Per parlare di Cargo Bikes abbiamo intervistato Antonella che ci spiega il suo progetto: Fridabike.

Qual è la tua storia? 
Ho da sempre sognato di vedere le nostre belle città italiane più vivibili e libere dal traffico motorizzato. Ho capito che il ciclo attivismo non bastava e che qualsiasi altra idea avessi risultasse troppo poco impattante; così ho scelto una strada più rischiosa, ma più poetica: ho deciso, in tempi non sospetti, di aprire un negozio di Cargo Bike.

Quale la tua professione prima di aprire Fridabike?
Ero modella. Ho iniziato questa professione all’età di quindici anni con l’intento di cambiare vita dopo essermi laureata, ma questo lavoro si è protratto oltre ed ho iniziato a sentire l’esigenza di creare qualcosa di mio. Così nel 2015 ho fatto il salto di qualità, da modella a meccanico.

Secondo te com’è cambiato il modo di vedere il ciclismo e di praticarlo da parte dell’utente medio nato e cresciuto in città?
La gente è sempre andata in bicicletta a Milano, nonostante Milano. Ma dieci, quindici anni fa era una scelta coraggiosa, l’aria era irrespirabile, non c’erano percorsi ciclabili e nessuno parlava di politiche ambientali, praticamente non esistevano. Oggi la città è migliorata e non vanno in bicicletta solo i temerari, ormai ci vanno quasi tutti i residenti, come fosse la cosa più naturale del mondo. La sensazione di sicurezza è una percezione errata, c’è ancora moltissimo da fare per l’incolumità dei ciclisti. Siamo solo all’inizio.

In che modo  Fridabike  si impegna nella creazione di una community – motore pulsante dell’attività ciclistica come collante sociale e motore di autostima e aggregazione per numerose persone, spesso timide o sole o che non sanno bene come iniziare ad approcciarsi al mondo delle due ruote?
Anche se ho un negozio non mi sento una venditrice, quello che propongo è una storia possibile, una storia di come potrebbe migliorare la qualità della vita compiendo delle scelte responsabili. i miei clienti sono i testimonial di questa piccola rivoluzione che sta attraversando questa città.
Per diffondere il verbo abbiamo organizzato dei Cargo Raduni perché qualche anno fa ad avere una Cargo Bike ci si sentiva soli. Sono serviti a creare aggregazione tra i ciclisti di queste biciclette particolari.

Qual è stata la reazione dei milanesi ad un progetto di più ampio di ciclabilità urbana?
I ciclisti lo stavano aspettando come i bambini aspettano il Natale e sembra che a settembre potremo goderci la prima parte di un piano ciclabile promesso da tanti anni e mai realizzata  prima del Covid. Il bonus bici servirà ed è servito ad aumentare il numero dei ciclisti nelle grandi città, i neo-ciclisti vanno incoraggiati. E non dimentichiamoci il problema dei furti, ogni bicicletta rubata è un probabile ciclista perso che utilizzerà altri tipi di mobilità, magari impattanti sull’ambiente.

Pensi che Milano abbia le carte per mettersi in gioco in un progetto più ampio e ambizioso di mobilità ciclistica a tutto tondo?  
Mi aspettavo molto da Milano, negli ultimi anni è migliorata in quasi tutti i campi, e stavo aspettando il momento in cui qualcuno iniziasse  ad occuparsi del grave problema della mobilità, si sta facendo tutto ora, da pochi mesi, ma per fortuna molto velocemente. Milano ha tutte le carte in regola per permettersi un piano di mobilità ciclistica ambizioso, penso che l’amministrazione degli anni passati abbia sottovalutato i milanesi, che mi sembrano molto pronti al cambiamento. Una città che negli ultimi anni è stata meta turistica di successo non può più permettersi di morire di traffico, tutte le altre città europee si stanno liberando di questo problema.

In che modo  Fridabike    – e la bicicletta in senso più ampio – potranno aiutare e coinvolgere i più diversi strati sociali modificando completamente il modo di vivere le città?
Semplicemente dando l’esempio. Ogni bicicletta cargo venduta viene vista e fa venire la voglia a qualcuno di comprarla a sua volta. Vedere una bicicletta che gira per la città è pura bellezza e vedere una Cargo Bike, magari con dei passeggeri dentro, lo è ancora di più. Ogni bicicletta venduta rende un po’ più gradevole questa città.

