Bisognerebbe fare come Andreas Leknessund. Fregarsene. È uscito a -24 gradi, ha fatto un video in cui si mostra sorridente. ha fatto un video per dimostrare di essere uscito davvero a quelle temperature – una volta si diceva: ”se non è scritto su Internet non esiste”, ora è l’epoca in cui se non lo fai vedere sui social, non è mai accaduto. Nel breve tempo in cui si è inquadrato con il telefono si vedono pezzi di ghiaccio formati sulle sopracciglia. Lo scenario, poi, è delizioso: in mezzo alla neve, in Norvegia, ed essendo lui norvegese, pedalare gli pesa molto meno che a noi, o comunque a me. È vero: tutto molto bello, ma se dovesse capitarmi una proposta di uscita a certe temperature probabilmente non accetterei nemmeno a pagamento, sotto tortura, ricatto o minaccia, vi direi: prendete tutto quello che volete ma lasciatemi stare. Il freddo in bicicletta è mio nemico e in questi giorni i miei due compagni di giochi in bicicletta mi stanno chiedendo di uscire, ma non mi avranno mai.
Ma appunto Andreas Leknessund è norvegese e quando era un ragazzo molto più giovane di come appare adesso, oltre a essere uno specialista giocoliere abilissimo nel diablo, era pure un provetto sciatore, sci di fondo per l’esattezza. E quando senti dire che in Norvegia “si nasce con gli sci ai piedi” capisci come non sia un luogo comune certificato, anche se il futuro corridore della Uno X Pro Cycling (dove ritorna dopo esserci cresciuto da giovane e dopo la parentesi agrodolce in DSM) ha sempre sostenuto di non essere così bravo con gli sci ai piedi. Già, meglio affrontarli con il giusto mezzo come si vede nel video: meglio usare una bici. Che pare fatta apposta per ogni situazione.
Leknessund è bravo in bici, ma sugli sci niente a che vedere con i suoi più giovani connazionali: Per Strand Hagenes, lui sì, sciatore provetto nelle categorie giovanili, e soprattutto Nordhagen. Uno che sembra uno sportivo fatto in provetta.
L’anno prossimo Per Strand Hagenes correrà la sua prima stagione da professionista a tempo pieno, in maglia Jumbo Visma, e qualcosa mi fa pensare che al Nord, quando farà freddo, ci sarà pioggia, lui potrebbe essere da subito uno dei protagonisti – trasformazione in gregario da corse a tappe permettendo, ma voglio fidarmi di una certa lungimiranza tra gli olandesi. Quest’anno è già accaduto che in una delle prime gare corse tra i grandi – era la quarta della sua carriera – vincesse. Era una Ronde Van Drenthe fredda e piovosa e dove si arrivò al traguardo stremati battendo i denti. In una corsa così selettiva Hagenes apparve un demonio e vinse in solitaria attaccando nel finale. Pur essendo dotato di un interessante spunto veloce, se ne fregò, meglio non correre rischi, avrà pensato.
Nordhagen, invece, sarà al suo primo anno tra gli Under 23, vestirà la maglia che ha appena mollato Hagenes: quella della Jumbo Visma Team Devo (che si chiamerà Team Visma -Lease a Bike Devo). E lui nel fondo andava forte forte, tanto da piazzarsi anche ai campionati nazionali correndo in mezzo ai senior, battendo pure un certo Sjur Roethe (veterano della nazionale norvegese tra gli sci stretti), impressionando una come Therese Johaug, una delle più grandi fondiste della storia: «Sono sbalordita» – disse quella volta. E immagino anche che faccia abbia fatto dopo aver visto uno junior che va tra i senior e li batte. Chiuse, se la memoria non mi inganna al 6° o al 7° posto. Tempo fa, Nordhagen disse di non aver preso una decisione in merito al suo futuro o meglio, che avrebbe continuato a dare allo sci di fondo la stessa importanza che dà al ciclismo, ma io credo che aver firmato un contratto fino al 2027 con la squadra olandese abbia messo abbastanza in chiaro qual è il suo futuro. Tra gli junior, parlo di ciclismo in questo caso, arriva da due buone annate dove a tratti ha dimostrato di essere tra i più forti 2005 al mondo, ma, nonostante i numeri che hanno fatto innamorare di lui i tecnici della futura Visma-Lease a Bike, l’impressione è che ci siano dei margini, abbastanza ampi, su cui lavorare.
