Sul traguardo di Prato della Valle, ieri, 89 ciclisti sono stati accreditati dello stesso tempo: quello di Tim Merlier, il vincitore. Appena meno, 88, erano le statue secondo il disegno originario, disposte in due ovali concentrici attorno l’isola Memmia. (Fa ridere, peraltro, chiamarla isola: è separata dal resto della città da un canale risibile). La disposizione di queste statue è cambiata parecchio nel 1797, quando Napoleone distrusse sei statue di dogi veneziani e ne ricollocò tante altre. Difficilmente i velocisti ieri hanno potuto ammirarne le fattezze, ma le storie dietro alcune statue sono davvero incredibili.

Una rappresenta Antenore. Personaggio della mitologia greca legato a vari miti, Antenore si rifugiò in queste zone dopo la distruzione di Troia e non solo fondò Padova, ma secondo la leggenda è pure il capostipite dei veneti. Pare si chiamasse Antenorea, una volta, Padova. Quale ciclista del Giro d’Italia sarebbe Antenore? Alessandro De Marchi? Non lo so, andiamo avanti.

Un’altra statua raffigura Tito Livio. Le leggende riguardanti Antenore di cui sopra sono state, per buona parte, scritte da lui. È una verità storica, però, che Tito Livio sia patavino: nacque qui prima della nascita di Cristo e morì qui 2007 anni fa. Con Tacito è considerato il più grande storico dell’antica Roma. Quale ciclista del Giro d’Italia sarebbe Tito Livio? Domenico Pozzovivo? Non lo so, andiamo avanti.

Un’altra statua è Petrarca. Non serve presentarlo qui, l’autore del Canzoniere, il precursore dell’Umanesimo, l’inseguitore di Laura come il gruppo fa con la fuga. Nacque in Toscana, ma morì in un posticino sui Colli Euganei che ora porta anche il suo nome. Quale ciclista del Giro d’Italia sarebbe Petrarca? Romain Bardet? Non lo so, andiamo avanti.

Statua è anche Galileo Galilei. Altro fenomeno pazzesco, altro nativo della Toscana, il padre della scienza moderna a Padova ha scoperto le fasi di Venere e ha dato un nuovo volto alla Luna. Fu il primo a vederne ogni fosso e ogni montagna, chissà magari se avesse saputo del Giro d’Italia avrebbe studiato qualche percorso intrigante. Quale ciclista del Giro sarebbe Galileo? Tadej Pogačar? Non lo so, andiamo avanti.

Un’ultima statua riproduce Cesare Cremonini. Non il cantante contemporaneo, bensì il filosofo che visse a cavallo tra Cinque e Seicento. Si legge che, secondo una diffusa ma falsa narrazione, Cremonini fu uno di quei professori aristotelici che si rifiutarono, invitati da Galileo, di osservare direttamente nel telescopio l’esistenza delle montagne della Luna, delle fasi di Venere, dei satelliti di Giove. Una volta disse: «La filosofia è una mia vocazione, in essa sono totalizzato», o qualcosa del genere (non è facile tradurre dal latino dopo la mezzanotte). Quale ciclista del Giro d’Italia sarebbe Cesare Cremonini? Caleb Ewan? Non lo so, quindi finiamola.

E pensiamo a questi prossimi due giorni, finalmente. Gli ultimi due giorni di montagne al Giro d’Italia. L’abbraccio di Prato della Valle è stato tanto bello quanto fugace, e questo era solo un modo per salutare vecchi amici che immagino si sarebbero divertiti, a vedere Padova così festante. Ora però: andiamo avanti, le montagne attendono.