“It’s a demanding route for experienced riders as it includes serious climbs, high mountains, and remote areas. Experienced means well trained, technically skilled, and wisely equipped. Exhaustion, sleep deprivation, and night rides add even more risk to a challenging ride. Participants are fully responsible for their safety and logistics.”

Queste sono le prime parole che leggo sul sito. Affascinante vero? La descrizione prosegue…

“Granguanche is a cycling route across the Canary Islands. It’s a ride to the next ferry planned in three options for any choice of bike and terrain. From sandy beaches to snowy peaks, through empty deserts, enchanted rainforests, moon-like volcanic landscapes, lush tropical canyons, sand dunes, black lava fields and ancient pine forests. This archipelago seems to host every corner of the planet…and some sights from another world.”

Le isole in questione sono le Canarie, distanti solo 100 km dal Marocco, i cui i paesaggi spaziano da spiagge di sabbia nera, deserti, foreste tropicali, paesaggi vulcanici che sembra di stare sulla luna, canyons vertiginosi, e boschi di pini, e sullo sfondo l’oceano che si confonde con il blu del cielo.

Ma facciamo un passo indietro. Che cos’è la Granguanche Audax? La Granguanche è un evento di ultra-cycling che attraversa l’arcipelago delle isole Canarie. L’evento segue le classiche regole e i principi degli eventi senza supporto di ultra-cycling, ma nello spirito dell’Audax, e quindi i partecipanti possono fare gruppo e drafting, cioè pedalare dietro un altro ciclista approfittando del fatto che blocca il vento. Si può scegliere tra tre tipi di percorso a traccia fissa – trail, MTB oppure road – e diversi tipi di pace, cioè le andature. Chi riesce a mantenere l’Audax pace e completare il percorso in meno di 48 ore, riceve addirittura il rimborso dell’iscrizione! Gli altri pace vanno dai 3 ai 5 giorni. In realtà non c’è un vero e proprio limite di tempo. Le andature fornite sono delle risorse per pianificare. Il tempo limite è dettato solo dai traghetti per le isole. È una gara del tutto personale contro il tempo, non contro gli altri partecipanti. Il ritmo lo decidi tu e la competizione è solo con te stesso. Il concetto è semplice: pedala nel minor tempo possibile per prendere il traghetto per la prossima isola.

La cosa mi stuzzica abbastanza da iscrivermi senza troppi pensieri.
Scelgo la traccia Road che consiste in 600 km di percorso e 14000 metri di elevazione, 5 isole e 4 traghetti. Il mio obiettivo è quello di seguire il pace dei 3 giorni: non così veloce come nel passo suggerito dell’Audax (2 giorni) ma neanche troppo rilassato come quello del party pace (5 giorni). Voglio godermi i paesaggi e aggiungere un po’ di sfida all’impresa.
Non sono tanto i chilometri a spaventarmi quanto il dislivello. Sono sempre stata lenta a salire e a vederli così i numeri mi spaventano. Ma sì, dai, al massimo finirò per avere una super abbronzatura e una vacanza alle Canarie! In fondo è così. Ci si imbarca in un’impresa perché hai quel dubbio che si insinua nella testa. Ce la farò? C’è solo un modo per scoprirlo.

Day 1

Lanzarote. Ore 07:00. Wahoo dice 101 km e 15:30 m TO GO.

Dormito pochissimo. Tutta colpa dell’adrenalina che non vuole scendere. Fuori l’aria è tiepida e tira vento da Nord-Est. Ottimo penso. Spero che questo vento a favore ci accompagni fino alla fine. La partenza è a Orzola, sulla punta nord di Lanzarote. Tra il mio alloggio e Orzola c’è una discesa ed è tutto bagnato. Fa niente. Sono troppo adrenalinica per mettermi su i copriscarpe. Alla partenza c’è già il pulmino degli organizzatori dove ritiro il mio pacco, cap 66, con il tracker, il cappellino e gli adesivi per la bici. Noto con piacere la presenza numerosa di donne cicliste alla partenza. Si percepisce un mix di emozioni sui visi dei partecipanti: volti timidi, sorridenti, preoccupati, spavaldi. Io provo una gran voglia di salire sulla mia Cinelli e pedalare libera, inseguendo solo quella traccia di Komoot scaricata sul dispositivo. Non bado tanto ai numeri totali dell’evento. Inutile pensarci. Mi ripeto una frase di Omar di Felice: “Se pensi è la fine, se pedali arrivi”.

