Sull’onda di quei corridori un po’ cheerleader, vedi Pogačar o Pidcock, Jarno Widar dà spettacolo sulle strade del Giro Next Gen 2024. Vince due tappe e la maglia rosa finale e, come avrete letto in ogni dove, è il più giovane nella storia della corsa a conquistare la classifica generale: compirà 19 anni soltanto a novembre. Stravince e forse questa è la vera notizia: il suo comando non è mai stato in discussione. Gli organizzatori pensano a un percorso meno selettivo che possa restare aperto persino fino all’ultima tappa, ma il piccolo belga, di cui ancora non si comprendono bene limiti e caratteristiche definitive, va forte fin dal primo giorno quando si piazza nono nella cronometro di apertura.
Widar, classe 2005 e quindi al 1° anno da Under 23, così piccolo fisicamente da ricordare proprio Pidcock, da junior andava forte un po’ ovunque, salite e salitelle, sprint ristretti e arrivi per puncheur, pietre, colline, di tutto, si prendeva il lusso di vincere per distacco, attaccando in qualsiasi momento della corsa, forte ovunque, a parte le volate che non ama, per usare un eufemismo. Carattere forte, vincente, chiedere a chi gli è stato vicino in due cocenti – per lui – sconfitte, come quelle del Lunigiana e del mondiale lo scorso anno. Ha stravinto, lo merita, e dice che l’anno prossimo tornerà per vincere di nuovo – mai accaduto un bis nella storia di questa corsa. Ci credo poco, ma chissà: in un ciclismo così folle mi aspetterei di vederlo a pieno titolo tra i professionisti – campo che ha già calcato in stagione – già dal 2025. Piedi per terra, però, come detto è un corridore giovanissimo, che ha già grandi numeri, ma è ancora acerbo.
Sul podio salgono due spagnoli, due vere sorprese. Sì, perché Albert Torres (altro 2005, UAE Gen Z) e Pau Martí (2004, Israel PT Academy) non erano assolutamente accreditati della possibilità di chiudere così in alto, soprattutto il corridore della Israel. Parole dello stesso Pau Martí, che dopo essere arrivato con i migliori a Pian della Mussa, si era detto stupito di aver trovato un certo livello in salita. Torres beneficia di un’attività svolta in stagione tra i professionisti (ben quattro corse a tappe disputate tra “i grandi”) che gli permette di avere un motore già ben rodato per figurare con i migliori in salita. Pau Martí fa valere anche il suo spunto veloce andando a conquistare grazie ai piazzamenti all’arrivo il terzo posto davanti a Rondel – ci torno a breve.
Restando alle sorprese in classifica, cito anche l’australiano Tuckwell decimo nella generale dopo aver corso bene in stagione anche alla Ronde de l’Isard: da definire limiti e caratteristiche. È un classe 2004 che ha fatto l’esordio in Europa solo due anni fa con la maglia del Team Bike Terenzi, squadra con la quale conquistò, proprio nel 2022, la sua prima vittoria nella sua prima corsa in assoluto al di fuori dell’Oceania.
In mezzo: 4° Rondel, per molti, compreso il sottoscritto, il favorito del Giro. Rondel ha difettato in maniera palese di acume tattico. Nella tappa di Fosse ha tirato per quasi tutta la salita senza chiedere cambi, aprendo il gas quando all’arrivo mancavano ancora diversi chilometri, tratto più duro compreso, e quando Widar, perfettamente a suo agio a ruota per diversi chilometri, è partito nel finale, non solo Rondel ha perso la ruota del corridore belga, ma anche dei due spagnoli poi finiti davanti a lui sul podio. Secondi che si riveleranno preziosi. L’altro pasticcio di Rondel è datato 16 giugno, l’ultimo giorno, arrivo di Forlimpopoli. Gli sarebbe bastato arrivare in volata davanti a Pau Martí o tutt’al più dietro di una sola posizione per conservare il terzo posto sul podio. Nello sprint di gruppo il corridore della Israel ha chiuso 20°, il francese della Tudor , pur dotato di esplosività e buon spunto veloce, 25°, piazzamento che lo faceva scivolare dal 3° al 4° posto. Qui, però, da definire dove finisce il capolavoro di Martí e inizia quel pasticciaccio brutto de Rondel. Corridore il quale, però, potrà prendersi la sua rivincita al prossimo Tour de l’Avenir. Qualora lo avesse in programma diventerebbe in automatico uno dei favoriti alla maglia gialla finale.
