C’è un momento, sulle pendenze arcigne di via Santa Caterina, alla “Strade Bianche”, dopo oltre trenta chilometri di fuga solitaria, in cui per Kristen Faulkner è ancora tutto possibile. Lo sguardo è fisso in avanti, per immaginare Piazza del Campo, e per terra, per restare focalizzata su ogni metro, senza lasciarsi distrarre troppo da quel pensiero, non si volta quasi mai, anche se sente che, dietro di lei, la situazione è esplosa. Prima lo scatto di Demi Vollering, poi quello di Lotte Kopecky: il duo della SD-Worx va via troppo veloce, si avvicina sempre più e, se rientra sulla testa della corsa, su Faulkner, è evidente a tutti che non ci sarà molto da fare per l’americana.
L’ultimo momento in cui tutto può accadere è proprio quello in cui Kopecky e Vollering la braccano da vicino e Faulkner, pur davanti, percepisce che ne hanno di più, che possono superarla in qualunque momento e far scoppiare la bolla di un desiderio che è sospesa nell’aria da minuti e minuti. Sente le loro ruote che macinano strada e mangiano metri, secondi. Non ci si può voltare, il Campo è sempre più vicino. Le serve una forza di volontà incredibile per non girare la testa e non pensare di dare respiro alla fatica, anche quando è certa che, ormai, non ci sia più nulla da fare per la vittoria.
Succederà l’inevitabile, mentre l’acido lattico le morde i muscoli. Eppure Faulkner, terza al traguardo, continuerà con lo stesso sguardo, come se quel desiderio fosse intatto. Ed, in un certo senso, è intatto. Sì, i desideri spazzati via sono desideri da riprendere per mano per accompagnarli “alla prossima volta“. Parlare di Faulkner, oggi, significa parlare di questa cosa qui: delle volte in cui abbiamo la forza di continuare a credere alla nostra pedalata, l’unica possibile, mentre gli altri ci passano in tromba e se ne vanno.
Foto: Sprint Cycling Agency
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