C’è una cornice, arrivando a Trento, che sono le montagne tutto intorno. Così a picco che quasi vengono le vertigini, e puoi scegliere se restare a bocca aperta, oppure lasciarti andare a qualche esclamazione.

Le numerose scritte “Trentino 2021 UEC ROAD EUROPEAN CHAMPIONSHIPS”, appena usciti dalla tangenziale, attivano l’occhiometro: bianco, verde e blu che campeggia in tutta la città. È il caso di spegnere il navigatore perché sai di essere entrato nel cuore dell’evento.
Giro lo sguardo e la terza cosa che mi colpisce è la quantità di biciclette. Gente normale su due ruote: studenti, lavoratori, cittadini, persino turisti e cicloviaggiatori, insomma ciclisti di ogni genere. Poi mi giro di nuovo ed ecco i primi corridori. Procedo a passo d’uomo cercando di ambientarmi quando un ragazzo della Norvegia, bello per quanto statuario in tutta la sua imponenza, con una bici da corsa nera che pare un cavallo uscito da un racconto fantasy, però di quelli che fanno paura, prova a tagliarmi la strada: in realtà sono io che in un primo momento non mi ero accorto delle strisce. Passa una frazione di centesimo tra l’imprecazione solo pensata e poi esclamata, rallento, freno e lo lascio passare. Si gira, non mi ringrazia, forse ho sciolto il suo cuore nordico e magari ha pensato pure di mandarmi a quel paese.

Arrivati al quartier generale, c’è un po’ di tensione nell’aria: test Covid, Green Pass, passaporti, coda, ma ciò che non colpisce è Remco Evenepoel. In ciabatte e con la divisa d’ordinanza della sua nazionale, Remco pare (lo è) un bambino in mezzo a irlandesi, estoni, spagnoli (ma quanti spagnoli ci sono tra gli iscritti? Sembrano migliaia), altri belgi; ha la faccia imbronciata, Remco, e nei prossimi giorni potremo dire se è la faccia imbronciata dei giorni migliori. Di recente si è ritirato dal Benelux Tour per un malanno, è qui per spaccare il mondo (l’Europa) perché sa che è la cosa che gli riesce meglio.

C’è una ragazza islandese che piange a non finire dopo il tampone, vorrei capire cosa sta dicendo alla sua compagna di squadra, ma purtroppo non ho mai avuto tempo per imparare la sua lingua; vicino a me Elisa Longo Borghini, anche lei in attesa dei risultati del test, mi dice di essere gasata all’idea della cronometro a squadre mista che chiuderà il programma di domani.
I ragazzi ciprioti se ne stanno tranquilli in disparte, sorridenti, una divisa tra il rosa salmone e l’arancione, quasi sospesi come se la tensione dell’evento non li toccasse, mentre i norvegesi sono bimbi irrequieti che scalciano e ridono: le loro gambe paiono sentire il peso delle responsabilità in attesa delle gare.
L’ultima squadra ad arrivare in coda per i tamponi, e sembra strano dirlo, è la Svizzera, mentre di fianco passa un corridore con la divisa della nazionale francese: è Thomas Voeckler, oggi Commisario Tecnico, uno che quando correva rubava sempre l’occhio e che in un percorso come questo avrebbe fatto un figurone. E mentre cala il tramonto, la funivia di Sardagna, lassù in alto, noncurante del brusio nella vallata, continua a fare avanti e indietro.