Bling è Michael Matthews. Ma non è possibile spiegare pienamente cosa significa Bling, e di conseguenza raccontare Michael Matthews, senza andare con la mente ad una circostanza abbastanza frequente. Spesso è ciò che non ti aspetti a traghettarti in quella che poi sarà la tua dimensione. Nella vita questa è esperienza comune, lo si scopre ben presto. La scoperta, però, non finisce qui. Succede infatti che, proprio quando ti imbatti in quello che non ti aspettavi e percepisci che, in fondo, tu appartieni da sempre a questo qualcosa, ti volti indietro e, con un pizzico di lungimiranza o se volete di interpretazione, capisci che molte delle cose, che per il buon senso comune o per la logica della società in cui vivi sono da rimediare o da aggiustare, sono le uniche ad averti portato lì, dove sei felice. Bastava incanalarle, bastava indirizzarle. Michael Matthews lo ha dichiarato più volte: «Sono felice, davvero. Per questo sorrido sempre. La mia ricetta consiste nel godermi la vita. A più non posso». Tutto facile, no? No, per niente, perché per essere felici serve capire, senza comprensione non può esserci felicità. Senza comprensione può esserci solo inconsapevolezza. Ci si può sentire leggeri nella felicità, come nell’inconsapevolezza, ma non si tratta dello stesso sentimento.
«A Canberra, da ragazzino, ero considerato un “diverso”. Il mio soprannome viene da lì, Bling significa sgargiante, vistoso, appariscente». Si sa, i ragazzi, soprattutto nel periodo dell’adolescenza subiscono una forte spinta verso l’omologazione, necessaria per sentirsi parte di un gruppo o per conformarsi ad un modello. Si tratta di un modo come un altro per crescere sentendosi sicuri. Alcuni ragazzi condividono realmente l’approccio della maggior parte dei loro coetanei, altri no, ma si adeguano per non rimanere esclusi. La variante è rappresentata da coloro che non hanno alcuna paura di restare esclusi, anzi, non si riconoscono in alcuni aspetti della società in cui vivono e agiscono di conseguenza, per reale disapprovazione o per un istinto di protesta verso il sistema, più che mai sviluppato a quell’età: Matthews è stato uno di questi. «Un esempio? Tutti frequentavano scuole private, io frequentavo una scuola pubblica. Ma anche per l’atteggiamento o il modo di vestire non somigliavo agli altri ragazzi». Bling è un ribelle, frequenta quelle che si potrebbero definire cattive compagnie, finché un giorno la sua insegnante legge in aula un appello su un giornale: «Se nelle vostre classi sono presenti ragazzi di particolare talento in qualche disciplina sportiva, vi segnaliamo questo programma nazionale». Matthews è uno di quei ragazzi con uno spiccato talento, proprio lui che da bambino praticava motocross e che in città girava sempre in bmx.
Bling inizia così a correre, non senza qualche difficoltà. Si dice che all’inizio non avesse rivelato a nessuno dei suoi amici questa sua nuova passione. Probabilmente temeva il giudizio, la disapprovazione da parte della sua compagnia di amici un po’ ribelli. Ma Michael è sicuro delle proprie capacità, ora come allora ma in quel momento essere sicuri non era così facile: «La verità? Molti erano più forti di me. Ho faticato molto all’inizio». La sua è una famiglia umile, ma molto unita: Alan, suo papà, è macellaio, Dona, sua mamma, ha un negozio da parrucchiera. Poi ci sono Claire, la sorella maggiore, e Ben, il fratello minore. Michael proviene da un mondo che ha poco a che fare con lo sport, quella bicicletta, però, lo sta facendo “diventare”. Un verbo che fa paura diventare, Daniel Pennac lo diceva. Fa paura perché si svolge nel futuro, fa ancora più paura in certe situazioni, quando il tuo “diventare” sembra così a rischio perché il tuo presente è un poco sgangherato. Quanti di noi da ragazzi si sono proiettati avanti col pensiero e, magari, si sono chiesti: «Riuscirò a essere quello che voglio essere? Potrò esserlo?». E per qualcuno l’ostacolo era la lontananza, per altri il carattere, per altri la paura e via così. Per Matthews l’ostacolo poteva essere proprio quel suo modo di essere e di fare.
Per questo la felicità di oggi di Michael Matthews è una felicità che ha basi solide. Non è una felicità superficiale, non è una felicità inconsapevole. Bling ha capito: «In fondo, di quei ragazzi sono stato l’unico a passare professionista». Matthews che si è ribellato alla normalità, Matthews che si è ribellato anche allo stesso istinto di ribellione ed è “diventato”. Ha vinto tappe al Giro, al Tour, alla Vuelta, e un titolo iridato da Under 23. Ma soprattutto ha scelto la propria strada e, ciò che voleva gridare al mondo, lo ha gridato così. Perché basta dare un senso alle cose e la maggior parte delle cose ha un senso, da trovare magari sgomitando, trovando varchi e traiettorie insondabili, come in volata, in quello sferragliare di pedali. Si può essere appariscenti, si può essere diversi, si deve, forse, essere diversi: spesso è solo qualcosa che sta spingendo dentro per indicarti la rotta verso casa tua. Qualcosa da ascoltare e da guidare. Ben, suo fratello minore, se lo sarà sentito dire da Michael. Già, Bling qualche anno fa lo ha detto, in un’intervista: «Ben è molto bravo in qualsiasi sport scelga di praticare. Deve solo trovare la sua strada ma la troverà presto». Sì, perché, alla fine, quando hai capito dove cercarla, la felicità è solo questione di tempo.
Foto: Claudio Bergamaschi