.
Passato Monterotondo e le Biancane ci aspetta un lungo tratto di asfalto, comunque piacevole in belle strade con poco traffico.
Dapprima tra pozzi e soffioni, poi sempre immersi nei boschi delle Colline Metallifere, tra le miniere piritifere di Niccioleta e della Stima. Si giunge così a Gerfalco, grazioso villaggio ai piedi delle Cornate, il monte più alto della zona. Sede in passato di importanti ricerche minerarie e di escavazioni del bel calcare rosso che caratterizza la cima delle Cornate. Volendo tramite una bella strada sterrata si può deviare verso podere Romano, per godere del panorama verso il mare e visitare cave e miniere seguendo le indicazioni del Parco. A Gerfalco oltre che per un ristoro temporaneo ed il timbro, volendo si può anche pernottare (Agriturismo Poggio alla Luna tel. 333/1226694.).
Abbiamo percorso circa 70 km e 800 m di dislivello, meno di un terzo del totale! Ora ci aspetta una meravigliosa strada bianca che dopo qualche strappo, duro, ci regala una lunga discesa regolare tra bei paesaggi e splendidi agriturismi per arrivare al borgo medievale di Travale. Breve ristoro e si riparte in salita, su asfalto per raggiungere in qualche km Montieri, la città dell’argento! Qui la tappa è d’obbligo: per mangiare, ottimi ristoranti, ma anche per dormire, io e Mirko, il mio compagno di avventura, ci siamo fermati al Podere di Rachele 349/0573303, ma la scelta è ampia.
Lasciamo Montieri di prima mattina, quassù anche in estate fa freschino, soprattutto al sorgere del sole, comunque una mantellina e via. Si prende la strada asfaltata in direzione di Follonica, regolare, poco traffico, pendenze minime, qualche km e si giunge in Loc. Fontalcinaldo, un borgo disabitato di un paio di case solamente, di lato, sulla sinistra, imbocchiamo una strada cementata, poche centinaia di metri ma pendenze oltre il 20%! Per fortuna dura poco, perché abbiamo ancora la colazione sullo stomaco e la salita dura non è il massimo per digerire! La strada continua, magnifica, sterrata, deserta, tra gli splendidi boschi delle Colline Metallifere, malgrado la quota non superi i 750 metri si trovano anche notevoli faggete con esemplari di tutto rispetto. La strada va seguita lungo la traccia principale per diversi chilometri di saliscendi mai troppo impegnativi, fino a che termina su di una strada asfaltata che seguita in discesa per un paio di chilometri ci porta a Niccioleta. Paese, come tanti nella zona, sorto per ospitare i minatori, dalla strada infatti è visibile il Pozzo Rostan della locale miniera di pirite, una delle più importanti della Maremma.
A Niccioleta è presente un Ostello (339/490251), proprio nei pressi della Miniera ed un piccolo bar dove fare uno spuntino, timbrare, e bersi un caffé. Lasciamo l’asfalto attraversando una zona di orti e con una stradina sterrata scendiamo in un’area dove importanti lavori di bonifica hanno rinaturalizzato una discarica di inerti di miniera, sulla cima della collina, quasi a dominare il paesaggio l’alto castello minerario del pozzo Rostan, continuando per la strada ora asfaltata si arriva in Breve a Pian dei Mucini. Sarebbe semplice raggiungere Massa Marittima con la strada asfaltata ma l’amore per il gravel ci spinge a cercare vie alternative e per giungere ai piedi della città abbiamo scelto un bel percorso tra boschi e prati. La capitale delle Colline Metallifere ci accoglie dopo una breve salita su asfalto. Consigliamo di perdersi tra gli splendidi vicoli e di immergersi nel medioevo tra splendidi palazzi e chiese monumentali indice di quanto fosse ricca Massa in epoca antica quando le miniere fornivano rame, argento, piombo e altri preziosi minerali.
Una bella strada asfaltata ci permette di scendere da Massa, siamo in una zona di antiche miniere, alcuni pozzi, recintati per la sicurezza, sono ancora visibili nella zona di Serrabottini che raggiungiamo attraverso una strada sterrata tra le macchie, la vicinanza dei pozzi si rivela dall’arrivo nella zona delle discariche: accumuli di minerali e rocce di scarto che venivano gettati nei pressi delle aree di prima cernita. Grandi accumuli ocracei dove non è difficile trovare piccoli campioni dei solfuri che hanno reso famose le Colline Metallifere. Il Lago dell’Accesa ci accoglie come una visione, dopo salite e polvere, un lago di origine carsica incastonato tra verdi colline. Le acque, debolmente termali, scaturiscono da sorgenti nei pressi della sponda occidentale, lontane da ogni fonte di inquinamento, sono sempre limpide e permettono, anche al ciclista, straordinari bagni refrigeranti. Anche gli etruschi non hanno saputo resistere al fascino del lago, al VI secolo aC risalgono infatti una serie di villaggi scavati dagli archeologi fiorentini alcuni anni fa, ancora oggi ben visibili grazie all'istituzione di un Parco archeologico dedicato.