Ore 08:00. Partita. Lanzarote vola accompagnata da un forte vento a favore che spinge. E noi ci lasciamo trasportare. Si attraversa El Jable, con le sue dune di sabbia, e il parco di Timanfaya, risultato di un’esplosione vulcanica di qualche secolo fa. Che paesaggio lunare e primordiale! Il mio amico Joel mi sta dietro e facciamo già amicizia con alcuni partecipanti. Spingiamo sui pedali e in 4 ore abbiamo attraversato l’isola e siamo al traghetto.

Fuerteventura. Wahoo dice 137 km e 2030 metri TO GO.

Al porto mi accoglie la mia amica Anna. Mannaggia è un secolo che non la vedo eppure è lì che mi saluta e fa il tifo per me! Che sorprese alle volte la vita. Breve sosta cibo e poi si rimonta in sella. Lasciamo Corralejo e mi si aprono davanti dune di sabbia infinite attraversate da un unico nastro nero. Una strada dritta. La traccia del mio Wahoo però non è così dritta e punta a destra. Si sale per Tindaya, la montagna sacra di Fuerteventura. I colori dominanti sono nero, rosso e marrone. Solo il blu del cielo e del mare fanno da contrasto. Lo sguardo si perde in questo gioco di colori ma le gambe non si stancano e continuano con il loro ritmo.
Si sale ancora verso il Mirador del Risco de las Peñas con qualche goccia di pioggia. E si scende in una discesa tecnica, tutta a zig zag, tra pareti vertiginose di roccia rossa e nera. Devo stare attenta perché il vento soffia e mi spinge ad ogni curva. Il tramonto arriva e il cielo si tinge di rosa e arancione. Mancano 30 km al porto di Morro Jable e recuperiamo lungo la strada Irene e Sean. Qualche scambio di battute e si arriva al porto dove la strada si ferma. Mi sdraio a terra, chiudo gli occhi e distendo i muscoli. Primo giorno andato. Due isole attraversate.

Day 2

Gran Canaria. Ore 06:30. Wahoo dice 136 km e 3560 metri TO GO.

La vita dell’ultra-cyclist non è facile. Ma ancor meno lo è quando hai da combattere il mal di mare. Il traghetto per la Gran Canaria ha messo a dura prova tutti noi ma una volta arrivati a Las Palmas, la nausea passa e ci mettiamo sulla bici! Ormai il nostro gruppetto è formato dal mio amico Joel Scozzese, Harriet Australiana, Irene Austriaca e Sean Canadese. Ognuno di noi ha una storia diversa che ci ha condotto alla Granguanche. Ti ritrovi con sconosciuti di nazionalità diversa, spinti ognuno da una propria motivazione, a pedalare verso il Pico de Las Nieves. La vita è pazzesca! Ma la salita non perdona. Sia che spingi sia che pedali, la velocità non cambia. Wahoo segna 21%, 27%, 28% di gradiente, forse di più ma non voglio guardare. È troppo per me. Scendo e rimango indietro con i miei mostri nella mente: domande che mi pongo e dubbi che si insinuano. Non mollo. Metto su Spotify e controllo Komoot. Tra poco spiana mi ripeto. Mi fermo a mangiare un po’ di Polvorones, un dolce spagnolo, che mi da un po’ di forza e sono pronta a ripartire. Salgo non solo in sella ma anche di quota. Siamo a 1850 metri di elevazione, una nebbia umida mi avvolge mentre mi ritrovo nella foresta. Riprendo Sean che sta faticando. E finalmente ecco il cartello per il Pico de Las Nieves! Poco tempo per gioire perché si sta facendo tardi e il traghetto delle 18:00 non aspetta. Ricevo dei messaggi ma non posso distrarmi. Segue un saliscendi tosto con panorami mozzafiato. Lo sguardo non riesce a cogliere tutta la profondità del paesaggio tra monoliti, canyon, precipizi e villaggi rurali arroccati sulle rocce. La vertigine mi prende e allora mi concentro sulla strada. Si sale di nuovo e riprendo Joel e Harriet. “Forza!” Li incito! “Dobbiamo raggiungere il porto!” E così finiamo la salita e scendiamo a velocità incredibile. Ad un certo punto un raggio di sole squarcia la nebbia e illumina un colle con dei pini, una casetta e in lontananza il mare. Siamo senza fiato di fronte alla drammaticità della natura. Uno spettacolo gratuito così semplice ma potente. Alcune immagini ti rimangono nella mente e nel cuore. Che bello è il pianeta!