Milano è una città relativamente piccola, geograficamente, se paragonata ad alcune grandi capitali europee, senza salite e con un crescente numero di ciclabili: cosa le manca per fare quel salto che la porti a competere con Amsterdam, Copenhagen o Berlino? 
Se lo smog avesse un colore tutti smetteremmo di inquinare, ma non ce l’ha e la gente da sola, senza guida, non è in grado di prendere decisioni drastiche.
Nelle città citate è chiaro che ci sia una volontà mediatica e politica di base: se una cosa fa male alla salute contrastiamola è attuiamo un cambiamento. In Italia i media e i politici tendono a non imbattersi in una battaglie impopolari come quella ambientale, che richiederebbe qualche sacrificio da parte dei cittadini. l cambiamenti che stanno avvenendo in Italia sono derivati esclusivamente dalla recente problematica Covid, sarebbero arrivati comunque, ma molto più lentamente. Non mi piace dire che sia un problema culturale, perché anche in Olanda la bicicletta non era nella cultura, ma la cultura si può cambiare se nasce un’esigenza nuova.

La tua gamma di servizi legati alla bici e non offre prodotti per ogni tipologia di utente: chi voglia farsi un giro nel fine settimana, pedalare su iconiche salite, accompagnare i bambini a scuola, raggiungere il luogo di lavoro, studio, trasportare pacchi o semplicemente fare la spesa. 
Come cerchi di restare sempre al passo con i tempi ed essere sempre in linea con le richieste del quartiere?
Vendo Cargo bike di tutti i tipi per tutti i bisogni, ma mi impongo dei limiti. Non posso assecondare tutte le richieste, ad esempio certi marchi ho deciso di non venderli. Vendo solo quello che piace a me e che soddisfa le mie esigenze qualitative. Preferisco vendere piuttosto di aggiustare! Per questo cerco di avere biciclette leggere e indistruttibili, rischiando di perdere qualche cliente che cerca qualcosa low cost.

Possiamo dire che Fridabike sia anche un progetto di riqualificazione e promozione di Milano e del quartiere attorno a voi?
Sì, fino a qualche mese fa sì. Gli eventi che abbiamo organizzato sono stati delle occasioni per entrare in contatto con la città. Per ora è tutto sospeso per la pandemia, ma l’aggregazione continua sui social, dai miei profili si capisce che l’impostazione non è di tipo commerciale, ma un dialogo con i miei clienti e aggiornamento su quello che sta succedendo riguardo le Cargo Bike e questa rivoluzione.

Cosa pensi dei più recenti eventi a tema due ruote come AbbraciaMi e Milano Bike City?
Penso che la maggior parte dei milanesi faccia chilometri e chilometri per passare weekend e non conosca il bosco in città, la Martesana, le Cascine nascoste, il parco Agricolo Milano Sud. AbbracciaMi é una bellissima iniziativa che dovrebbe moltiplicarsi. Milano Bike City é un evento che ha unito, per la prima volta in questa città, ciclisti, negozianti, attivisti, sportivi, ciclofficine e tutte le associazioni che operano nell’ambito della bicicletta, é fondamentale lavorare in squadra per avere più influenza nelle decisioni che riguardano la mobilità dolce.

Come valuti la Critical Mass a Milano?
Ho fatto la critical mass parecchie volte ed é sempre emozionante girare la città in bicicletta di notte in compagnia di duecento persone sconosciute. È stata un’occasione per conoscere tanti ragazzi e ragazze che si occupano, ognuno a suo modo, di sensibilizzazione dell’uso della bici. A Milano é molto seguita, penso sia un faro per i ciclisti urbani.

Infine, cosa potresti consigliare a chi dice che Milano non è a misura di bici e a tutte quelle mamme o persone che non vogliono portare bimbi a scuola in bici?
Dipende dal motivo per cui non lo fanno. Se pensano che la bici in città sia più faticosa o più lenta della macchina o dei mezzi pubblici li sfido a fare una prova perché non è così.
Se invece il motivo é la sicurezza potrei non dargli torto. In attesa che vengano create infrastrutture ciclabili li inviterei a verificare una strada alternativa. Di solito chi non va in bici non conosce alcune strade secondarie con pochissimo traffico.

Foto: Fridabike