Dopo la sosta obbligata al Lago, nei pressi si trova anche un bar ristorante “Giardino del Lago” aperto nella buona stagione e molto frequentato dai ciclisti della zona, si riparte con un tratto un po’ più tecnico, ma assolutamente imperdibile. Un suggestivo single track, con passaggio attraverso una passerella sul fiume Bruna, l’emissario del lago, ci porta ai Forni, area di antiche lavorazioni minerarie e quindi dopo aver attraversato delle vigne, di nuovo sulla strada asfaltata. Ora ci aspetta un trasferimento su strada sterrata, poco dislivello, diversi km, ma paesaggio notevole! Campagne, cipressi, antichi castelli, mulini e poderi… un aspetto tipico della Maremma toscana. Proprio un anello di cipressi fa da quinta al monumento alla strage nella miniera di Ribolla, nel 1954, 44 minatori morirono a seguito di un incendio devastante in galleria. Il monumento, molto suggestivo, si trova a poche centinaia di metri dal pozzo Camorra, epicentro dell’esplosione di grisou che coinvolse l’intera miniera. La strada sterrata ci porta fino a Ribolla, villaggio minerario fino al 1954, poi dopo la chiusura della miniera a seguito dell’incidente, tranquillo paese nelle piane ai piedi delle colline del Roccastradino.
Ora ci tocca la salita! Dopo tanta pianura si risale verso Roccastrada lungo un’antica strada doganale, si inizia con una bella strada scorrevole e senza forti pendenze, tra campagne e macchie, poi superato un bivio per un Centro di Meditazione (Sant Bani Ashram), la strada diventa più impegnativa con alcuni tratti di discreta pendenza. Un paio di Km e torniamo sull’asfalto direzione Roccatederighi, fantastico borgo arroccato su di una rupe di riolite, dalla quale si gode un paesaggio straordinario su tutta la Maremma costiera e su molte delle isole dell’Arcipelago Toscano. Dalla Rocca come è chiamata dai suoi abitanti si sale su sterrato verso Poggio della Miniera, come dice il nome, sede passata di estrazioni di minerali cupriferi, e quindi si compie un largo giro intorno al Sassoforte, antico vulcano, sulla cui cima è collocato un castello mai espugnato! La strada è immersa in boschi che sembra non abbiano mai fine, siamo ad una quota tale che oltre alla macchia si possono trovare anche piante di media montagna quali querce, castagni e aceri che in autunno regalano al ciclista un foliage di tutto rispetto. Tornati sull’asfalto eccoci di nuovo a Roccatederighi dalla quale parte la lunga discesa di Pereti, un lungo tratto di asfalto divertentissimo, prestando sempre attenzione alle, poche, auto che si possono trovare lungo strada.
Siamo così tornati a Ribolla, in zona si trovano agriturismi che possono soddisfare ogni esigenza di pernotto e di ristorazione.
Ci allontaniamo dalle colline per affrontare un tratto pianeggiante che ci conduce nel Comune di Gavorrano passando accanto a importanti vigneti e cantine di pregio. È la zona di notevoli necropoli etrusche scoperte da molti anni, ma solo recentemente valorizzate e visitabili in un pacchetto che comprende anche l'assaggio di vini in cantina. A Gavorrano, importante città mineraria, si arriva attraverso una bella salita sterrata, sono subito evidenti le tracce delle miniere: discariche di inerti, castelli di miniera, quello di Rigoloccio per esempio al centro di un’area rinaturalizzata di recente, ma soprattutto l’area mineraria di Pozzo Roma, dal quale fino al 1981 si sono estratte milioni di tonnellate di pirite. La miniera è quindi chiusa, come sono chiuse tutte le miniere delle Colline Metallifere, l’apertura del Parco Nazionale ha però permesso di tutelare le emergenze più significative e permetterne la visita, come per la Polveriera della Miniera, un percorso nel sottosuolo attrezzato per far capire come fosse aspra e piena di pericoli la vita del minatore, un percorso guidato suggestivo e di grande carico emotivo. (info 0566/843402).
