Passato un Mondiale se ne fa un altro, e tra circa un paio di settimane, in Francia, a Montigny-le-Bretonneux, la rassegna iridata su pista occuperà le serate di metà ottobre. E l’aria di pista che si respira ha sbloccato due dei nostri corridori più interessanti, già campioni olimpici nell’inseguimento, uno ormai un veterano (fa strano dirlo, ma come dicevano i Kina “Questi anni stan correndo via. Come macchine impazzite”), Simone Consonni, che in pista è un abile cacciatore di punti e giri, intelligente uomo da Madison, tassello fondamentale del quartetto.
E quell’aria di pista che si inizia a respirare ha fatto bene a Simone Consonni, che nel pomeriggio di domenica 28 settembre, mentre la maggior parte di noi cercava di riprendersi dalla #MaratonaWollongong, si è sbloccato tornando al successo (il suo secondo in carriera) dopo quattro anni: l’ultimo fu al Giro di Slovenia del 2018.
Simone Consonni, pilotato in maniera perfetta dal suo compagno di squadra in Cofidis Piet Allegaert, ha vinto di un niente, ma di quanto basta, la Paris-Chauny. Ha vinto davanti a Groenewegen (che altri due metri e lo avrebbe superato): chissà che l’aria di quelle zone non gli stia facendo particolarmente bene.
Meritato, perché Simone Consonni lo inseguiva quel successo e non arrivava mai, perché Simone Consonni sa essere uomo squadra, ma avrebbe un talento che – parere di chi scrive – ancora non si è espresso del tutto in corse di grande livello a cui potrebbe, dovrebbe chiedere di più.
E quell’aria di Mondiale su pista che si avvicina ieri ha fatto bene a Jonathan Milan: il ciclopico corridore friulano ha conquistato la sua prima vittoria da professionista vincendo la prima tappa della CRO Race, in pratica il Giro di Croazia in sei giorni.
Pioggia battente, strade allagate, Milan ha impressionato prima per come ha tenuto in salita i migliori, poi per come ha gestito il finale decidendo quando sarebbe stato il momento giusto per affondare il colpo. SI è messo davanti al gruppo sfilacciato quando ha visto scappare Mohorič, che in discesa sotto il temporale e con l’asfalto sporco di detriti sembrava avesse accelerato su una moto, Mohorič distanziava il gruppo nel rettilineo scendendo con quella leggerezza che solo lui sa come.
Milan, noncurante di avere il suo compagno davanti, nelle ultime centinaia di metri ha fatto partire una lunghissima volata maltrattando bici e avversari, che se avessero voluto gli organizzatori avrebbero potuto anche segnare la vittoria per distacco.
Non ha esultato e mica per qualcosa: subito dopo il traguardo si è rivolto, con quella sua faccia da bambino (ma in effetti lo è, e su quel corpo gigantesco fa ancora più impressione) e ha chiesto con la massima sincerità al suo massaggiatore: “ma ho vinto, io?”. Non se ne era accorto.
Poi ha dato un pugnetto contro delle barriere di protezione, si è messo le mani sul casco incredulo, non riusciva a stare fermo mentre la pioggia continuava a scendere incessantemente sul traguardo di Ludbreg, città considerata “il centro del mondo” e molto banalmente ieri il centro del mondo di Jonathan Milan.
Per Consonni e Milan la gamba in vista del mondiale sembra decisamente buona, sarà forse quell’aria di pista che si inizia a sentire nelle gambe e nella testa.