4 e 34 sulla ruota di Carcassonne. Ore 17.25 circa. Mark Cavendish conquista la quarta vittoria al Tour quest’anno, la trentaquattresima in carriera. Raggiunto Merckx.
È nella storia, se ancora si poteva dubitare di lui e del suo ritorno, quel ragazzo, che non è più un ragazzo, ma è un uomo, che forse ciclisticamente parrebbe un po’ vecchiotto, ma il nostro è un sibilo, solo un pensiero fugace che appunto sfugge e rientra subito nei ranghi.
Per fermarlo, oggi, (Cav, non il pensiero!) forse ci volevano ace lanciati a velocità supersonica da Berrettini, che diversi chilometri più a nord, in quei minuti, era un altro che faceva la storia; ci volevano “lavandini e frigoriferi” parafrasando Paolo Bertolucci, per fermarlo, ma oggi la velocità supersonica è quella di Cav. Che lancia in orbita “lavandini e frigoriferi”.
Per fermarlo oggi, forse si doveva mettere di traverso qualcuno. C’ha provato un po’ il vento che in gruppo diventa “ventagli” oppure “echelon”, così li chiamano all’inglese, visto che mai come in questi giorni tra ciclismo, calcio e tennis, quella lingua assume proporzioni ancora più popolari.
Per fermarlo oggi, forse Merckx doveva chiedere aiuto a qualcuno o a qualcosa. Forse ci voleva grandine, ma grandine è stato Cavendish; ci voleva un colpo di caldo, ma è Cavendish che bolle. Ci voleva la ragazza col cartello con su scritto “Allez-Opi-Omi” ma per fortuna lei non c’è.
Per fermarlo c’han provato, poco, ma c’han provato: Garcia Cortina per un attimo ha rischiato persino di portare a compimento un delitto in mondovisione. Ma non ce l’ha fatta, altrimenti si parlerebbe d’altro, ovvio.
Ieri Cavendish celebrava Vos, oggi è il suo turno: la palla ritorna velocemente dall’altra parte del campo, l’uomo di Man la colpisce, sbatte sulla riga, dove Morkov quasi rallenta per farlo passare – si fa per dire. Finisce a bordocampo, quella palla. Finisce dopo l’arrivo.
Perché questo è ciclismo, non è tennis, lo sappiamo, ma per Cavendish, anche oggi, è game, set and match.