Sono passati ormai quasi trent’anni da quando Davide Rebellin era un ragazzino di belle speranze che passava professionista in maglia GB-MG. È proprio vero; si dice: è passata un’epoca. Ti guardi indietro e trovi Rebellin negli ordini d’arrivo, ti guardi avanti e leggi ancora il suo nome. Rebellin: tra i rappresentanti di una delle più forti generazioni del ciclismo italiano.

In mezzo alla sua carriera, che poi è anche la sua vita, Rebellin ha vissuto vicende di ogni sorta, si è rialzato da cadute che lo hanno ferito e potevano inevitabilmente spezzarlo, ha realizzato un filotto di successi sulle Ardenne che fece storia, e quando buona parte dei protagonisti di oggi non era nemmeno nata, conquistava la maglia rosa sul Monte Sirino in una tappa del Giro che forse qualcuno ricorderà perché sparì il segnale nelle fasi decisive della corsa, e ci ritrovammo con lui nel finale mentre scattava per conquistare la tappa e il prestigioso simbolo del primato.
Era maggio del 1996, ovvero quando van der Poel aveva un anno, van Aert due, Bernal, Evenepoel e Pogačar a malapena forse erano stati immaginati, Roglič non avrebbe pensato per altri 20 anni – o quasi – di diventare ciclista, Valverde non era ancora professionista. Era maggio del 1996, e chi vi scrive registrava le tappe su una VHS per via del rientro pomeridiano a scuola, e ancora ricorda quando tornò a casa e quella volta invece delle immagini della tappa la telecamera era fissa sul traguardo.

Oggi, 25 anni dopo, Rebellin corre ancora. Lo ha fatto con squadre italiane, francesi, tedesche, croate, polacche, kuwaitiane. Per chiudere il cerchio è tornato in Italia con un team Continental Under 23 dove il più vecchio dopo di lui ha quasi 25 anni in meno. Eppure non si può immaginare oggi un Rebellin che abbia intenzione di smettere, esempio concreto di chi vede strade ripide da scalare davanti a sé e non sente alcun tipo di timore reverenziale.
Ho conosciuto per caso una coppia di ragazzi qualche giorno fa a Castelfranco Veneto. Mi hanno raccontato di come accada ogni tanto che una famiglia di cinghiali vada a fare visita a Rebellin: «Si avvicinano a lui e si fanno accarezzare, e la mamma cinghiale non dice nulla perché sentono vibrazioni positive da Davide e non hanno paura». Insomma, realtà o leggenda, anche questo è Rebellin.
Uno che ti parla sempre con voce pacata, quasi mite, soppesando le parole come un vecchio saggio. Uno del “Mollare mai”, semplice quanto realistica locuzione tanto in voga tra i ciclisti, non per forza solo tra i corridori. Uno che ieri è arrivato decimo sul Monte Grappa all’Adriatica Ionica Race, nonostante i suoi (meravigliosi) quasi 50 anni. Gli altri ragazzi prendano appunti.