Continuiamo a scendere. Mancano solo pochi chilometri ma le 18:00 sono appena passate. Vediamo un traghetto che prende il largo mentre il sole scende all’orizzonte: mannaggia, l’abbiamo perso! Per fortuna il prossimo è alle 20:00. Però ci si pone davanti una domanda: come facciamo a recuperare queste due ore perse? Il piano prevedeva di proseguire per ancora un paio di ore sulla prossima isola ma avendo perso la coincidenza non si può fare. Quando capitano gli imprevisti succedono due cose. O ti arrendi. Oppure mangi e ripianifichi. Ed è proprio in quei momenti che capisci di aver trovato la compagnia giusta. Infatti Harriet, Ire ed io condividiamo la stessa ambizione: finire l’evento in 3 giorni! Siamo toste, abbiamo gambe e bici: non ci manca nulla! Basta svegliarsi presto e pedalare. Nel frattempo arriva la notizia che Laurens ten Dam e Guillaume Bourgeois sono arrivati, e Lael Wilcox, la prima tra le donne cicliste, è già sull’ultima isola. Grandi! Hanno completato l’evento con l’Audax pace in meno di 2 giorni dall’inizio dell’evento! Ispirati dai primi arrivati, il morale torna alto e prendiamo l’ultimo traghetto alle 20 con destinazione Santa Cruz, Tenerife. Tre isole attraversate. Ne mancano solo due.

Day 3

Tenerife. Ore 03:30. Wahoo dice 144 km e 3780 metri TO GO.

Quando partecipo ad un evento di ultra-cycling e tocca svegliarmi nel cuore della notte ripenso sempre ad un’intervista di un famoso ultra-cyclist. Tra le varie domande, gli chiesero quale fosse il suo set up per dormire e lui rispose più o meno così: “Dormire? Questa è una gara di ultra-cycling, mica si dorme!”

E così mi tiro su e anche i miei compagni. Le ragazze sono già in piedi e Joel e Sean decidono di seguirci. Si parte nel buio. La maggior parte dei puntini di Dotwatcher sono fermi tranne i nostri che si inerpicano su per il Parque Rural de Anaga. Salgo con i miei 8-10 km orari costanti. Non voglio spingere. Non ancora. L’alba arriva illuminando La Laguna e in lontananza il Teide. Boom! Il Teide… E chi se lo aspettava? Un gigante anche da così lontano! Facciamo rifornimento a La Esperanza: non ci saranno altre soste perché la salita al Monte Teide è lunga e il traghetto non aspetta. Ormai il sole è alto nel cielo e mi inerpico in solitaria tra i boschi con il profumo inebriante dei pini. Joel e Sean sono indietro e Harriet e Irene avanti. Guardo il telefono, rispondo a qualche messaggio. Che bello sentire le voci familiari delle persone a casa: fa stare bene sapere che c’è qualcuno che ti segue e ti pensa. I boschi si diradano e ora c’è solo roccia e sabbia. Harriet mi scrive e mi dice di far attenzione al vento in discesa. Le gambe sono stanche per via della salita costante. E poi c’è lui. Quel gigante del Teide con la neve in cima. Ma chi se lo aspettava così bello, maestoso e immobile. Tutti quei ciclisti che gli passano accanto e si allenano. Lui invece è li con la cima al cielo e le radici giù in profondità nel fuoco del cuore della terra, da millenni prima che costruissero le strade per osservarlo da vicino. Il grosso è fatto mi dico. Ora mancano solo due piccole alture e si scende. Sembra facile ma non è così perché le due salite sono brevi ma si fanno sentire. Controllo l’ora e mi accorgo che mancano solo 50 minuti al traghetto! Tocca menare! Mi sono persa come al solito davanti alla bellezza della natura. In discesa mi piego talmente tanto che ho paura di cadere con le borse della bici. I freni non li tocco più, gli occhi puntati sulla linea bianca della strada e le mani stringono il manubrio. Pochi chilometri ancora e sono al porto. 14:15. Forza ce la posso fare. 14:20 entro in città. Maledetto traffico. Manca pochissimo al porto ma il traghetto è già partito. Mi avvio verso la biglietteria un po’ delusa. E poi alzo gli occhi: davanti a me vedo due bici parcheggiate e due cicliste sedute a terra. Sono Harriet e Irene! Anche loro l’hanno perso. I nostri sguardi si incrociano e scoppiamo in una risata liberatoria! Avremo anche perso il ferry boat per pochi minuti di nuovo ma abbiamo comunque coperto l’intera isola di Tenerife e recuperato quelle due ore del giorno prima!

