Teatro a pedali, ovvero dove si recita, dove si pedala!
Daniele Ronco parte da nonno Michele e, del resto, non potrebbe che partire da lui, «un uomo da cui ho imparato a vivere, senza orologio, senza televisione e senza telefono, viveva al ritmo delle stagioni, sapeva l'orario in base alla luce nel cortile, e conosceva i valori importanti».
Anche grazie a nonno Michele, Daniele ha tolto le rotelle dalla sua bicicletta a soli due anni e mezzo. Daniele che, in sella, è uno scalatore, Daniele che viene da Cumiana, una piccola borgata in cui tutti si conoscono, e, fin da ragazzo andava a scalare le vette lì intorno perché amava il senso della sfida, Daniele Ronco che, di lavoro, fa l'attore e, a teatro, ha portato la bicicletta, anzi, le biciclette, trasformandolo di fatto in un teatro a pedali.
Una quindicina di biciclette e gli spettatori che sono invitati a pedalare per illuminare il palco: «Qualcuno, quando sa che bisogna pedalare, si pone dubbi, altri vengono apposta, anche solo per curiosità, altri ancora capitano quasi per caso, con amici, e vogliono provare. Le reazioni sono varie e molteplici: poco tempo fa, sono andato personalmente a complimentarmi con due ragazzi che avevano pedalato, senza sosta, per tutto il tempo dello spettacolo. Mi hanno incuriosito e ho voluto salutarli di persona». Nonno Michele, forse, aveva qualcosa di quei ragazzi: alla sua bicicletta, infatti, non avrebbe mai rinunciato. Daniele gli ha dedicato un monologo: "Mi abbatto e sono felice": il primo monologo a impatto ambientale zero, scritto proprio dopo la sua scomparsa.
«I nonni sono speciali per tutti, così, mi è capitato di pensare che Michele fosse così unico soprattutto perché mio nonno. In realtà, spesso, in paese, qualcuno mi ferma e mi dice: "Com'era bravo tuo nonno". Allora ho capito che nonno non ha segnato solo la mia crescita, ma quella di molte persone che ha incontrato nelle sue giornate e lo ha fatto, semplicemente, con l'esempio e anche con la sua bicicletta. Geniale e carismatico». L'idea del teatro a pedali viene da nonno e da un documentario che Ronco ha visto non molto tempo fa: la storia di un ingegnere belga che aveva scelto di ridurre dell'80% il suo impatto ambientale sul pianeta.
Questo ingegnere era consulente energetico e aiutava le aziende a contenere le loro emissioni inquinanti: nel suo piccolo, in ufficio, alimentava la corrente necessaria a far funzionare il computer grazie a una cyclette. «Credo sia molto sciocco non avere cura del pianeta in cui viviamo, della nostra casa, in fondo. Non averne rispetto è deleterio ed è un messaggio da comunicare e da comunicare in maniera giusta. Io faccio l'attore e posso raccontarlo attraverso uno spettacolo. La mia azione concreta, perché serve un'azione concreta in queste cose». Così se il monologo c'è, è anche merito del pubblico che, mentre ascolta, pedala e fa fatica.
«Fatica è una bellissima parola. Almeno per quanto mi riguarda è un ingrediente importante della vita. La fatica della mente, forse, può essere tossica, quella del corpo è buona, è sana. Anche nel teatro si usa la fatica, si consiglia di correre, di fare fatica, prima di scene importanti, perché, così facendo, si entra maggiormente nella parte, ci si immedesima, perché la fatica toglie tutto quel che non serve, che è inutile. La fatica ha a che vedere con la realtà, con la verità». Per questo, nelle montagne che ha sempre scalato Daniele, salire è sempre stato il momento più bello «perché, in quel momento, si è esattamente, quel che si è, senza filtri, e saperlo è importante per ogni sfida della vita». La bicicletta è cambiata nel corso degli anni, cambiata moltissimo negli ultimi trent'anni, ma, in fondo, ha mantenuto i caratteri fondamentali, quelli che la rendono bella, importante, quelli che la rendono un mezzo di cambiamento o, per quanto, un mezzo che permette il cambiamento.
Daniele Ronco è certo che sia proprio la bicicletta a risvegliare una voce dentro di noi: la voce di tutto ciò che vorremmo fare ed invece non facciamo: «Sai quel sentimento negativo che alcune persone manifestano quando incontrano ciclisti? Si tratta del senso di colpa. Nella nostra interiorità, tutti sappiamo che dovremmo usare maggiormente la bicicletta, che farebbe bene a noi stessi e alla terra in cui viviamo, quando non lo facciamo, il senso di colpa si manifesta anche così, quasi respingendo la bicicletta. Il sentimento negativo di cui parlavo è qualcosa di spesso inconsapevole». A questo si aggiunge il fascino del motore, un tema che si è sviluppato soprattutto con il periodo del boom economico, con la sua cultura: una cultura di cui risentiamo ancora oggi.
La bicicletta che usa in scena Daniele l'ha trovata nel garage del nonno, insieme a tante altre cose che custodisce: è una vecchia Bianchi. Pedalare da solo non bastava, per cambiare le cose bisogna essere molti, così Ronco pedala con chiunque lo vada a vedere, ad ascoltare. Così questo racconto termina com'è iniziato, con nonno Michele, senza orologio, televisione e telefono, con la luce del sole ad indicare l'ora e una bicicletta che, a teatro, accende le luci e si va in scena. Daniele Ronco è pronto!
Il questionario cicloproustiano di Arianna Fidanza
Il tratto principale del tuo carattere?
Emotiva
Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Saper ascoltare e comprendere
Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
La trasparenza
Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La sincerità
Il tuo peggior difetto?
La testardaggine
Il tuo hobby o passatempo preferito?
Mi piace cucinare, quando ho tempo, e leggere
Cosa sogni per la tua felicità?
Niente di più di quello che ho ora: una famiglia unita, una casa, e un lavoro che è come un sogno, magari una mia famiglia, un giorno
Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere una persona importante nella mia vita
Cosa vorresti essere?
Un ottimo esempio per i miei figli, se mai ne avrò uno, oppure una persona da cui qualcuno possa trarre ispirazione
In che paese/nazione vorresti vivere?
Amo l’Italia, in generale, ma Bergamo rimane la città in cui vorrei continuare a vivere, ho un legame speciale con questa città
Il tuo colore preferito?
Azzurro
Il tuo animale preferito?
Delfino
Il tuo scrittore preferito?
Nietzsche, non solo scrittore, ma anche filosofo e Giacomo Leopardi
Il tuo film preferito?
Pearl Harbor e Purple Hearts
Il tuo musicista o gruppo preferito?
Vasco Rossi e Ultimo
Il tuo corridore preferito?
Alessandro Petacchi
Un eroe e un'eroina nella tua vita reale?
Non ne ho, ma ammiro Ultimo per il successo che è riuscito ad ottenere nonostante quasi nessuno credesse in lui
Il tuo nome preferito?
Aurora
Cosa detesti?
La falsità
L’impresa ciclistica che ricordi di più?
La Parigi Roubaix vinta da Boonen
Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Da una corsa per cui mi sono preparata molto bene
Un dono che vorresti avere?
A volte, penso sarebbe il saper lasciar correre e accettare il fatto che non si possa avere sotto controllo ogni cosa
Come ti senti attualmente?
Stabile
Lascia scritto il tuo motto della vita
Hold on