Ieri ha annunciato il ritiro Pierre Rolland. Un corridore che a noi è sempre piaciuto in modo particolare e infatti ne abbiamo parlato all’interno di #Alvento14.
Era un numero dedicato alle fughe e quella di Rolland al Tour de France 2011, tappa 19 con arrivo sull’Alpe d’Huez, meritò di essere ricordata quella volta, merita di essere menzionata nuovamente.
“Alpe d’Huez 2011, terzultimo giorno di corsa. Mentre Voeckler soffocava il proprio sogno e quello di tutti i francesi cedendo in salita con indosso la maglia gialla, il suo giovane compagno di squadra cavalcava vittorioso verso una delle salite simbolo della storia del ciclismo. Non una vera e propria fuga da lontano, ma emblematica: dopo aver raggiunto Contador sulle rampe finali dell’Alpe d’Huez, Rolland si scrollava di dosso la sua compagnia (e quella di Samu Sanchez) regalando alla Francia la prima e unica vittoria in quell’edizione della corsa francese. Rolland correrà la stagione successiva con il profilo della tappa vinta inciso sul telaio”.
Quel giorno Rolland rimase di fianco a Voeckler, in maglia gialla a due tappe dal termine, finché il leader della classifica gli diede via libera. «Non ho mai pensato di perdere la tappa, non avrei mai lasciato solo Voeckler per arrivare secondo o terzo», raccontò, in modo quasi sfrontato, un corridore che sfrontato lo è stato soltanto in corsa, amante delle fughe, spesso bizzarre, delle maglie a pois, della visibilità in salita.
Rolland lascia il ciclismo a 36 anni. 16 stagioni tra i professionisti e 12 vittorie. Un bel palmarès: due tappe al Tour, una al Giro, un quarto posto nel 2014 nella Corsa Rosa dietro Quintana, Uran e Aru, davanti a Pozzovivo. Un ottavo posto al Tour del 2012 quando vinse anche la tappa con arrivo a La Toussuire e un decimo con maglia bianca finale al Tour del 2011.
Lascia dopo una carriera passata perlopiù in compagini francesi, ma con una parentesi alla Cannondale, squadra americana, che inizialmente Rolland commentò così. «Finché si parla di ciclismo me la cavo. Se dovessi parlare di letteratura sarebbe un problema. Ho dovuto imparare l’inglese perché la Cannondale è una squadra americana. Dopo una vita passata in ambienti francesi, chissà che questo cambiamento non mi faccia bene».
Lascia dopo aver speso una carriera con la consapevolezza dell’importanza del circondarsi di persone per lui importanti. Nei giorni scorsi ha ricordato la figura di Gautier, compagno di allenamenti e di vacanza, amico fraterno con il quale ha diviso gli ultimi anni in squadra. «Il ciclismo è uno sport di sofferenza, durissimo, per questo ritengo essenziale avere con me le persone che amo».
Lascia dopo che la sua squadra, la B&B Hotels-KTM ha annunciato la chiusura: «La mia carriera si chiude qui, ma non è per me che saranno giorni complicati», raccontava giorni fa pensando ai suoi compagni di squadra e ai componenti dello staff rimasti a piedi. Forse gli sarebbe piaciuto continuare ancora, chissà: «Ma il destino ha deciso diversamente», scrive su Twitter.
È stato un gran bel talento in salita Rolland, di quelli sempre all’attacco: L’Equipe ricorda come a un certo punto “Attaque de Pierre Rolland!” divenne una sorta di slogan al Tour ed esistono anche pagine sui social network che si chiamano così.
È stato uno scalatore con un timbro caratteristico: la strada si impennava e lui partiva, non importa se poi spesso dopo qualche centinaio di metri veniva ripreso, lui magari ti scattava di nuovo in faccia per poi essere ancora ripreso. Era fatto così: poca paura di stare al vento, a volte di quelli che aspetti e che non arrivano, di quelli su cui la Francia ci scommetteva come grande speranza, ma dove grande speranza per loro significava (significa) vincere il Tour de France. Si è portato sulle spalle l’onere e l’onore, ma alla maglia gialla ha spesso preferito una più comoda maglia a pois.
È stato un bel corridore non c’è che dire, poco vincente, molto appariscente, è stato Pierre Rolland, anzi, “Attaque de Pierre Rolland!”, detto proprio così.