Al 5° posto chiude Pavel Novak, primo corridore di una squadra non Development, il Team MBH Bank Colpack Ballan, tra i migliori in salita come il regolare Kajamini, 7° e migliore degli italiani, questo passa il ciclismo di casa nostra al momento. Ottimo, in generale, il Giro della squadra italo ungherese che dall’anno prossimo dovrebbe – ma non ci sono ancora conferme definitive – diventare Professional: oltre ad essere stata l’unica capace di mettere due uomini tra i primi 10 in classifica, risultato non da poco vista la presenza di quasi tutti i top team della categoria, ha messo in luce Christian Bagatin e Lorenzo Nespoli. Il primo, partito forte, 10° nella crono d’apertura e poi in fuga con i big il giorno dopo, il secondo capace di conquistare la maglia dei gran premi della montagna, fra le poche soddisfazioni del ciclismo italiano in questa corsa. Nei 10 troviamo Leo Bisiaux, sesto posto finale per uno dei miei corridori preferiti di quella che è un’incredibile annata, la 2005. Bisiaux sta correndo poco e prima o poi arriverà: se non dovesse esagerare saltando subito tra i professionisti, nel 2025 potrebbe essere uno dei corridori da battere nelle corse a tappe e anche in quella di un giorno più impegnative. Intanto la Francia tra lui, Rondel e Rolland (assente come tutta la Groupama, ingiustamente esclusa per favorire la presenza di squadra italiane fantasma, sarebbe stato forse il favorito assoluto), si gode un possibile terzetto di fuoco per l’Avenir. La Decathlon ci ha provato, anche con Kevin Verschuren, 11° in classifica, ma raccogliendo alla fine un po’ poco. 8° in classifica è Mats Wenzel, Lidl-Trek Future Racing, il lussemburghese, da quando ha iniziato a farsi vedere in campo internazionale, sin dagli juniores, ha spiccato per regolarità. 9°, invece, Alessandro Pinarello, VF Bardiani Group CSF Faizanè, in un Giro per lui e la sua squadra senza infamia e senza lode, con qualche acuto come piazzamenti di tappa di Lorenzo Conforti, classico profilo all’italiana di corridore veloce e resistente, peccato per lui essersi dovuto scontrare negli sprint con un corridore che quest’anno ha battuto alcuni tra i migliori velocisti del World Tour e dintorni.
Fuori dai dieci, invece, i corridori della Visma Lease a Bike, che perde subito Nordhagen (uno dei tre favoriti della vigilia) e Huising per un malanno, che vede Graat sottotono e 12°, con van Bekkum 16° e che viene salvata da Brennan – altro 2005 già in evidenza in mezzo ai professionisti – nell’ultima tappa, vittoria a Forlimpopoli e da un Mattio extra lusso – ci torno a breve anche qui.
In generale è stato un Giro Next Gen che ha espresso quello che è a oggi la categoria: a livello internazionale c’è poco spazio per le squadre che non sono quelle di sviluppo del World Tour e quindi come nel 2023, anche nel 2024 raccogliere risultati se non appartenenti a una certa area sportiva, diventa sempre più difficile – lo scorso anno Trinity, Colpack e Biesse portarono comunque a casa quattro tappe. Quest’anno le vittorie sono state suddivise tra cinque squadre, praticamente le top della categoria presenti e tutti vivai, se così possiamo definirli, di formazioni World Tour. Un edizione spartiacque, per me, di quello che è il futuro o meglio il presente della categoria. Su otto tappe, quattro sono andate ai 2005, due ai (anzi a un) 2004, una a un 2003 e a un 2002. A parte Teutenberg, sempre piazzato nelle tre volate, hanno praticamente vinto quei corridori che ci si aspettava vincessero.