Da Gavorrano breve tratto di asfalto e poi tanto sterro fin quasi al mare. Percorso ondulato con tratti a volte ripidi, ma immerso nelle splendide campagne e nei boschi delle Bandite di Scarlino. Anche in questa zona, ma è una costante di tutto il percorso, sono frequenti gli agriturismi, uno per tutti Poggio La Croce (0566/871006). La salita finisce al Sughericcio (335 m. slm), la discesa che segue è immersa in uno splendido bosco d’alto fusto che solo alla fine, ormai in pianura, si trasforma in un forteto mediterraneo fino a sfociare nei campi della pianura di Pian d’Alma, area agricola in cui si comincia a sentire l’influenza dei venti marini.
Attraversata la trafficata Provinciale per Castiglione della Pescaia ci si immerge nella macchie del Parco delle Costiere, famoso per le splendide cale, tra le quali Cala Violina è la più bella e conosciuta. Il nome deriva dal fatto che sfregando la sabbia, grossa e silicea, si produce un suono che con un po’ di fantasia ricorda il suono dei Violini! Cala Violina è anche geosito del Parco nazionale, le sue scogliere sono infatti costituite da torbiditi della formazione del Macigno che presentano evidenti stratificazioni di spessore e granulometria diversa. Sono queste le rocce che hanno dato origine alla famosa sabbia “musicale”. La strada ora è un facile saliscendi con impareggiabili viste sul Golfo di Follonica. Lo sterrato termina in località Terra Rossa, un tempo qui arrivava la teleferica che portava dalle miniere gavorranesi e massetane la pirite fino al mare, per essere quindi imbarcata sui piroscafi destinata agli stabilimenti di lavorazione. Di questo sito, visitabile (0566/843402), rimangono importanti testimonianze tre cui i silos di stoccaggio e la suggestiva galleria di eduzione.
Siamo alla fine del tour, una bella ciclabile connette il Puntone e la sua Marina, a Follonica, un ultimo sguardo sulla Maremma passando sull’argine che separa il Padule di Scarlino (Zona umida protetta) dal mare e quindi ci accoglie la città del Golfo per l’ultimo timbro ed un riposo ristoratore, magari a godersi la famiglia lasciata in città a godersi spiaggia e mare.
Contributo di Mario Matteuci
Sito (in allestimento) https://www.biketourcollinemetallifere.it/
Il Tour de France Femmes avec Longo Borghini
«In ospedale, su quella barella, mi sentivo già fuori dal Giro Donne anche se, ufficialmente, ero ancora in gara. Ho preso il telefono e ho scritto un messaggio al meccanico dicendo come avrei voluto che mi preparasse la bicicletta per l'indomani, quasi quel gesto mi tenesse in corsa, quasi fosse un "se mi prepara la bici, allora vuol dire che riparto". Francesca Della Bianca, dottoressa di Lidl-Trek, era lì accanto a me e sorrideva vedendomi scrivere quel messaggio. Un sorriso pieno di comprensione, della serie: "Va bene, Elisa. Però ora pensa a curarti". Quella notte, ogni due ore, la dottoressa Della Bianca mi ha svegliato per controllare come stessi». Elisa Longo Borghini ci sta raccontando del dopo tappa del 4 luglio al Giro Donne, di quello che è accaduto dopo l'arrivo di Ceres, quando, vedendola ancora frastornata dalla caduta di pochi minuti prima in discesa, la squadra le ha consigliato di recarsi in ospedale per dei controlli: «Di quella caduta, mi porto un forte dolore alle costole, alla spalla e ai muscoli. Dolori a cui mi sto anche abituando, passeranno. Per fortuna non è successo nulla di grave, però, in certi momenti, capisci molte cose. C'era anche mia madre in ospedale, ma non poteva entrare. Tu entri e tutto il tuo mondo resta dall'altra parte della porta. Stare in ospedale è sempre brutto, anche per questo. Francesca Della Bianca, in quanto medico, è entrata con me, così anche su quella barella mi sentivo meno sola, tranquillizzata nei miei dubbi, ascoltata. Vederla entrare con me è stato fondamentale. Mi ha aiutato». Continuando a raccontare, Longo Borghini indugia su una parola, che è poi un modo di comportarsi, con cui, già appena rialzata, mentre tornava in bicicletta, ha avuto a che fare: l'umanità.
