Non fosse stato per il ciclismo oggi Patrick Konrad avrebbe un ristorante e farebbe lo chef. «Cucina austriaca e italiana, le mie preferite» ripete spesso, anche se poi, quando cita i suoi piatti prediletti viene da sorridere. «Tortine di riso con miele e cannella: hanno lo stesso sapore dello strudel» dovere che probabilmente gli impone il suo mestiere.
Oggi ha scritto il suo romanzo, cogliendo l’attimo «come quando hanno vinto Mohorič e Mollema, anticipando» e senza quel calcolo, sul traguardo di Saint-Gaudens avrebbe forse esultato Colbrelli, che non finisce di stupire, che si vorrebbe unire alla festa italiana di questi giorni, che bastano due gocce di pioggia e un po’ di freddo e si trasforma nel più poliedrico dei corridori, ma d’altra parte non può essere sempre tripudio tricolore.
E oggi, Konrad, cuoce il miglior piatto. Cuoce Bakelants, uno che viene definito l’intellettuale del gruppo, che sulla mappa di cicatrici che porta addosso potrebbe scrivere una quantità di libri inferiore solo al numero di letture accumulate durante l’anno. Una volta si lasciò andare ad un’esternazione infelice quando disse: «Mi porto dietro una scatola di preservativi, perché con le miss del podio al Tour non si sa mai». Voleva forse essere una battuta, chissà, uscì male e finì in bufera.
Tempo fa Konrad, con un cognome a metà tra la letteratura e lo sport che pratica (rad, in tedesco, vuol dire ruota) disse che il ciclismo è lo sport più figo del mondo, testuale, perché è l’unico che il tifoso può toccare con mano, perché sulle grandi montagne lo sforzo viene attutito dalle urla della gente e che per questo dobbiamo essere grati a loro.
Oggi le montagne erano spaventose, un cuore di tenebra attorniato da oscuri presagi sotto forma di pioggia o dietro la terribile fama del Col de Portet d’Aspet che rievoca il peggiore dei momenti: Casartelli, 1995. La battaglia dei fuggitivi, ci ha fatto dimenticare per un attimo le cose brutte, mentre lo Chef Konrad ci deliziava cucinando il più gustoso dei suoi piatti.