Dove non è arrivata la neve c’è il fango, nell’ultimo week end di ciclocross ci sono state anche le oche. Ronhaar per la verità non dà la colpa a Qui, Quo, Qua come li ha definiti, se è scivolato, nella prova di Coppa del mondo a Flamanvile, Francia, dal 1° al 3° posto. «All’improvviso mi sono trovato davanti Huey, Dewey e Louie». In realtà come ha raccontato a fine corsa, era in calo già da prima, venendo rimontato poi da Iserbyt e van der Haar. Nemmeno Nys cerca alibi di nessun genere: dopo aver vinto il Koppenbergcross è entrato in una sorta di spirale negativa che vado qui ad elencare: ritiro al Campionato Europeo, 27° al Superprestige di Niel, 7° e 6° in Coppa del Mondo a Troyes e Dublino, 6° a Boom, 19° a Flamanville. Mal di schiena, stanchezza, vuole vederci chiaro. Sbaglio o anche lo scorso anno, a un certo punto, la sua stagione del cross prese una piega simile, per poi rilanciarla nel finale con tanto di titolo iridato tra gli Under 23? Se tanto mi dà tanto un po’ di risposo e poi si può andare a Tabor a sognare una medaglia tra i grandi, prima di un’intensa stagione su strada dove è atteso a un ulteriore salto di qualità, alla ricerca di quella maturità che significherebbe raggiungere gli obiettivi prefissi con maggiore continuità. Il ragazzo c’è e verrà fuori, non ho dubbi al riguardo.
Dove invece non sono arrivati fango, neve, cross, oche o mal di schiena, è arrivato David Gaudu. Però non in bici, ma a piedi. L’occhialuto ciclista francese che si diletta nel portare avanti carriere nel videogioco Pro Cycling Manager, ha corso la mitica staffetta a coppie di SaintéLyon insieme a un veterano del trail come Alexandre Fine. Gaudu, che da ragazzo andava forte correndo a piedi prima di capire che il ciclismo sarebbe stata la sua naturale vocazione – a̵l̵t̵r̵i̵m̵e̵n̵t̵i̵ ̵n̵o̵n̵ ̵s̵i̵ ̵p̵a̵s̵s̵a̵n̵o̵ ̵o̵r̵e̵ ̵a̵ ̵g̵i̵o̵c̵a̵r̵e̵ ̵a̵ ̵P̵C̵M̵ , altrimenti non si vince un Tour de l’Avenir o si sfiora un podio alla Boucle – prima della partenza si era visto davanti a un bivio: «Vincere o andare in ospedale». La corsa si è disputata in notturna e i due, che si sono conosciuti qualche anno fa proprio durante una corsa invernale a piedi, hanno chiuso la gara, in mezzo al freddo e alla neve, al secondo posto. «Penso che il Trail running sia la cosa che più si avvicini al ciclismo in termine di sforzo. È una lotta contro te stesso, come quando sei in salita, su un passo di montagna. Ci sono i tuoi avversari, ma i limiti che devi superare sono i tuoi e devi fare affidamento solo su te stesso. E poi mi aiuta a staccare dalla bici, fa bene ai muscoli, e mi fa bene alla testa perché io ho sempre amato correre. Ecco, per esempio, Thibaut Pinot praticava sci di fondo in inverno, è la sua passione. La mia è il trail running!»
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