Per Fabrizio Beyerle e Massimo Bonomi è iniziato tutto da un’esclamazione: «E noi cosa facciamo?». Partecipando, o semplicemente osservando, a diverse manifestazioni amatoriali di ciclismo, Fabrizio e Massimo hanno pensato che sarebbe stato il momento di inventare qualcosa di loro. Qualcosa che racchiudesse la loro idea di ciclismo. Così è nata l’idea della Duomo-Stelvio: una pedalata libera, da Piazza del Duomo fino a una delle cime più famose del mondo, il Passo dello Stelvio. «Ho origini tedesche, ma sono sempre vissuto a Milano. Per me pensare al Duomo vuol dire pensare a casa- racconta Fabrizio- in fondo, però, per ognuno di noi, da qualunque città provenga, ovunque sia nato, il Duomo di Milano è qualcosa di unico, un simbolo. E lo Stelvio? Il Passo dello Stelvio è la salita per eccellenza. Non è la più dura, ma senza dubbio è fra le più evocative. Tutti sanno cos’è lo Stelvio, tutti se lo immaginano appena ne sentono il nome. Per questo, il 24 luglio partiremo da sotto le guglie del Duomo e arriveremo lassù, in cima». Un’idea nata e portata avanti insieme ad una squadra di amatori: il Team 100.1. «Un nostro amico, ad ogni “pedalata”, deve percorrere sempre almeno cento chilometri, altrimenti si volta e fa il giro dell’isolato, pur di vedere quel numero sul contachilometri. Per questo ci chiamiamo così».
Questa volta i chilometri saranno 240, con ben 3400 metri di dislivello, più di 2400 nell’ultimo tratto, e un tracciato ben definito, spettacolare. «Siamo partiti all’alba di una mattina di settembre con macchina e bicicletta munita di Gps per disegnare nei dettagli il percorso e abbiamo scoperto o riscoperto paesaggi di cui spesso rischiamo di dimenticare la bellezza». Fabrizio racconta che Marco Saligari, durante una pedalata, qualche tempo fa, gli disse: «Mi raccomando, pedala con gli occhi» e da quel giorno lui si sente in dovere di raccontare a chiunque questo insegnamento che ha cambiato il suo modo di approcciarsi all’attività sportiva. «Spesso come amatori ci sentiamo dei fenomeni e dimentichiamo di guardarci attorno. È un grosso errore. Prendiamo il Sentiero Valtellina, la ciclabile che condurrà allo Stelvio partendo da Colico, sul lago di Como, e arrivando a Bormio. Si attraverserà diverse volte l’Adda su dei ponti dedicati che offrono scorci di rara bellezza, si transiterà in vecchi paesini in stile “L’albero degli zoccoli”, per poi inoltrarsi nei meleti. Da quelle parti si respira un profumo delicatissimo, sembra di sorseggiare succo di mela. E noi dovremmo perderci tutto questo per fare la corsa al miglior piazzamento o al miglior tempo?». La risposta è ovviamente negativa e, proprio per questo, Fabrizio e Massimo hanno pensato che non ci saranno premi, se non una medaglia di legno e l’iscrizione all’albo d’oro “Sovrano dello Stelvio”. Per incoraggiare lo spirito di squadra saranno consentite staffette in modo da darsi il cambio durante il tragitto. «Non tutti sono allenati per simili distanze ed è anche giusto così. Darsi il cambio è un gesto molto importante nel ciclismo. Ogni staffetta sarà composta da tre persone di cui almeno una donna: anche questo è un messaggio a cui teniamo molto. L’importante è aiutarsi e arrivare. Chiunque arrivi può essere orgoglioso».
E Fabrizio se la immagina già quella mattina. «Quando i primi partecipanti arriveranno a Lecco, sarà mattina presto, intorno alle sette. Di fronte a loro si staglierà il Resegone ed a qualcuno verrà certamente in mente Alessandro Manzoni. Altri, magari stranieri, vedranno il lago per la prima volta, col sole alle spalle mentre chiacchierano con l’amico che pedala accanto. Così fino a Perledo e Varenna». Un’occasione unica perché, per gli ultimi cento chilometri, la pedalata sarà in mezzo alla natura, lontana dal traffico cittadino. «In un paese come il nostro, in cui l’insicurezza stradale è un vero e proprio dramma, credo che questa sia una possibilità importante. Per pedalare in tranquillità, senza paure e continuare a dare l’esempio. Io dico sempre che, come ciclisti, come parte debole, dobbiamo metterci nell’ottica di essere inattaccabili, di prestare la massima attenzione ad ogni dettaglio in modo da non lasciare alcun alibi agli automobilisti».
E fra tutti i ciclisti ve ne sarà uno speciale: Daniele Schena, soprannominato Stelvioman. «Parliamo di un uomo che ha scalato lo Stelvio ben quattrocento volte. Posso dire che per me è una questione di orgoglio pedalare accanto a lui». Solo ad una cosa Massimo e Fabrizio non vogliono pensare. «Abbiamo predisposto tutte le misure necessarie per evitare contagi da SarsCov2 e saremo rigorosi nel loro rispetto, ma questo pensiero non deve diventare assillante. Vogliamo credere che riusciremo a vivere questa avventura, con la leggerezza e la spensieratezza che la bicicletta consente. Finalmente all’aria aperta, finalmente assieme».
Già, perché Fabrizio ha iniziato a pedalare sin da ragazzo per un motivo molto semplice: «Non riuscivo a stare fermo così ho iniziato a pedalare. In famiglia lo sanno tutti e le mie nipoti, bambine che hanno dai due ai sei anni, appena vedono qualcuno in bicicletta, si girano verso i genitori e dicono: “Guarda il nonno”. Quale miglior modo di raccontare il ciclismo?».