La domenica, forse, è il giorno in cui meno ci si sorprende quando si incontrano tante persone sulle strade del Giro d’Italia. Non ci si sorprende perché di solito è il giorno in cui non si lavora e non si va a scuola, così c’è tutto il tempo per venire qui, per sedersi su un marciapiede e aspettare il passaggio. Non è sempre così, però, e forse dovremmo ricordarcelo più spesso. A noi, ieri pomeriggio, a Gorizia, lo ha ricordato Guido.
Non sapevamo nulla di Guido e Guido non sapeva nulla di noi. Ci ha colpito perché era fuori dall’uscio di una casa con un grembiule azzurro, sporcato sul petto e sulle maniche di grigio. Ci ha colpito, forse, proprio perché era domenica e di domenica, al Giro, tutti si presentano con l’abito della festa. Solo scambiandoci qualche parola abbiamo capito.
Guido è un falegname, come era un falegname suo padre, e la sua è la realtà di tutte le botteghe artigiane. «Mio padre mi ha sempre detto che si fa festa quando si è fatto il proprio dovere, per questo, se alla domenica non si è finito di preparare le consegne, non è domenica. Quando hai fatto il tuo dovere, mi diceva, ti riposi anche meglio perché sei tranquillo con te stesso e non hai più pensieri».
Per Guido ieri non era domenica, perché ha molto lavoro da fare e pochi giorni per terminarlo, così era in bottega, così stava lavorando e fino a qualche giorno prima non pensava neppure al Giro d’Italia perché «dopo quello che abbiamo passato con la pandemia, con tutte le spese che ho da pagare, con tutti i problemi che mi vengono in mente appena apro quella porta, figuratevi se ho tempo di pensare al Giro d’Italia».
Fino a qualche giorno fa, perché poi ha cambiato idea. «L’altro giorno mio figlio mi ha detto se lunedì potevo farlo restare a casa da scuola e portarlo a vedere il tappone di Cortina d’Ampezzo perché “il Giro arriva anche domenica, ma la tappa di lunedì è più bella”. Cosa pensate gli abbia risposto? Gli ho detto di no, che poteva scordarselo, che il dovere viene prima del piacere, che se non va a scuola, se non studia, si troverà a lavorare giorno e notte come me, a non saper parlare come si deve, a fare brutte figure. Gli ho detto che avrebbe dovuto accontentarsi dell’arrivo di domenica». Poi, però, Guido è andato da solo in bottega, si è messo a lavorare ed ha ripensato a tutto.
«Mentre non avevo lavoro, nei mesi scorsi, ho passato davvero momenti difficili ed ho capito quanto avesse ragione mio padre: quando manca il lavoro si disfa tutto, crolla tutto. Se non riesci a mettere assieme un pranzo con una cena non c’è storia che tenga. Sinceramente, però, ho anche capito quanto avesse ragione mio figlio. No, non andare a scuola è sbagliato ed infatti non lo farò stare a casa, però anche non fare ciò che vorresti per pensare sempre e solo al dovere è sbagliato. Perché poi, se succede come è successo in questi due anni, non sei solo a terra perché non porti a casa la pagnotta per le persone a cui vuoi bene. Sei a terra anche perché col tuo modo di essere le hai rese tristi due volte: prima negandogli i divertimenti per il senso del dovere, poi spiegandogli che era stato tutto inutile perché non solo non avrebbero avuto più i divertimenti ma nemmeno le cose a cui erano abituati perché “papà non ha lavoro”. Sì, domani chiudo presto bottega e appena mio figlio torna da scuola lo porto a vedere il Giro che passa. Fosse anche solo uno sguardo da un cavalcavia, ma lo porto al Giro. Il tempo bisogna trovarlo. Stasera mi studio la cartina».
Così Guido e suo figlio oggi avranno tempo per il Giro, ma soprattutto avranno trovato tempo per se stessi. Assieme come un padre ed un figlio e questo è quello che conta davvero. Sempre.