Nella vita, o meglio nel lavoro, sosteneva un personaggio importante della cultura popolare italiana, tale “Profeta di Fusignano”, servono tre fondamentali parametri che non solo aiutano ad andare avanti, ma permettono di avere successo o comunque realizzarsi in quelli che sono i propri obiettivi: “Pazienza, colpo d’occhio e… fortuna”. Edulcoriamo l’ultimo termine così, perché ci va, ma in realtà per capire di cosa stiamo parlando e per scoprire a quale organo appartenente al corpo umano si riferisse Arrigo Sacchi all’epoca, non serve nemmeno scomodare una veloce ricerca su Google.

Mathieu van der Poel la pazienza la mette da parte scavalcandola a suon di watt espressi in bicicletta; il colpo d’occhio è un arma che ha affinato nel ciclocross, insieme a quella sua abilità innata e poi allenata, pedalando con una tecnica unica, utile a dare potenza sul dritto o percorrere con leggerezza le curve; la fortuna, infine si sa, aiuta sempre gli audaci e il corridore olandese è sempre stato amante del rischio per natura.

Ora non vogliamo di certo semplificare, o non rendere onore al merito, a tal punto da intendere che la sua vittoria alla Roubaix sia arrivata grazie al (una buona dose di) culo (ecco la parola, ci è sfuggita, la lasciamo), per carità, ma quel diavolo di un Mathieu, nel pomeriggio del 9 aprile 2023, ne ha avuta e come sempre succede in questi casi, se l’è pure meritata.

La fortuna (o il suo contrario) e i pensieri intorno al suo condizionamento nella vita di tutti i giorni da sempre attrae i pensieri degli uomini. Si cercano significati nascosti e motivazioni: “per quale motivo uno è più fortunato di un altro?”. Può esprimere concetti riguardanti la superstizione e condizionare in maniera irrazionale (a chi non è mai capitato guardando una partita di pallone, magari dei calci di rigore, di non cambiare mai la propria posizione sul divano?), ma può essere anche semplicemente un momento racchiuso in qualcosa che potremmo definire stato di grazia, come quello che, dalla Milano-Sanremo, pare vivere Mathieu van der Poel.

Dicevamo: perché qualcuno è più fortunato di un altro? Chi lo sa, ma viene da chiedersi: perché in quel momento preciso in cui van der Poel si tocca con Degenkolb e il tedesco va a terra, van der Poel, omone, “califfo delle pietre” come lo ha definito il giornalista svizzero Stefano Ferrando, resta in piedi, e quando attacca van Aert subito dopo, lui lo segue, lo raggiunge e poche centinaia di metri dopo è proprio van Aert a forare e a dover abbandonare ogni idea di giocarsi la vittoria dentro al velodromo? (che finale sarebbe stato?). Forse la capacità di stare in piedi in quel frangente (lo scontro con Degenkolb) è figlia delle sue abilità, ma quella di vedere forare il suo avversario numero uno…

Abbiamo chiesto a Dainese un’impressione sulla sua Roubaix e nella nostra chiacchierata un punto è tornato fuori sovente «Ci vuole fortuna, ma quella fortuna bisogna andare a cercarsela, bisogna stare sempre davanti e già essere in decima posizione dentro Arenberg com’è successo a me, può non bastare».

Foto: Sprint Cycling Agency

Assurdo pensare a quali forze agiscano in quei frangenti. Alla rabbia che si prova per quello che è appena successo al belga, all’esaltazione nel vedere come l’olandese invece superi indenne ogni tipo di difficoltà. Quel diavolo di un Mathieu pochi minuti dopo azzarda una manovra che potremmo definire solo e soltanto vanderpoeliana: in una curva, su un più semplice settore di pavé, già testata in ricognizione (ma probabilmente senza lo spartitraffico di plastica in mezzo) arriva a tutta velocità e senza frenare dribbla un blocco giallo che sembra un enorme lego, lo dribbla come fosse un Roby Baggio degli anni ‘90. D’altra parte numero dieci chiama numero 10.

Un sospiro di sollievo per noi, naturalezza per lui: sappiamo che Mathieu, cascasse il mondo, quelle curve le affronta senza frenare – importante sarebbe una dichiarazione di non responsabilità in sovraimpressione: non provateci quando siete in bicicletta, nessuno di voi è bravo e fortunato come Mathieu in quel frangente.

A fine corsa gli hanno chiesto se nel finale avesse preso qualche rischio di troppo, ma lui, laconico: «Di nessun genere, ho sempre avuto il controllo della gara. Quando il destino è nelle mie mani non sono mai nervoso, non ho mai paura. Quando sono da solo posso permettermi di fare le cose che mi riescono meglio».

Diavolo di un Mathieu, al 9 aprile 2023 il tuo palmarès recita: 2 Fiandre, 1 Sanremo, 1 Roubaix, 1 Strade Bianche, 1 Amstel, 1 Brabante, 2 Dwars, tappe al Giro e al Tour per un totale di 42 successi su strada da professionista e non vogliamo scomodare l’extra.

Insomma, dai, fortuna e bravura, ti stai realizzando e, cosa che non guasta, ci stai facendo divertire parecchio.

 

Foto in copertina: ASO/Pauline Ballet