Che idea bislacca per un mondo che pare non abbia un futuro (ahia, iniziamo bene… direte voi) pensare di osservare da una montagnetta che arriva al massimo a trecentotrenta metri di altitudine ciò che potrà essere. O forse è proprio questo il paradosso o il punto, chissà.

Però dal Poggio (di Sanremo) puoi vedere tante cose, magari non la Tour Eiffel come riesce a Vinz e Said ne “l’Odio’’ da un palazzo del centro di Parigi, e nemmeno spegnere il mondo per un attimo con lo schioccare delle dita, ma mentre osservi ti fai ugualmente un po’ di domande e iniziamo da Pogačar: hanno fatto tutto bene lui e la sua squadra (almeno sino a lì)? Non è che magari poteva rispondere all’attacco di Mathieu van der Poel? Il problema è la caduta o l’atterraggio?

L’impressione è che lui e l’UAE abbiano svolto il compito (quasi) alla perfezione – qualcuno direbbe che peggio dello scorso anno era difficile – in una corsa dove è impossibile lanciarsi in chissà quali svolazzi studiati a tavolino: i punti dove fare la selezione sono quelli; i punti dove scattare si conoscono a memoria. Avviene una prima selezione sulla Cipressa, ma non devastante come dodici mesi prima, scelta fatta proprio per tenersi di fianco i suoi uomini e sgranare il gruppo nella breve ascesa successiva. Sul Poggio, infatti, sono perfetti nel lanciarlo, l’azione di Wellens, che cambia ritmo rispetto a quello più stabile tenuto dalla Bahrain, è una progressione che dimezza il gruppo e abbatte le speranze di quelle ruote velocissime che fino a poche centinaia di metri prima parevano muoversi più che bene (vedi Ewan, Ballerini o Cort Nielsen: più passavano i metri e più prendevano la forma degli spauracchi).

Prima che il belga, facendosi da parte, possa dare il via libera all’attacco del suo capitano, Trentin, manovra perfetta anche la sua, in nona ruota si sposta e fa il buco, Cosnefroy e un altro corridore della Alpecin – un Philipsen d’annata: finalmente sta sbocciando quel corridore che aspettiamo da cinque anni anche nelle corse di un giorno? vedremo… – non chiudono e davanti restano nell’ordine: Wellens, Pogačar , van der Poel, Pedersen, Ganna, Kragh Andersen, Mohorič, van Aert. Poi il belga dell’UAE dalla testa si leva di torno, parte Pogačar e restano in quattro, ma quello che pare l’affondo decisivo – ma non risolutivo – risulta essere il là, poco dopo, fondamentale per l’azione di van der Poel che sale a bocca chiusa mentre gli altri sono a tutta e che quando scatta pone fine alle ambizioni dello sloveno, dell’italiano e del belga.

E per rispondere dunque al primo quesito: Pogačar ha fatto tutto bene? Certo. E pareva il miglior Pogačar possibile – d’altra parte da febbraio fino a poche centinaia di metri dalla cabina telefonica che segna l’inizio della fine della salita del Poggio, aveva ammaliato per l’efficacia delle sue azioni. Ma il miglior Pogačar possibile per vincere la Milano-Sanremo: 1) deve arrivare da solo e staccare gente di questo calibro sulle dolci pendenze sopra Sanremo non è facile; 2) se arriva in un gruppetto deve sperare che in quel gruppetto non ci sia gente come van der Poel o van Aert (o come l’incredibile Ganna visto sabato, ma ci ritorneremo). Tertium non datur, e va bene così, a fine gara lo sloveno, protagonista di una Sanremo che non dimenticheremo, sorride soddisfatto della sua gara e rilancia per l’anno prossimo. Magari cambiando nuovamente spartito lui, visto che il percorso rimarrà verosimilmente sempre questo.

VAN DER POEL LOGORA CHI NON CE L’HA

Milano Sanremo 2023 – 114th Edition – Teams Presentation – Abbiategrasso – 17/03/2023 – Mathieu Van Der Poel (NED – Alpecin – Deceuninck) – photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Dopo le domande è il tempo delle affermazioni: sulla forza di van der Poel e su quel qualcosa che sembra ogni volta mancare a Wout van Aert sul Poggio.

Van der Poel, in nemmeno troppe poche parole: dal suo incredibile filotto nelle corse cosiddette Monumento, fino a un un palmarès nelle gare di un giorno che appare così ricco, sontuoso, che a fine carriera – speriamo che questa arrivi più tardi possibile, ma tant’è – lo metterà tra i più grandi interpreti di sempre delle grandi classiche. Top ten in tutte e cinque le Monumento; una Milano-Sanremo, una Strade Bianche, una Amstel Gold Race, due Fiandre, un podio alla Roubaix, e ancora in un Fiandre e in una Milano-Sanremo. Tutto molto bello direbbe Pizzul, noi aggiungiamo esaltante al posto di bello: dai risultati statistici, al solito parallelismo con nonno Poulidor che francamente non stanca mai, e lo dice chi fa del cinismo un cavallo di battaglia, ma poi in realtà si scioglie davanti a certe situazioni.

E poi quell’azione che gli vale anche il record di sempre sul Poggio (5’40” con un margine di errore di 2″) con una delle manovre più incredibili a memoria di chi scrive e si presume anche di chi legge, azioni indimenticabili che con van der Poel iniziano pure a essere diverse, grazie alla sua capacità di esprimere potenza superiore a chiunque altro, sia che si parta da fermi – le famose volate a due dove risulta spesso imbattibile (con eccezioni) – alcune volate prese da lontanissimo, sforzi su pendenze a doppia cifra (Santa Caterina a Siena), o su pendenze dolci ma affrontate a tutta velocità come a Sanremo.

