Se vince Andrea Vendrame, diciamolo francamente, siamo tutti più contenti. Perché vince un corridore un po’ matto, ma matto in senso buono. Perché al Giro d’Italia siamo un po’ di parte e ci eravamo stufati di vedere tutti quei secondi posti. Perché vince un corridore di quelli bravi davvero, ma che ha dovuto superare avversità di ogni genere.

Perché fino a pochi giorni fa era l’ultimo vincitore del Tro-Bro Léon, corsa che, come sapete, ci piace in modo particolare.
Perché oggi in fuga si è speso per Bouchard: aiutarlo a conquistare punti della maglia azzurra era una parte della sua missione. Ha sgranato il gruppo in discesa andando giù a “tomba aperta” come diceva il grande Mario Fossati. È sceso giù a tutta come quando vinse il Giro del Belvedere tra gli Under 23: a fine gara il cameraman della Rai gli disse: «Tu sei scemo. In discesa non ti seguirò mai più».

Perché un anno dopo quella vittoria un’auto l’ha preso in pieno durante un allenamento: cinquanta punti interni e sessanta esterni sulla parte destra del viso. Perché la cicatrice è rimasta e lui non la nasconde: da allora si fa chiamare “Joker”. Fino a un po’ di tempo fa il Joker ce l’aveva anche disegnato sul casco.
Perché l’ha inseguita, l’ha sfiorata e sembrava non arrivare mai. Perché, racconta, ridendo, che ha iniziato ad andare in bici su consiglio del portalettere che recapitava la posta tutti i giorni a casa sua. Perché uno che ha “The Wolf of Wall Street” come film preferito, non può non starci simpatico.

Perché è un po’ matto, lo abbiamo detto, è vero, ma oggi è stato il più lucido tatticamente. Sull’ultima salita si è staccato sui primi attacchi, è rientrato, ha attaccato anticipando il tratto duro, avvantaggiandosi e venendo ripreso solo quando la salita spianava. È stato perfetto.
Ha tenuto, ha giostrato, ha rifiatato e poi nel finale ha allungato con Hamilton battendolo allo sprint.

Perché Vendrame oggi andava davvero forte in salita pur essendo uno particolarmente veloce: come un paio di anni fa quando arrivò secondo nella tappa di San Martino di Castrozza. Si arrivava in salita, ma Chaves, un altro tanto bravo quanto sfortunato, andò meglio di lui.

Perché oggi entrare in fuga è stato un gioco massacrante e lui ha giocato e ha vinto. Perché ha combattuto la legge che vorrebbe un corridore come lui restare nell’ombra nelle tappe così. Lui quella legge l’ha combattuta e l’ha vinta.

Diciamolo francamente e non ce ne voglia nessuno: quando vince uno come Andrea Vendrame siamo tutti più contenti.