Due tappe sono andate alla Soudal Quick Step, entrambe con Magnier che apre il dibattito su quello che andrebbe fatto a livello regolamentare: è possibile che un corridore del World Tour, capace di vincere volate davanti a fior di professionisti, scenda per dominare questo tipo di corse? Forse andrebbe cambiato qualcosa, magari mettendo un limite su quei corridori che ottengono un totale di punti tra i professionisti, ponendo un divieto di scendere nella categoria – valido sia per Giro, che per Avenir e poi per Mondiale ed Europeo. Ma la presenza di corridori del livello di Magnier è solo una parte del problema, se vi interessa approfondire potete ascoltare il mio intervento fatto sul podcast di 53×11.
La Lotto Dstny, da anni una se non la miglior squadra Development del mondo, vince tre tappe con corridori al primo anno: due con Widar e una con De Schuyteener in volata. Ha il piglio della dominatrice come non si era mai visto al Giro, andandosi a prendere una bella rivincita con la corsa: la sconfitta patita da Van Eetvelt nel 2022, contro un corridore che non si è mai più ripetuto nemmeno a livelli base, bruciava ancora. Donie è stato preziosissimo in salita e Giddings in pianura dove De Schuyteneer oltre al successo ha saputo dare una mano importante. Conquistano poi una tappa a testa la Lidl Trek Future Racing, con Soderqvist (2003), la Wanty ReUz technord con Artz (2002) e la Visma | Lease a Bike Development con Brennan (2005). Lo svedese della Lidl è il favoritissimo della crono d’apertura e non sbaglia, in generale la sua squadra è sempre presente, in classifica – con Wenzel – nelle fughe, nelle volate – con Teutenberg – e l’ultimo giorno sfiora il colpaccio con Behrens, secondo di un soffio dietro Brennan. La Wanty cerca il podio in classifica con Toussaint ma i suoi sogni di gloria terminano a causa di una caduta, quando era perfettamente in linea, e in forma, per giocarsela, ma riescono però il penultimo giorno, a conquistare la tappa con uno dei corridori più attesi: l’olandese Huub Artz, già forte di un contratto tra i professionisti dall’anno prossimo. Infine, nonostante la chiamata arrivata all’ultimo per sostituire Belletta, Matthew Brennan, altro talento del 2005 di cui non conosciamo bene i margini, e con caratteristiche da cacciatore di classiche moderno, veloce anche negli sprint di gruppo e molto resistente, conquista l’ultima tappa del Giro, salvando la corsa dei calabroni.
Per gli altri è stata dura.
Sempre più difficile riuscire a fare risultati, riuscire anche soltanto a mettersi in evidenza con una fuga o un piazzamento, risultati che sono solo una parte del tutto. Che futuro potranno avere alcuni team italiani, in questo caso, per provare a confrontarsi con certe realtà più ricche e di conseguenza più forti? Come talento, preparazione, avvicinamento, mezzi, soldi, tutto. Come biasimare squadre che a fine stagione decideranno che non avrà più alcun senso continuare? E sia chiaro, questo non dipende solo dai risultati ottenuti a questo Giro, o dalle scelte, sacrosante dal loro punto di vista, di RCS di invitare via via le squadre più forti – a sensazione immagino che il prossimo anno almeno due, se non tre squadre italiane viste nel 2024 non verranno confermate a discapito di team stranieri esclusi quest’anno decisamente più competitivi. La categoria Under 23 sta mutando completamente, non serve più a formare il ragazzo o il corridore, a fargli prendere poco a poco confidenza con uno sport che poi diventerà un mestiere vero e proprio, ma ormai è un momento di transizione per chi ha già quasi certamente in mano un contratto per il World Tour. Si è creato un divario enorme, tra chi fa parte dell’élite – i team devo – e tutti gli altri. Mettersi in evidenza, lasciare una breccia, sorprendere è sempre più complicato.
come se da una parte – perdonatemi il paragone azzardato – ci fossero i piloti delle driver academy o della formula due, che studiano per un posto nella massima categoria e tutti gli altri, alla guida di un’utilitaria in giro la domenica per qualche strada secondaria in collina.
Infine gli italiani.