E dal Poggio osserviamo, guardando l’orizzonte, e vediamo il lavoro incredibile che stanno facendo nella sua testa papa Adri, la squadra, chi gli sta vicino e chiaramente quanto lui ci stia mettendo del suo. Tatticamente è diventato quasi perfetto in corsa, è vero a volte si concede qualcosa – per fortuna – basti pensare al Giro 2022 tutto all’attacco per la nostra gioia che lo abbiamo amato ancora di più, ma vi ricordate quando era così naïf che al Fiandre solo quattro stagioni fa rischiava di compromettere la sua salute per saltare i marciapiedi in bicicletta?

Oppure quando inizialmente stava al vento, troppo sicuro di sé, a cercare il posto giusto in gruppo, a defilarsi e risalire sprecando energie, o ancora: avete memoria di quell’azione – straripante, leggendaria è vero, ma… – alla Tirreno-Adriatico di due anni fa? Quell’azione gli tolse le energie necessarie per essere competitivo alla Milano-Sanremo. Quest’anno alla Tirreno si è allenato, ha fatto dei test, come sospettavamo si è nascosto. Questo, viene anche da pensare, può essere dato dai noti problemi fisici (schiena, ginocchio) che si porta dietro da tempo e che lui è riuscito a trasformare in occasione da sfruttare. Non si corre più per la gloria estemporanea, per vincere o piazzarsi ovunque, ma solo pochi obiettivi mirati. Possibilmente grossi.

Tutto questo lo porta a essere dominante sul Poggio, il numero uno al mondo nelle corse di un giorno, con buona pace del suo eterno rivale van Aert e dell’all-rounder per eccellenza, quel fuoriclasse di nome Tadej Pogačar.

VAN AERT SE POTESSE DIREBBE: «ABOLITE IL POGGIO»

E veniamo a van Aert: la sua squadra ha condotto la prima parte di gara, un uomo a testa per tutte le squadre che avevano un favorito alla vittoria finale, poi le cadute hanno coinvolto Tratnik (ben due volte, gli altri si sono visti pochissimo), facendogli mancare una pedina fondamentale nel finale e nel momento del dunque è rimasto solo – addirittura troppo indietro nel momento dell’accelerazione di Wellens, prima, Pogačar poi, e quelle energie sprecate per rimontare posizioni in gruppo gli sono costate care (qui torna quel concetto espresso che alla Milano-Sanremo non bisogna sprecare un goccio di energia); ed è qui che si è ancora una volta scontrato con la dura legge del Poggio, una salita che non digerisce pienamente. Quando vinse, nel 2020, fu l’unico a resistere ad Alaphilippe, è vero, ma si salvò per il rotto della cuffia, evidentemente certe sgasate massime su suolo italiano non le regge. Attenzione però, chiariamo il concetto: parliamo di “non digerisce il Poggio” magari rispetto a uno, due, tre corridori, con gli altri centocinquanta e passa già saltati!

Sabato scorso sulla salita sopra Sanremo è stato accucciato prima a ruota di sei/sette corridori, poi quando restavano in quattro, degli altri tre; è andato in affanno sull’accelerazione di Pogačar, ma ha chiuso lui il buco, caduto nella trappola di van der Poel (quando attaccano Pogačar e Ganna, è van Aert che ricuce), ha sprecato quelle energie utili per salvarsi dal devastante attacco dell’olandese poco dopo. Infine proprio per caratteristiche è evidente come al belga serviva arrivare in quattro per sperare di vincere. Ma ci sarà tempo per le rivincite già dalle prossime ore.

E INFINE GANNA, MA PER NOI È SOLO L’INIZIO

Milano Sanremo 2023 – 114th Edition – Abbiategrasso – Sanremo km 294 – 18/03/2023 – Filippo Ganna (ITA – INEOS Grenadiers) – photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

A 27 anni è arrivato il momento della sua massima maturità anche su strada. Poi che la sua disponibilità nell’essere sempre a disposizione del capitano di turno – cosa buona e giusta – non gli ha fatto crescere dentro quell’istinto necessario a muoversi nel momento opportuno è un dato di fatto e lo dice anche lui. Parole sue: «Non ho seguito van der Poel perché non sono abituato a giocarmi i finali di queste corse con certi corridori». Poi ha stupito; stupito così tanto che inizialmente ci si domandava: ma è Ganna quello a ruota di Pogačar o, e qui citiamo Bene (con la b maiuscola): “è forse il caso di una ubriacatura collettiva sdrucciolata sull’asse metonimico?”. Invece era realtà. Che poi in molti abbiano approfittato del pomeriggio davanti alla classicissima per darci dentro con birra o vino, buon per loro.

E infine ci dà speranza, in un momento in cui, possiamo dirlo senza timori di smentita, il ciclismo italiano affronta diverse difficoltà, abbiamo trovato un grande corridore che pensavamo fosse così iperspecializzato da non poter competere al livello che abbiamo visto sul Poggio, con tre dei quattro più forti corridori al mondo. E Ganna c’era, di diritto, per gambe, forma e palmarès, e con un bel messaggio: «Ora punto tutto sulla Roubaix». E allora fai una cosa: prendi il nostro cuore, Ganna, straccialo, calpestalo, fanne ciò che vuoi, tanto poi ci rivediamo dentro il velodromo francese, il tuo habitat naturale, la tua corsa.