La Gomera. Ore 17:15 . Wahoo dice 98 km e 2970 metri TO GO.

Sbarchiamo a La Gomera con il traghetto delle 16:00. Ultima isola, paradiso subtropicale ricoperta di verde lussureggiante, foreste di laurisilva, palme e felci. Alcuni partecipanti sono avanti a noi e finiranno sicuramente prima della mezzanotte. Ma noi non molliamo: siamo piene di entusiasmo, abbiamo voglia di pedalare e di divertirci. Ci sono ancora diverse ore di luce e la notte è lunga. Ci fermiamo a mangiare dopo 25 km in un piccolo ristorante ancora aperto, gestito da una coppia di anziani che ci prepara tortillas, pane e succo d’arancia. Addirittura ci preparano delle tortillas da portarci dietro come se anche loro sapessero quali sono le nostre intenzioni. Il cielo è scuro e si riempie di stelle. Una coperta di puntini luminosi scintillanti e le pareti di roccia verticali che si stagliano sopra le nostre teste. Luci accese, la notte è cominciata. Ormai è chiaro che avremo finito insieme. Un’italiana, un’austriaca e un’australiana a fare una notturna attraversando il parco Garajonay su un’isola dell’oceano atlantico con il vento che soffia. Scherziamo, parliamo di bici, di set up, di viaggi passati, di sogni futuri, di amori, di delusioni, di meccanica, di cibo e di ultra cycling. Passata la mezzanotte la stanchezza comincia a farsi sentire. In fondo sono 20 ore che siamo sveglie e stiamo sulla bici senza dormire o riposare. Matteo, l’organizzatore, ci scrive e consiglia prudenza perché l’ultima discesa sarà molto esposta con raffiche di vento. Seguiamo le nostre luci che illuminano la strada e aprono il varco di nebbia e umidità che avvolge i picchi più alti dell’isola. Il vento è gelido ma ci scaldiamo salendo e le nostre chiacchiere alleviano la fatica e la salita.

Wahoo dice 22 km e 0 metri TO GO

Finalmente anche l’ultimo metro di salita è conquistato. Incredule, ci fermiamo, ci abbracciamo e ridiamo. Veramente ora è solo discesa? La traccia non mente. È ora di scendere.
E con le bici fianco a fianco, allineate nel buio, arriviamo infine al porto di San Sebastian.

San Sebastian, La Gomera. Ore 0253. Wahoo dice o km e 0 metri TO GO.

Ci sarebbe tanto da parlare dell’ultra-distance e di come questi eventi ti cambino profondamente. Ma una cosa c’è da dire. Per me, il vero spirito di questa Granguanche non è stata la competizione, quanto la condivisione. E ho imparato che le salite sono belle, anche di notte. Ma in compagnia sono ancora più belle.

Report di Guendalina Capone
Foto: @matminelli