Shirin van Anrooij transita da quella curva proprio mentre Longo Borghini sta per ripartire, si ferma. Le due si guardano, Elisa Longo Borghini le grida di andare, di non aspettarla, che non è successo nulla, ma van Anrooij non si muove da lì, non ne vuole sapere: «In good times and in bad times», dice così. Sì, nella buona e nella cattiva sorte. All'arrivo vanno assieme. «L'espressione che avevo al traguardo, la pacca sulla spalla ed il sorriso, racchiudevano la gratitudine per un gesto, l'aspettarmi, che non mi sembra e non mi sembrerà mai scontato. So che si dice che è normale e probabilmente lo sarà davvero. Io, però, continuo a vederci qualcosa di straordinario. Di tanto umano, per l'appunto». Straordinario come straordinaria, per Longo Borghini, è una foto che ha scattato, al Giro, Paolo Slongo, il suo direttore sportivo: un tifoso regge un cartone con la scritta "Evvai Elisa". Lei quel cartello l'aveva visto e aveva anche pensato che le sarebbe piaciuto averne un ricordo, ma in gara si può solo guardare distrattamente. Per fortuna che c'era Slongo: «Dire che aver visto i bambini venirmi incontro e le persone gridare il mio nome mi ha fatta felice è la verità, ma io voglio dire qualcosa in più. Voglio raccontare la sensazione che avverto nello stomaco quando succede e tutte le volte che mi sono chiesta perché succeda e quanto realmente lo meriti. Però succede. Ci sono persone che usano un quarto d'ora del loro tempo per preparare un cartello e vengono in strada a mostrarlo, per me, per Elisa Longo Borghini».
Il mattino del 5 luglio, Longo Borghini non ripartirà, su consiglio medico: il Giro lo vedrà da casa e, a differenza di altre volte, soprattutto, riuscirà a vederlo, serenamente. Tutto questo, la vittoria di Borgo val di Taro, la bella rivalità con Annemiek van Vleuten ed il podio di Gaia Realini sono gli ingredienti della sua tranquillità.
Il rapporto con Annemiek van Vleuten è da sempre basato su un reciproco rispetto ed una reciproca stima che, nel tempo, se possibile, è aumentata: «Fare quel che fa è sempre difficile, ma continuare a farlo con quella fame e quella grinta, nonostante tutto quello che ha vinto e che continua a vincere, ha dell'incredibile. Van Vleuten non è mai paga». Una caratteristica che ben emerge dai suoi scatti: «Non sono rasoiate secche, non creano una frattura, uno strappo. Gli scatti di Annemiek van Vleuten sono un lento ed inesorabile morire. Sei alla sua ruota, e d'improvviso hai dieci metri, poi cinquanta e, senza sapere come, ti ritrovi da dieci secondi ad un minuto di ritardo. Quando sono con lei e sono davanti, ho una voce dentro: "Ora ti stacco io". La realtà è che mi ha quasi sempre lasciata lì, ma a Borgo val di Taro l'ho battuta, in una volata a tre con Ewers, e mettere la mia ruota davanti a lei, mentre indossava la maglia rosa, rende ancora più bella la mia vittoria». Sulle ruote del fenomeno olandese erano spesso due le atlete Lidl-Trek: una è Longo Borghini, l'altra è Gaia Realini.
Il giorno del ritiro, le due hanno visto la classifica insieme: «Questa la stacchi. Questa potrebbe saltare, con lei, invece, puoi giocartela- dice Longo Borghini- il podio è tuo, Gaia». Realini ascolta attenta: «Dici?». La risposta è istantanea: «Non dico, Gaia. Sono sicura, andrai sul podio». Parole importanti per l'abruzzese che, da quel momento, ha dovuto gestire una responsabilità importante senza l'appoggio della Campionessa Italiana: «Tutti mi dicono che Gaia mi stima. Anche io stimo Gaia. Ho condiviso con lei la camera al San Pellegrino, in ritiro. Le dico affettuosamente che è una ragazzina, nel senso che è molto giovane ed ha un talento e una sensibilità fuori dal comune. Ogni tanto se ne esce con il suo dialetto abruzzese e, anche se siamo in salita a tutta, non riusciamo a non ridere. Un libro aperto, questo è Realini. Anzi, un libro che si ha la possibilità di aprire e scoprire col tempo. Il che aggiunge valore». E quel podio, Gaia Realini l'ha raggiunto, terza, dietro a van Vleuten e Labous: Longo Borghini ci aveva visto giusto.