Chi si salva? Oltre ai già citati tre del Team MBH Bank Colpack Ballan, Kajamini, Nespoli e Bagatin, nella lista entrano Luca Paletti, chiude il Giro in crescendo, 13° in classifica finale, è un 2004 su cui dover puntare in futuro, il suo compagno di squadra Lorenzo Conforti, che con un 2°, un 3° e 6° posto di tappa è certamente il migliore dopo Magnier e Teutenberg negli arrivi a ranghi compatti dove invece manca del tutto l’atteso Daniel Skerl – in generale, a parte Borgo, CTF Victorious in difficoltà, anche per alcuni malanni che hanno colpito la squadra alla vigilia. Aggiungerei anche un altro dei ragazzi di Reverberi, Alessandro Pinarello, che chiude nei 10 un Giro che per disegno forse ne favorisce le caratteristiche – ma alla fine cosa sarebbe cambiato da un 9° a un 5°/6° posto, forse massima ambizione per qualità e peculiarità? Bravo anche Samuele Privitera, come Borgo un 2005 (e come Luca Giaimi, praticamente mai visto se non nel dare una mano ai suoi compagni dell’UAE), ha corso malaticcio ma non appena è stato bene si è lanciato in fuga nella tappa con arrivo a Zocca chiudendo al 3° posto. Iniezione di fiducia per il ligure della Hagens Berman Jayco squadra vincitrice del Giro due anni fa e praticamente mai vista a eccezione per l’appunto di Privitera. Da evidenziare anche i piazzamenti nelle volate di Andrea D’Amato (2002, Biesse-Carrera), 3° e 4° di tappa a Borgomanero e Cremona e di Lorenzo Peschi (2002, General Store), 4° a Borgomanero, 6° a Zocca (era in fuga) e 10° a Cremona.
Spiccano, poi, Raccagni Noviero e Mattio. Il primo, dopo il secondo posto nella crono di apertura, è una risorsa fondamentale per le vittorie di Magnier e si prende pure il lusso di andare in fuga in una tappa con salite, non di certo il suo pane, il secondo, invece, è fondamentale per Brennan a Forlimpopoli. Qui una breve, ultima, riflessione: negli ultimi anni abbiamo avuto buoni, ottimi corridori che tra gli Under 23 emergevano riuscendo a fare i capitani, trasformandosi poi tra i professionisti in gregari, spesso e volentieri di grande qualità. Oggi, all’interno delle squadre di sviluppo straniere, i ragazzi iniziano a essere fior di uomini-squadra sin dall’ultima categoria prima di passare professionisti. Questo è. Se Mattio dopo il Giro ha firmato, come Belletta, qui assente a causa di un infortunio, per un altro anno con la squadra Development della Visma, questo Raccagni Noviero merita un posto nella Soudal dei grandi. Ha caratteristiche da uomo del nord, da uomo squadra – lo accosterei ad Asgreen – e in questo momento storico la squadra di Lefevere non si può certo permettere grossi investimenti oppure di fare la schizzinosa su un certo tipo di corridore. Oltretutto, avendo indebolito il blocco per le corse del Nord, quello del corridore friulano è un nome da cui potrebbero ripartire. Detto del CTF e del buon Giro di Alessandro Borgo – altro 2005, ribadisco, annata d’oro per il ciclismo, selezionato all’ultimo momento per sostituire Stockwell, nonostante gli esami di maturità imminenti – un peccato non aver potuto vedere al loro massimo Matteo Scalco, VF Group Bardiani CSF Faizané, ritirato per un malanno, avrebbe potuto cogliere una top ten o qualcosa di meglio, Ludovico Crescioli, anche lui condizionato da un malanno dal primo giorno, ed Edoardo Zamperini condizionato da una frattura della clavicola a poche settimane dal Giro. Chissà se uno di questi ultimi tre, insieme ai sopracitati Raccagni Noviero, Mattio e Belletta, al già confermato Kajamini, e al quasi certo Pinarello, non possano essere i 6 uomini convocati da Marino Amadori al Tour de l’Avenir. Prima, però, per il ciclismo italiano ci sarà un Val d’Aosta dove provare a ottenere qualche risultato migliore.
Foto: Lapresse
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