La guida alla città di Saint-Émilion che poi non è una città, ma un paesino, ci racconta di un gioiello incastonato nel cuore dell’Aquitania.
Ci racconta passaggi in mezzo a vigneti sacri per la gente del posto, un flash impercettibile per i corridori che impiegano circa 35, 36, 37 minuti per percorrere la distanza che li porta da Libourne a, per l’appunto, Saint-Émilion.
Instancabile monotonia quella della cronometro: l’abbiamo raccontata in tanti modi, oggi è un gesto tecnico, sì, ma affaticato, dolce e profondo come il suono del sax. Noioso: per una classifica ormai congelata.
Ha maschere che paiono fantascientifiche, disegnate da Carlo Rambaldi, che riflettono, deformando, la lunga fila doppia del pubblico che non si perde nemmeno un centimetro della corsa. Chiede e ottiene sacrifici; il penultimo, forse l’ultimo sforzo, per la verità: domani sarà tutta discesa (fino a Parigi).
Oggi è un tic-tac, un su e giù, un pim-pum, un verde brillante, un vociare continuo a bordo strada. Un viaggio in mezzo a odori acri di frutta bruciata dal sole, una lisergica epopea. Ecco: oggi è la giornata ideale da passare a bordo strada e vedere il Tour. Una tenda, un cappellino, una maglia a pois, una bandiera. Per spingere Latour e Armirail, farsi un bicchiere nonostante il caldo.
Sperare che possa vincere Kueng, e invece nemmeno oggi è la sua giornata. E allora ci sta benissimo che sia davanti a tutti un fuoriclasse completo come se ne vedono di rado, van Aert, che in una crono al Tour ha rischiato di lasciarci la carriera e oggi rinfresca il suo piacere, che è anche il nostro che lo apprezziamo così tanto.
Ma è un festival per tutti, con quelle bandiere, camper e gazebo, la gente che si spella le mani e si scortica la gola quando passa Alaphilippe, che non ha la maglia di campione del mondo, ma sarebbe impossibile non capire che è lui, dietro quel pizzetto, le spalle ondeggianti da far venire il mal di mare.
Diamanti di talento a grappoli schizzati velocemente in mezzo ai vigneti: un luogo perfetto per appassionati di fotografie, un luogo perfetto per consacrare Vingegaard e per vedere Pogačar gestire e (praticamente) vincere il Tour.