Allora scherziamo, le chiediamo di testare queste doti facendoci qualche previsione sul Tour de France Femmes che partirà da Clermont Ferrand il prossimo 23 luglio: «Dai, la prima previsione è facile: Demi Vollering e Annemiek van Vleuten saranno due belle iene. Mi aspetto un bel Tour da Niewiadoma e Ludwig e, se vogliamo davvero testare le mie doti da predictor, il nome è Marlen Reusser. Vedrete che Tour farà. Vedremo se avrò avuto ragione». La classifica generale finale del Tour de France, spiega Longo Borghini, si deciderà sul Tourmalet, alla penultima tappa, la cronometro finale, invece, potrà servire per scalare posizioni, guadagnare o perdere secondi preziosi. Complicata sarà la quarta tappa con arrivo a Rodez, ma l'atleta di Ornavasso sottolinea che la pianura francese, in realtà, non è mai pianura e di tappe banali non ce ne saranno proprio. Lei sta bene, si sta allenando e ricerca il caldo, per iniziare a sperimentare sulla sua pelle la "canicule" che sembra ci sarà in Francia in quei giorni. «Ci sono vari protocolli per il caldo, in realtà, al momento, non li sto seguendo. Cerco di bere molto e di tenere fresche le estremità. Il mio alleato è il ghiaccio: in un giubbottino oppure in una calza, non riesco a dare un'idea di quanto ne userò, ma tanto, tantissimo». L'obiettivo è fare bene ma al Tour de France tutti vogliono fare bene. «Vedremo di tappa in tappa. Certo che mi piacerebbe vestire la maglia gialla, a chi non piacerebbe. Certo che mi piacerebbe vincere una tappa. Il podio sarebbe un sogno, il livello è altissimo. Le prime cinque posizioni sarebbero senza dubbio indice di un gran Tour».
Un Tour de France che «al suo ritorno fra le gare del ciclismo femminile si è subito imposto come "la corsa", un passo avanti rispetto a tutte le altre, un passo importante per il nostro ciclismo». Un Tour a cui si andrà con la maglia tricolore, l'undicesima, ed Elisa Longo Borghini riflette su questo numero: «Sono tante undici, davvero». In un attimo ripensa a quello che le dicevano i suoi genitori sin da ragazzina: la maglia azzurra va onorata perché di tante bambine che la sognano, la raggiungono davvero poche e chi la raggiunge non può permettersi di risparmiarsi. «Mi sento fortunata ad aver avuto la possibilità che ho avuto di lottare per quel tricolore. Il Campionato Italiano per me è sempre stata una corsa speciale, divento energia pura quando lo corro. Non so cosa mi accada». In realtà, è una delle poche volte in cui sorprendiamo Longo Borghini in un ragionamento di questo tipo sul numero delle sue vittorie, tendenzialmente, per l'umiltà che la contraddistingue non ama snocciolare le sue vittorie ed, anzi, si sente imbarazzata quando sono gli altri ad elencargliele. La mente torna al palco di presentazione squadre del Campionato Italiano: «Lo speaker ha fatto una bellissima presentazione con i dati delle mie vittorie, io, però, per carattere ero a disagio e non vedevo l'ora di scendere dal palco ed iniziare a correre. Sai, a volte penso che mi piacerebbe essere presentata solo con nome e cognome, solo come una ciclista, perché io mi sento una ciclista come tutte le altre».
Una ciclista che, guardando avanti, pensa ai mondiali di agosto, «a un percorso su cui proveremo a inventarci qualcosa», e tra i sogni della stagione pone quello di riuscire ad andare a vedere qualche tappa della Vuelta, dove correrà il suo compagno Jacopo Mosca: «Quando sono in strada, a vedere una gara, non riesco molto a fare il tifo, a gridare ed incitare come fanno tutti. Me lo impedisce la timidezza, mi sento strana a farlo. Non so il motivo, però mi accade». Eppure essere in strada salva, in parte, da un qualcosa che tutti i ciclisti vivono quando si trovano a guardare una gara in cui gareggia qualcuno a cui tengono, a cui vogliono bene: «Mi dicono: "Eh ma sei anche tu una ciclista, sai come vanno le cose, dovresti essere più tranquilla". No, appunto perchè sono una ciclista penso a possibilità e situazioni che altri nemmeno immaginano. La televisione non mostra tutto, ovviamente, ci sono minuti e minuti, ore, in cui alcune situazioni non vengono inquadrate e tu non sai cosa sta accadendo. Ci pensi, sei distante. Vedere una corsa in televisione, se corre qualcuno che fa parte della tua famiglia è difficilissimo. Credetemi».
Intanto, tutti vogliono vedere Elisa Longo Borghini al Tour de France Femmes e, dopo quello che abbiamo visto al Giro, questo non è per nulla difficile da credere. L'attesa è tanta, manca sempre meno.